giovedì 21 settembre 2006

IL DELITTO DEL 'BITTER'. (1962)

"Egregio signore, le inviamo un campione del nostro nuovo bitter che lanceremo sul mercato. Che ne dice? Sappiamo che lei è persona capace e attiva, pertanto vorremmo offrirle l'esclusiva per tutta la provincia di Imperia". Tranquillo Allevi, un uomo di 50 anni con moglie e due figli pensò che con quella lettera giunta improvvisamente fossero finiti tutti i suoi problemi economici. Assieme con due amici quindi, il giorno stesso sorseggiò quell'aperitivo giunto per posta, non dando peso a quell'improprio tappo di sughero posto al di sotto di quello regolamentare. I due amici si salvarono con una robusta lavanda gastrica ma lui morì tra atroci sofferenze. Dentro alla boccetta, mescolato con il bitter infatti, i medici trovarono una grossa quantità di stricnina. Le indagini subito intraprese scoprirono che la moglie della vittima, Renata Lualdi, una donna più giovane del marito di 13 anni, aveva avuto in passato una burrascosa relazione clandestina con un certo Renzo Ferrari, veterinario e vice sindaco di Barengo, un piccolo borgo in provincia di Novara dove allora viveva la famiglia Allevi. Venuto a conoscenza di quella tresca, il marito, nella speranza di porre fine alla squallida vicenda che tutti ormai conoscevano e per salvare di fatto la famiglia, aveva deciso così di trasferirsi in Liguria ad Arma di Taggia, ed è lì che venerdì 24 agosto la postina consegnò quell'insolito pacco. Renzo Ferrari pertanto fu convocato in questura, dopodichè, messo alle strette e caduto in diverse contraddizioni fu arrestato. Durante le indagini venne alla luce un fatto che praticamente lo avrebbe inchiodato alle sue responsabilità: alcuni giorni prima infatti, questi aveva comprato in una farmacia di Milano alcune fiale di stricnina: "Erano per curare alcuni animali", disse. Ma anche la lettera inviata lo incastrò, poichè la carta proveniva dal Comune di Barengo e la stessa missiva era stata scritta proprio con una macchina di quegli uffici. Nel processo poi, impietosamente vennero alla luce particolari umilianti sulla condotta della moglie, come quando la vittima, sorpresi gli amanti in riva ad un fiume, si allontanò non visto dalla scena portandosi via gli indumenti dei due. "Quella donna non l'amo" disse spavaldo l'accusato durante il processo. "Mi piace solo fisicamente e niente più". Ritenuto colpevole dell'omicidio di Tranquillo Allevi, Renzo Ferrari fu condannato all'ergastolo. "Sono innocente! " urlò alla lettura della sentenza. "Ricorrerò in appello per dimostrare la mia innocenza"! urlò ancora. Ma non ebbe fortuna, perchè anche l'Appello confermò la prima condanna.
Nella foto: Renzo Ferrari e Renata Lualdi durante il processo

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Enzo Ferrari? Lo conoscevo bene seppure, nel '62 io avessi undici anni. Veniva spesso a Momo, dove lo si conosceva un po' tutti e io e la mia famiglia siamo andati spesso a trovare la madre, una brava persona, molto gentile. Lui mi ha portata a visitare le stalle, visto che amo da sempre gli animali. Nulla in contrario da parte dei miei. Non aveva l'aria dell'assassino, ma quella di una persona un po' fatua, che tiene molto all'aspetto e che, oltre ad una Seicento, aveva, se ben ricordo, una spiderina decapottabile. Non era molto alto, coi capelli sale-pepe, sempre in giacca e cravatta. Nessuno avrebbe mai immaginato che si trasformasse in un killer. Forse era un po' narcisista, ma non ha mai dato segni di disturbi mentali. Era abbastanza estroverso, parlava molto e, a fatti avvenuti, ci si è ricordati che aveva pure detto in giro che sarebbe andato a Milano a sbrigare delle faccende. Lui amava molto viaggiare in auto e penso dunque sia andato con la Seicento. Siamo rimasti tutti di sasso. Lui viveva a Barengo ma, a Momo, lo si vedeva molto spesso.

Gericus ha detto...

Bellissimo ricordo e piacevole intervento. Grazie! Gericus.