lunedì 28 giugno 2010

Prato e Chinatown...

Ai miei tempi con gli amici andavo a ballare a Prato. Da Livorno, mia città, erano una manciata di chilometri che in autostrada si macinavano in poco più di mezz'ora. A Prato c'erano le più belle ragazze della Toscana -si diceva allora- ma sicuramente era solo una nostra convinzione, anche se di belle ragazze ce ne erano veramente tante. Prato, piccola cittadina ma ricca per le sue industrie, rappresentava il meglio della laboriosità dei toscani, tessuti e pellame, un marchio di fabbrica conosciuto in tutto il mondo. Chissà cos'è successo nel frattempo, e com'è che Prato sia diventata tutto a un tratto Chinatown, una cittadina dove su 180 mila abitanti, ben 20 mila sono i cinesi regolarmente censiti, 10 mila quelli irregolari, oltre 3000 sono le ditte a loro intestate (fonte Metropol 2008), ditte che attraverso uffici di Money Transfer -, ogni giorno movimentano da Prato 1,2 milioni di euro diretti in Cina, un flusso di denaro che annualmente ammonta a 500 milioni. Soldi, e tanti, lucrati illegalmente, lontani da ogni tassazione, da ogni controllo, se pensiamo che su 156 ispezioni effettuate dalla Guardia di Finanza nei primi mesi del 2010 su altrettanti laboratori, tutti e 156 sono risultati fuorilegge. Prodotti cinesi "made in Prato" dunque, che proprio in virtù della loro illegalità hanno messo in ginocchio le imprese tenute in piedi da italiani, quelle in regola con tutte le tassazioni immaginabili, costrette a chiudere da questa concorrenza illegale. Ora ci sono anche dei "morti ammazzati", tre nel giro di pochi giorni e dietro a questi omicidi si intravede il ungo braccio della Mafia cinese. Qualcosa non gira più nel verso giusto, tanto che la Magistratura apre un inchiesta battezzata "Permessopoli" per indagare a fondo sul perché tanti cinesi siano approdati a Prato, e i risultati sono sconcertanti, tanto che finiscono in carcere, oltre a due capi della comunità cinese, un vice questore, quattro poliziotti e due carabinieri, con l'accusa di corruzione, cioè, aver rilasciato un infinità di permessi di soggiorno dietro pagamento di forti somme. Bella roba, un putiferio che ha scosso la comunità cinese per i controlli a tappeto messi in atto delle Forze dell'ordine, seguiti da una viva protesta dell'ambasciatore Ding Wei "per i troppi controlli verso la sua comunità da parte della polizia". Cosa dire... forse non c'è proprio niente da dire, ma da fare: cercare gli imprenditori irregolari -oltre ai clandestini- e rispedirli a casa, a spese nostre, sequestrare tutto l'illegale costruito in casa nostra e ristabilire la legalità in questo spicchio di Toscana. Come sono lontani i tempi delle mie trasferte a Prato per "donne, whisky e rock'n'roll", quando a Prato ritrovavi tutto lo spirito toscano della sua gente, quando anche il più mite dei pratesi mostrava sorridendo la sua dignità col detto "Son di Prào e voglio esse rispettào". Oggi di rispetto nei loro confronti non c'è rimasto più niente...

sabato 26 giugno 2010

Azzurri: Bidoni Mondiali

Bambini viziati, vezzeggiati, e anche antipatici. Se poi a tutto ciò ci aggiungi anche la spocchia del ct Marcello Lippi, la frittata è fatta. Un flop annunciato dunque, e più vergognoso che mai se pensiamo che tutto ciò è avvenuto nel girone più facile del Mondiale, dove l'Italia campione del Mondo è stata buttata fuori da una mediocre Slovacchia, 34esima nella classifica di merito delle squadre Nazionali. "Mi assumo tutta la responsabilità" annuncia Lippi subito dopo la disfatta, come se dicesse qualcosa di trascendentale. E chi altri dovrebbe assumersi la responsabilità di questa più brutta pagina del calcio nazionale? Chi se non lui, con la sua aria da saccentone che ha snobbato altamente le critiche dei giornali sportivi su una rosa di giocatori che più di una rosa sembrava un crisantemo e per di più appassito? Chi più di lui si è incaponito nel tagliare giocatori che avrebbero potuto dare respiro e credibilità agonistica ad una squadra di bolliti e giovani spaesati? "Non sono tenuto a dare spiegazioni ai giornalisti sulle mie scelte" ha tuonato più volte in sala stampa l'ex mister, come se la Nazionale fosse cosa sua. Ma se questo comportamento non fosse già il massimo dell'arroganza, arriva Fabio Cannavaro: "Siamo dispiaciuti, abbiamo dato tutto quello che potevamo", senza però spiegare cosa, quegli undici pedalatori di campo "hanno dato", se non quella pessima figura che sovrasta in sdegno quella ottenuta con la Corea nel lontano 1966. Alla domanda perché sia successo tutto questo, lo psichiatra Paolo Crepet non ha peli sulla lungua: "Perché sono dei brocchi". Ma la sua analisi è ancora più spietata: "Perché i nostri giocatori sono dei montati, sono dei viziati, figli di mamma e di papà". E che siano dei bambocci lo conferma -senza volere- Marcello Lippi: "Siamo scesi in campo con il terrore, paura nel cuore e nelle gambe". Caspita! I Campioni del Mondo che hanno paura del Paraguay, della Nuova Zelanda e della Slovacchia! Ma di quale Mondo siamo Campioni? Non del calcio, ma di quello dorato degli ingaggi, con giocatori pagati a peso d'oro e allenatori non da meno. Questa mattina alle 7,45, "l'armata Brancaleone" è ritornata in Italia. All'aeroporto di Fiumicino nessuno ad accoglierli, e quei pochi che proprio non potevano farne a meno, hanno gridato dei sonori "vergognatevi!". Voltiamo pagina dunque; via i bolliti, via Lippi, e perché no? via anche Giancarlo Abete, presidente della FIGC, colui che ha richiamato alla guida della Nazionale il "bel Marcello", sfidando anche la cabala che sulle "minestre riscaldate" ha tutta una casistica nefasta...
(foto: Quagliarella e Cannavaro, l'immagine della disfatta)

mercoledì 23 giugno 2010

Caso Cogne in tivu: ancora?

AOSTA - Una trasmissione di cui non si sentiva assolutamente la mancanza è quella andata in onda lunedì 7 giugno alle ore 21 sul canale satellitare 407 di Sky e ripetuta nelle serate successive. Già il titolo, "Delitti" dava la sensazione del mistero, quel mistero che però il "caso Cogne" -almeno in Valle d'Aosta- non ha sortito nessun effetto, avendolo i valdostani vissuto in prima persona. Qual'è dunque il motivo dei riflettori di nuovo accesi sul delitto del piccolo Samuele Lorenzi? Nessuno, caso ormai chiuso, poiché la madre colpevole dell'omicidio, Annamaria Franzoni è da tempo rinchiusa in carcere per scontare i suoi 16 anni di reclusione, Cogne è finalmente consapevole che il "mostro" non è in giro per la vallata, e i "cognein" liberi una volta per tutte dagli occhi indiscreti di telecamere e taccuini di mezzo mondo. Nella prerogativa degli autori del programma forse c'era l'ambizione di rinverdirne i fasti, dato che ai tempi dell'inchiesta e con la Franzoni che saltava da una rete all'altra l'audience saliva alle stelle. Immaginiamo però che l'altra sera non sia andata così: filmati visti e rivisti fino alla nausea, lacrime dell'Annamaria viste e giudicate ai suoi tempi, e schizzi di sangue in quella villetta "sul monte" ormai sbiaditi dal tempo. E per dare spessore "al già visto e già sentito", illustri ospiti, come l'ex sindaco di Cogne Osvaldo Ruffier, colui che più di tutti si era battuto affinché l'ombra nefasta di questo delitto non scardinasse turismo e usanze, e poi l'ex procuratore di Aosta, dottoressa Maria Del Savio Bonaudo, che ha ricordato il duro scontro -finito poi con una denuncia per diffamazione- con l'avvocato Carlo Taormina, il quale nella trasmissione ha ricordato "quell'aria forcaiola che si respirava ad Aosta in quei giorni contro la Franzoni", adducendo al fatto che sempre più gente si radunava davanti al tribunale gridando "assassina" alla sua assistita ad ogni apparizione. Ma in questa rievocazione non potevano mancare molti altri personaggi della vicenda, la dottoressa Ada Satragni, colei che per prima giunse al cospetto del corpo martoriato del piccolo Samuele e ancora, l'ex comandante dei Ris colonnello Luciano Garofano, che grazie alle sue investigazioni scientifiche ha dato un nome al colpevole del delitto. Non poteva mancare poi in questo caso il primo avvocato della difesa Carlo Federico Grosso, che annunciò "lascerò l'incarico il giorno che dovessi scoprire che la Franzoni non è innocente" e che invece se ne andò per non condividere il patrocinio con Carlo Taormina, voluto dalla famiglia di Annamaria poiché ritenuto "più incisivo" di Grosso. Voce narrante del programma il giornalista Meo Ponte, poi ritagli di interviste televisive, in una delle quali Annamaria Franzoni sussurrava in lacrime "chiedo giustizia per mio figlio". E giustizia è stata fatta: 30 anni in prima battuta ridotti poi a 16, che con il condono scendono a 13. Una domanda in chiusura: nessun cronista valdostano è apparso nella trasmissione. Una dimenticanza, disistima per la stampa locale o paura degli autori del programma per verità scomode che sarebbero potute venire fuori? Chissà, forse è proprio questo l'unico e vero mistero di tutto il programma...

venerdì 18 giugno 2010

Vuvuzela, il belato continuo

Fin dal primo collegamento col Sudafrica abbiamo avuto la sensazione che qualcosa disturbasse la visione. Ma cosa? C'è voluto poco a capirlo: era quel ronzio continuo, quell'incessante belato provocato dalle famigerate "vuvuzele", ovvero quelle diaboliche trombette tanto di moda tra gli sportivi africani. Evvabbene, si dirà "la moda è moda", però potremmo controbatte che anche "l'udito è l'udito", e questo strombazzamento non giova ne ai timpani né tantomeno alla riuscita di una trasmissione sportivo-televisiva. E a quanto pare non è solo un mio punto di vista -e chi sono io?- ma il disagio è generale, mondiale, tanto che anche il popolare David Letterman, dal suo "Late Show" andato in onda mercoledì 16 giugno, ha condannato apertamente "quelle maledette trombette", aggiungendo comunque che "il soccer (il calcio) è uno sport che non piace agli americani". Ma al di là di questa affermazione, due emittenti televisive -la Rai e la tedesca Zdf- individuata questa anomalia e messa in evidenza da un coro di proteste giunte da parte di telespettatori esasperati, si sono rivolte alla Fifa chiedendo di abbassare il volume dei microfoni piazzati a bordo campo, cosa che tutt'ora però non è stata fatta. Altre emittenti, come la Bbc e la pay tv francese di Canal+, molto più lesti di noi in quanto a soluzioni, sono già corse ai ripari eliminando il fastidioso suono delle trombette con dei filtri digitali, collaudato con successo nelle partite di martedì scorso. Un filtro peraltro consigliato all'inizio del Mondiale anche alla Rai, ma bocciato immediatamente dai nostri cervelloni a causa di "controindicazioni tecniche". Al di là del fatto che non riesco a capire che polmoni abbiano questi africani per aver la forza di "trombare" per 90 minuti dentro una "vuvuzela", mi chiedo se non c'è un altro sistema per guardare in pace le partite, tipo sequestrare all'ingresso "trombe, tromboni e trombette", come è successo recentemente in uno stadio di Philadelphia dato che una vuvuzela era giunta fin là. In attesa di una decisione risolutrice dunque, facciamo come fanno già in molti: chiudere completamente l'audio del televisore e ascoltare lo svolgersi del gioco attraverso il commento trasmesso dalla radio. Dice che funziona, quindi proviamo... nella speranza però che in tutto quel silenzio si possa udire finalmente il suono di una tromba, quella suonata dall'inquilino accanto ogni volta che l'Italia segna...

martedì 15 giugno 2010

Un mare di petrolio ci sommergerà...

L'airone non vola più. Nemmeno il pellicano, spiaggiato sulle dune della Louisiana, con ali in croce grondanti bitume rivolte al cielo. E' questa l'immagine del disastro causato dall'affondamento della trivella "Deepwater Horizon", crollata in mare dopo un devastante incendio che ha causato 11 vittime e numerosi feriti. Era solo l'inizio del dramma, poi oltre 3 milioni di litri di greggio al giorno hanno cominciato ad invadere il Golfo del Mexico, in quello che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha definito "un nuovo 11 settembre per l'America". Ed era il 20 aprile scorso, vale a dire quasi due mesi fa. E' il disastro ecologico di più vaste proporzioni mai accaduto, con conseguenze peggiori di quelle che causò la petroliera Exxon Valdez, quando nel 1989 si incagliò su una scogliera del Golfo dell'Alaska, riversando in mare 11 milioni di galloni di petrolio. Da ricognizioni aeree, si parla di una macchia oleosa dallo spessore di 170 metri che copre un area di oltre 1500 chilometri quadrati, una trappola mortale per delfini, tartarughe marine e balenottere, oltre a tutta la vasta specie di pesci. Ma con l'avvicinarsi alla costa della Louisiana, in pericolo adesso c'è anche il fragile ecosistema delle paludi. I vari sistemi messi in atto dalla BP per arginare il flusso del greggio che sgorga da una profondità di 1500 metri sotto il livello del mare sono in parte falliti, nonostante nell'area abbia inviato 32 navi nel tentativo di arginare la perdita. Da più parti si auspica che questo disastro dia lo stop, una volta per tutte alle esplorazioni "offshore", ed anche il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, spinto dalle proteste interne, ha deciso di bloccare le concessioni per nuove trivellazioni, come ha spiegato il consigliere David Axelrod, "fino a che non saranno chiarite le cause di quanto è accaduto nel Golfo del Mexico". E per quanto riguarda l'Italia? Secondo una denuncia di Greenpeace, "il Governo invece rilascia autorizzazioni a valanga qua e là nell'Adriatico, ultimamente anche al largo delle Isole Tremiti". Ma è così difficile liberarci dalla schiavitù del petrolio? Cinquant'anni di disastri ecologici ed ecosistemi compromessi, non sono sufficienti per indurci ad una ricerca approfondita verso energie rinnovabili? Il pellicano con le ali al cielo grondanti petrolio è morto invano sulle coste della Louisiana...

domenica 13 giugno 2010

Crisi, Mamma Rai e mamma mia...

Mauro, 40 anni, settore metallurgico, con uno stipendio mensile di 1300 euro deve mandare avanti una famiglia composta da moglie e due figli, deve pagare un mutuo di 360 euro al mese, vacanze zero se non qualche giorno dai genitori in Calabria, e grandi difficoltà ad arrivare a fine mese. E non è solo in questa situazione, è solo uno dei milioni di "colleghi di sventura" in questa nostra Italia popolata di figli e figliastri. Si dirà "eh vabbé, c'è crisi, e la crisi quando c'è non guarda in faccia nessuno, quindi..." Ma siamo proprio sicuri che la crisi non guardi in faccia nessuno? Ci sono alcuni settori -troppi- dove la parola crisi non è di casa, è sconosciuta, e uno di questi è il carrozzone della Rai, o meglio, i personaggi che lo popolano, i cosiddetti "baciati dalla fortuna", ai quali piovono stipendi da nababbi pagati purtroppo con soldi dei contribuenti. In testa a questa graduatoria di "baroni" c'è Fabio Fazio, (foto) si, quello di "Che tempo che fa": 2.000.000 di euro all'anno (due milioni di euro! = a 4 miliardi di lire!). Lo segue Antonella Clerici, si quella di varie trasmissioni popolari tipo "Ti lascio una canzone": € 1.500.000 all'anno (un milione e mezzo di euro! = 3 miliardi di lire!). Terzo in questa classifica di sfrontati, Carlo Conti, si, quello con la faccia tinta di nero e conduttore di varie -se non tutte!- trasmissioni, dai quiz quotidiani alle rimpatriate nostalgico-musicali: € 1.300.000 all'anno (un milione e 300 mila euro = 2 miliardi e 600 milioni di lire!). Al quarto posto il "vespa-vesporum dei salotti Bruno Vespa, si, quello del "Porta a Porta": € 1.200.000 all'anno (2 miliardi e 400 milioni di lire!). Arrivano in ordine poi Simona Ventura con 900.000 euro, Michele Santoro con 715.000, Gianni Floris 450.000, Pupo 400.000 e ultima -ma che disgraziata!- Milena Gabanelli, quella di "Reporter" su Rai3 con 150.000 euro. Questi dunque gli stipendi di solo 9 personaggi i quali la parola "crisi" l'avranno certamente sentita pronunciare, ma che però non è mai entrata nelle loro tasche. E quale crisi vuoi che senta un Fabio Fazio con uno stipendio mensile di 166.000 euro, sedicimila euro in più di quello che percepisce annualmente la collega Gabanelli e che tutto sommato, ha un programma molto più interessante del suo? Che vengano dunque i tagli, ma non del 5/10 per cento sullo stipendio attuale, ma che questa percentuale sia invece la cifra da prendere su quello che fino ad oggi hanno intascato alla faccia dei troppi Mauro...

lunedì 7 giugno 2010

Calcio: lascia che i milioni vengano a me

Guadagnano in un anno quello che un comune mortale non guadagna in un intera vita di lavoro, e nonostante questo, peste e corna ad un parlamentare che sebbene spesso parli a vanvera, questa volta ci ha azzeccato: "Ridurre ingaggi e stipendi dei calciatori". Lo propone Roberto Claderoli, ministro della Semplificazione normativa: "Visto la crisi economica che attraversiamo, perché non intervenire anche sui compensi da capogiro percepiti dai calciatori"? Mettersi una mano sulla coscienza dunque, cioè spingere i club calcistici e la Federazione a stringere i cordoni della borsa, evitando così quello schiaffo morale nel voler far sentire i più tartassati del reame i lavoratori, quelli che per dirla franca faticano ad arrivare alla fine del mese. Cifre alla mano, tra i giocatori c'è che si porta a casa uno stipendio di 12,5 milioni di euro all'anno, escluso diritti di immagine, un qualcosa quindi come più di un milione di euro al mese. Siamo lontani dal mondo reale dunque, e questo purtroppo è un andazzo che non tende a migliorare, poiché se nei primi anni Settanta il rapporto tra valutazione di un giocatore -Giuseppe Savoldi, pagato 2 miliardi- e stipendio era di poco superiore a 1 a 20.000, nel 2009 tra valutazione di un giocatore come Cristiano Ronaldo e uno stipendio medio è salito a più di 1 a 60.000, e questa la dice lunga. E i paperoni della pedata come l'hanno presa la proposta di Calderoli? Uno per tutti, Fabio Cannavaro: "Siamo un paese ridicolo" afferma, non alludendo senza dubbio alle cifre infatti che si beccano in questo Paese, mentre Gigi Buffon, più flemmatico, dichiara che invece "di fare certe sparate e darci stoccate via stampa, i politici farebbero meglio a venirci a incontrare e a parlarci di persona", senza spiegare però il motivo di quegli incontri, se per trovare la percentuale da togliere agli ingaggi o piuttosto, una serata di bagordi in uno dei meglio alberghi "5 stelle lusso" dove normalmente vanno in ritiro. E gli allenatori? Beh ,anche loro non prendono noccioline dal mondo del calcio, quindi? Renzo Ulivieri ha le idee chiare: "Comincino i ministri a rinunciare alle loro indennità", pertanto senza mezze perifrasi, "che non ci rompano i c....". Per concludere, che giovani diciottenni pallonari si permettano auto da sogno e ingaggi stratosferici, che allenatori pallonari posseggano yacht da sogno e milioni di stipendio e infine, che i poveri Fantozzi stringano la cinta e facciano la fame. E' il calcio, bellezza...