"Ognuno deve lasciarsi qualcosa dietro, quando muore, diceva sempre mio nonno: un bimbo o un libro o un quadro, o una casa o un muro eretto con le proprie mani o un paio di scarpe cucite da noi stessi. O un giardino piantato col nostro sudore. Qualche cosa insomma che la nostra mano abbia toccato in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo, e quando la gente guarderà l'albero o il fiore che abbiamo piantato noi saremo là. Non ha importanza quello che si fa, diceva mio nonno, purchè si cambi qualcosa da ciò che era prima in qualcos'altro che porti la nostra impronta. La differenza tra l'uomo che si limita a tosare un prato e un vero giardiniere sta nel tocco, diceva. Quello che sega il fieno poteva anche non esserci stato, su quel prato; ma il vero giardiniere vi resterà per tutta la vita".
Testo letto da Gianfelice Facchetti durante la messa del padre Giacinto.
Brano tratto da "Fahrenheit 451" di Ray Bradbury e pubblicato per la prima volta nel 1953.
(Foto tratta dalla Gazzetta dello Sport)
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