mercoledì 25 maggio 2011

Libia: nemici di là, amici di qua.

Con la guerra in Libia aumentano gli sbarchi di disperati sulle nostre coste, e Lampedusa per la maggior parte di questi è "la porta d'Italia" o se vogliamo il "corridoio" per l'Europa. Si fugge dalla guerra dunque ma non solo, perché in molti Paesi di provenienza di questi emigranti guerra non ce n'è, se non fame. E mentre noi "accogliamo" con tutte le nostre premure questi fuggitivi, gli aerei della coalizione partono dagli aeroporti europei -Italia compresa e in primis- e vanno a sganciar bombe sulla Libia, dove i "ribelli" si contrappongono alle forze governative di Gheddafi. L'Italia e il resto dell'Europa da subito si è schierata con i ribelli, -i buoni-, scaricando di conseguenza "confetti esplosivi" sulle postazioni del Colonnello -i cattivi-, con la speranza -nemmeno troppo velata- che uno di questi tolga una volta per tutte il rais dalla faccia della terra. Una guerra civile dunque, dove le milizie -così chiamate "buone"- combattono contro le forze -cosi chiamate "cattive"-. Ma dal momento che proprio quest'ultime sono quelle che inevitabilmente cadranno -visto il contesto internazionale-, sono dunque gli elementi fedeli a Gheddafi, cioè i nostri nemici, che in questi giorni stanno scappando dalla Libia per mettersi al sicuro in Italia o in Europa, che guarda caso sono proprio i Paesi responsabili della loro disfatta. Che significa tutto ciò? Che praticamente accogliamo coloro che là sono "i nostri nemici", mentre qui sono "rifugiati politici" da assistere. Ma oltre a questa incongruenza ce n'è un'altra. Come ha sostenuto un libico sbarcato recentemente a Lampedusa -fonte La Stampa 25 maggio- "lasciare la Libia per l'Italia ora è molto facile, anzi, è proprio Gheddafi a spingerci a forza sui barconi"! Mi vengono a mente le minacce di "fuoco e sangue" che il Colonnello lanciò contro il nostro Paese all'inizio delle ostilità e l'accoglienza oggi "a braccia aperte" di coloro che fino a ieri erano al soldo del rais... No, qualcosa non quadra in tutto ciò. Un conflitto nato male e gestito ancora peggio, con l'Italia nelle vesti di "Tafazzi" a martellarsi quelli che non ha...
(foto: Non siamo in guerra in Libia, ma stiamo aiutando i ribelli a imporre la pace)

lunedì 23 maggio 2011

Dsk: Tira così tanto il pelo?

Prima di iniziare questo mio blog e per sgomberare il campo da qualsiasi fraintendimento, chiarisco subito che la violenza sessuale è uno tra i più orrendi crimini, e come tale va punito sempre con una dura condanna detentiva. Per i recidivi poi -e soprattutto per la violenza ai minori- sono per la "castrazione chimica" senza se e senza ma, già messa in atto in diversi Stati americani e in Svezia. Precisato questo, andiamo avanti. Io su un recente caso di violenza un filo di dubbio ce l'ho. Non dò per scontato quello che hanno riportato i giornali, e del resto lo faccio sempre. E' una mia abitudine: leggere, ponderare, capire. E poi in politica, così come nell'alta finanza, i complotti sono all'ordine del giorno. Ma di cosa parlo? Del fatto che da giorni sta occupando le prime pagine dei giornali mondiali, ovvero dello scandalo di Dominique Strauss-Kahn, (foto) ormai ex direttore del Fondo Monetario Internazionale e meglio conosciuto come Dsk. Una potenza nel mondo dell'economia mondiale dunque, oltreché aspirante alla poltrona dell'Eliseo nelle prossime elezioni francesi. Quindi? Una persona con le sue possibilità -sia economiche che di rango-, non lo vedo uscire come un ossesso nudo dal bagno, organo sessuale "sulle 24" e gettarsi sopra una cameriera dei piani per una violenza da consumarsi in "4 e 4'otto". Non ce lo vedo per tanti motivi, il primo dei quali è che una bella "escort" "tipo stelle e strisce" o un viados brasiliano tanto di moda tra i politici italiani, lo avrebbe soddisfatto al 100 per 100 e poi il compenso per "Stro-can" non sarebbe stato un problema. Secondo, un uomo nella sua posizione avrebbe corso il rischio di uno sputtanamento planetario con tutto ciò che ne deriva? Se poi aggiungiamo che la donna in questione -come scrivono i giornali americani- "non è neppure una donna da far perdere i numi della ragione ad un uomo in fatto di sessualità", beh, il dubbio mi aumenta. Chi ci vieta di pensare invece ad un tranello ordito ai suoi danni -e che danni!-, dove forze occulte politiche francesi hanno organizzato il tutto, cameriera che entra e che poi fugge urlando "help! help!" per poi passare all'incasso. Perché tutto questo? E' solo un ipotesi, ma la sua possibile scalata all'Eliseo... E poi un ultima considerazione: se "l'erotomane" Dominique avesse voluto soddisfare i suoi istinti "più bestiali", avrebbe scelto un Paese come gli Stati Uniti dove una violenza sessuale, con annessi e connessi si porta dietro una condanna di 70 anni di galera? Mah, io continuo a vederci poco chiaro e ritorno al mio discorso precedente: lo vedete voi l'anziano Dsk con "l'asta eretta" a rincorrere una cameriera con l'ombra di una prigione a vita? Io no. Il solo pensiero mi avrebbe fatto passare qualsiasi pruderia...

mercoledì 18 maggio 2011

Una caserma a luci rosse

Da dove si parte per cercare di capire qualcosa nel delitto di Carmela Melania Rea? Dal suo corpo senza vita rinvenuto in un boschetto del Teramano? Dalla pista di un maniaco seriale che l'ha uccisa con 32 coltellate fuggendo poi senza lasciare traccia? Dall'ipotesi di una mano femminile accecata dalla gelosia? Dalle conseguenze di una vita disordinata del marito, Salvatore Parolisi circondato da giovani e disponibili soldatesse senza scrupoli? Una cosa è certa. Il mistero è racchiuso tra le mura della caserma "a luci rosse" del 235° Reggimento Piceno in quel di Ascoli, ed è lì che gli investigatori cercano conferme. Conferme piccanti, corna, veloci incontri sessuali consumati in auto o in camere d'alberghi a ore, gelosie tutte al femminile per accaparrarsi il caporale di turno, tra silenzi o forse connivenze, come si legge sul Corsera, dove le domande si sprecano: "Cosa fanno la magistratura ordinaria e quella militare? Possibile mai che una caserma dell'Esercito italiano sia stata trasformata in alcova"? E poi ancora: "Ci domandiamo a quale gioco si giocasse tra gli istruttori all'arrivo delle reclute femminili, quali scommesse si facessero sul conto delle stesse in una eventuale sfida nel "catturare" più prede?" Non è molto edificante tutto ciò, poiché ne viene fuori un immagine di soldati e soldatesse cui onore e divisa sono solo un paravento, e dignità e appartenenza al corpo solo un sentimento da libri di storia lontana. Dopo la prima "recluta amante" rintracciata dagli investigatori, quella Ludovica tutto "fucile e rossetto" che a Salvatore Parolisi concedeva le sue grazie, ora un'altra giovane recluta è sotto torchio. E si ritorna sempre lì, a quel giro di sesso senza freni e senza sosta che si pianificava nella caserma ascolana, zona franca di moralità militare e coniugale. Si dice che le indagini siano a un passo dalla conclusione, così come il "click" delle manette intorno ai polsi dell'assassino. Lo si deve alla giovane e bella Melania, a sua figlia che non potrà più avere una mamma, ai suoi parenti.
(foto Carmela Melania Rea)

giovedì 12 maggio 2011

Al capezzale di Schengen...

Sarà stata la notizia che in Libia ci sono 750.000 profughi dell’Africa subsahariana pronti ad imbarcarsi per l’Europa, sarà stata la volontà di condizionare l’odierna riunione dei ministri degli Interni della Ue, che dovrebbe esaminare la proposta italo-francese sulla possibilità di reintrodurre temporaneamente i controlli alle frontiere, sarà stato il ricordo delle minacce e delle ritorsioni subite dai musulmani a causa della famosa vicenda delle vignette di Maometto. Fatto sta che la piccola Danimarca, un tempo considerata uno dei Paesi più tolleranti nei confronti dell’immigrazione extracomuniutaria, ha preso tutti in contropiede e sospeso per prima il trattato di Schengen senza neppure attendere le decisioni di Bruxelles.

Su sollecitazione dello xenofobo Partito del popolo danese della pasionaria Pia Kjaersgaard, componente essenziale della maggioranza parlamentare, il governo di centro destra ha deciso di reintrodurre, entro tre settimane e avvalendosi di nuovi strumenti elettronici, i controlli ai confini sia con la Germania, sia con la Svezia. La motivazione è che è necessario porre un argine alla immigrazione illegale e alla conseguente infiltrazione della criminalità organizzata che seguiranno alla ondata di arrivi dal Nordafrica che sta investendo l’Europa meridionale. Vista la sua conformazione geografica, e la conseguente possibilità di entrarvi dal mare, è dubbio che le misure adottate basteranno a isolare la Danimarca dalla paventata invasione. Ma la decisione di Copenaghen è una vera e propria bomba scagliata contro un edificio europeo che sta già vacillando, e che proprio ieri il commissario Barnier, andando in controtendenza, ha esortato a rinforzare prima che sia troppo tardi, aprendosi di più a una immigrazione necessaria per disporre di una sufficiente forza lavoro.

Anzitutto, essa significa che, qualunque decisione adotteranno i ministri degli Interni dei 27 in materia di revisione di Schengen, questa potrebbe essere ignorata o scavalcata da singoli governi che si sentissero in qualche modo minacciati. Ma, soprattutto, è la prova finora più eclatante che i Paesi del Nordeuropa non sono affatto disposti a condividere con noi e con gli altri Paesi mediterranei investiti dalle masse africane il peso della potenziale «migrazione biblica» di cui ha parlato spesso il ministro Maroni. Si tratta della conseguenza naturale di una evoluzione cui nessuno sembra sfuggire. Dalla Danimarca stessa alla Svezia, dalla Finlandia all’Olanda, dal Belgio alla Francia, partiti populisti e più o meno esplicitamente antieuropei e xenofobi stanno conquistando fette sempre maggiori di elettorato e sempre più spesso condizionano la formazione e la linea politica dei governi. È già successo all’Aia e a Copenaghen, sta succedendo a Helsinki e potrebbe succedere perfino in Francia se continuasse l’avanzata del Fronte nazionale di Marine Le Pen. Per adesso la tendenza sembra risparmiare la Germania, ma solo perché i tedeschi devono sentirsi abbastanza tutelati dal governo Merkel: appena ieri, per esempio, il ministro degli Interni ha dichiarato che"l’Italia era un grande Paese che poteva benissimo gestire l’arrivo di qualche decina di migliaia di profughi senza pretendere di disperderli nel resto dell’Unione".

Paradossalmente, la marea nazional-populista sta già investendo anche l’Europa dell’Est, che fino adesso era terra di emigrazione piuttosto che di immigrazione (ricordate il mitico idraulico polacco, che fu protagonista del referendum francese sul nuovo trattato europeo?), ma dove si sta comunque molto meglio che in Africa e in Asia e che perciò potrebbe diventare la prossima meta per i disperati che vogliono varcare il Mediterraneo.

Il Trattato di Schengen non è il Trattato di Lisbona, tant’è vero che numerosi membri della Ue, a cominciare dalla Gran Bretagna, hanno rifiutato di aderirvi (i più poveri, come Romania e Bulgaria, spingono invece per farlo). Tuttavia, esso è considerato tuttora con favore dalla maggioranza dei cittadini europei, lieti di potere viaggiare per tre quarti del continente senza più controlli. Ma se la «migrazione biblica» si materializzasse, è destinato a diventare, almeno nella sua forma attuale, la prima vittima dell’antieuropeismo che si sta diffondendo. Già oggi potremmo averne un primo assaggio. Purtroppo, per la nostra posizione geografica, rischiamo di essere quelli più danneggiati da un suo ridimensionamento.

(da Il Giornale.it)

Commenti online di alcuni lettori:--------------------------------

#66 Arrigo D'Armiento
il 12.05.11 alle ore 16:12 scrive:

SCHENGEN, ERRORE DA CORREGGERE - La libera circolazione di tutti i cittadini europei nel vecchio continente è cosa bella e giusta, la mancanza di controlli è pura follia. Che dal controllo dei passaporti si passi al controllo delle carte d'identità va benissimo, ma il controllo alle frontiere è essenziale per evitare l'espatrio di criminali, di malviventi, di pregiudicati, di asociali. Nell'era dei computer, i controlli dovrebbero essere facili e rapidi. Quando la polizia faceva ronde notturne in città, esibire i documenti era un fastidio, ma ci faceva sentire più sicuri. Con Schengen siamo tutti meno sicuri. Arrigo d'Armiento – Roma

#60 Wolf (5983)
il 12.05.11 alle ore 14:20 scrive:

L'europa è un grande bluff...direi costosissimo. -Arginare l'avanzata dei disperati è un atto di vera e propria difesa nazionale. Invasioni di questo tipo, storicamente hanno poi portato a disastri peggiori. Bene il ripristino delle dogane, armate e decise.

#57 Lolly (240) -
il 12.05.11 alle ore 14:07 scrive:
Credo che in Danimarca facciano bene... - Solo noi accogliamo tutti come se fossero tanta manna...vedremo con il tempo chi abbiamo veramente aiutato....purtroppo l'esperienza mi ha insegnato a essere MOLTO..diffidente...



mercoledì 11 maggio 2011

Professione: Ospite televisivo

Ormai non ci salva più nessuno dalla loro presenza. Eccoli lì dunque i nuovi professionisti delle ospitate televisive, loro e sempre loro, come se la popolazione televisiva attendesse con trepidazione parole mai pronunciate, commenti altisonanti, pensieri profondi o verità inconfutabili. Il tutto, grazie -ma si può ringraziare?- alla cronaca nera, ai casi più trucidi che con ritmo quasi quotidiano scombussolano e inorridiscono l'Italia. E dal momento che c'è pure un buon "cachet" -leggasi compenso-, eccoli presenti nei salotti di Bruno Vespa a Porta a Porta e di Alessio Vinci a Matrix, ma anche nelle trasmissioni di intrattenimento pomeridiano e pure domenicale, diventate di fatto un panorama dell'orrore. Insomma, loro e sempre loro. Ma chi sono questi "stakanovisti" dell'apparizione, del commento "forbito" che poi "forbito" non è? Uno tra i più assidui è il "tenebroso" Paolo Crepet, psicologo, che a proposito del delitto di Melania Rea assicura che "è tipico delle donne non parlare in casa dei genitori dei problemi col marito". C'è poi la "severa" Simonetta Matone, magistrato, che sempre sul delitto di Melania sentenzia "che un marito farfallone non è detto che sia un omicida" -meno male che ce l'ha detto...- e poi c'è la "sexy" Roberta Bruzone", criminologa, che più realisticamente ammette "che essere un fedifrago non è certo un bel biglietto da visita quando la moglie viene trovata assassinata". E di questo pensiero è anche un'altra "bella", Marida Lombardo Pijola, scrittrice e giornalista, mentre il "barbuto" Francesco Bruno, criminologo, ospite anche lui fisso di programmi dell'orrore -si è addormentato in diretta come ci mostrò Striscia la Notizia- è quello del "Anna Franzoni è colpevole ma...". Come abbiamo visto, il "parterre" è ampio e i loro pensieri -che li avrebbe espressi tali e quali anche la sora Cesira di Vattelappesca!- finalmente ci hanno illuminato. Ma ce ne sono ancora tanti di professionisti delle ospitate che forse, per rispetto delle vittime -Samuele, Sarah, Yara, Melania tanto per fare alcuni nomi- è meglio non nominare. In troppi oggi campano sul sangue altrui...

lunedì 9 maggio 2011

Gunter Sachs, ultimo playboy...

Con Gunter Sachs suicida ieri 8 maggio a Gstaad in Svizzera, si chiude definitivamen-
te l'epoca dei "playboy", quella vissuta a cavallo degli anni '60 e '70. Erede di una ricca famiglia -si era preso la "Fichtel & Sachs" del padre morto a sua volta suicida nel 1958-, il giovane 25enne Gunter si era ritrovato nei giri e nelle compagnie che contano, quelle del cosiddetto "jet-set". Facile con i miliardi del papà darsi alla bella vita, pertanto auto da sogno, yacht da mille e una notte e soprattutto, bellissime donne, alcune di questi come le attrici francesi Capucine e Juliette Grecò, la principessina Ira Furstemberg, l'ex imperatrice iraniana Soraya, e Marina Doria, -in seguito sposa di Vittorio Emanuele di Savoia-, con la quale, come ha scritto lui in un libro di memorie, "una volta incontrati ci siamo desiderati immediatamente". Ma la donna che lo proiettò senz'altro nel limbo dei play boy fu Brigitte Bardot, sex symbol europeo ed equivalente in fascino e seduzione al mito americano di Marilyn Monroe. "Quando incontrai Brigitte Bardot in me si destò il lupo", affermò allora Gunter Sachs. E amore fu. Si sposarono a Las Vegas nel 1966, con divorzio avvenuto nel 1969 dopo mesi di eccessi, amori e stravaganze. Se prima era stato l'invidia dei giovani di quegli anni, all'annuncio del divorzio gli stessi giovani si chiesero come può un uomo mandare a quel paese una icona della bellezza come Brigitte Bardot, perché si scrisse che la diva francese lo avesse mollato poiché stufa delle scappatelle del marito. Scavezzacollo ma con gusto, poiché Gunter Sachs oltre che per le sue avventure "d'alto livello", fu riconosciuto anche per lo stile con cui conquistava le sue donne -si dice che in elicottero lasciò cadere sulla villa di Brigitte a Saint Tropez una cascata di petali di rose rosse-, oltre che per il suo abbigliamento che fece epoca: pantalone bianco, camicia a righe bianche e azzurre con collo aperto senza cravatta, e infine piedi nudi dentro a mocassini neri. Di sicuro fu un personaggio che assieme ad altri "pari simili" come Gigi Rizzi -che fu il nuovo amore di BB- e Beppe Piroddi creò il mito di Saint Tropez, quello delle feste senza fine al "Pirata" e delle colazioni mattutine al "Gorille", il bar dei vip sul porto. Una vita sopra le righe dunque per quella stagione irripetibile, chiusa a 78 anni da un colpo di pistola in quello chalet di legno sulle alture di Gstaad, altro luogo esclusivo di un epoca ormai lontana. Come quella, appunto, dei playboy.
(foto: Gunter Sachs e Brigitte Bardot)

giovedì 5 maggio 2011

Osama bin Laden: Ei fu...

Il Cinque Maggio - Alessandro Manzoni

Ei fu. Siccome immobile
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di
tanto spiro,
così percossa,
attonita la terra al nunzio sta,
muta
pensando all'ultima
ora dell'uom fatale;
né sa quando una
simile
orma di pié
mortale
la sua cruenta
polvere a calpestar verrà...

Osama bin Laden "Ei fu" solo tre giorni prima...