giovedì 31 luglio 2008

SUZANNE TAMIM, MORIRE DI TROPPO SUCCESSO...

Suzanne Tamim, (foto) la cantante pop 33enne uccisa in modo ripugnante a Dubai, sapeva quali rischi correva, pur facendo la vita di una normale star dello spettacolo, simile se vogliamo a quella di migliaia di altre colleghe del mondo occidentale. Essere belle e provocanti in certe latitudini però, per la mentalità locale ha il sapore della sfida che va contro il vivere comune. L'hanno trovata col viso martoriato in un appartamento al 22° piano del Marina di Dubai, irriconoscibile. La sua bellezza era un ammasso di sangue, sfigurata con un taglierino dopo essere stata uccisa a pugnalate. Nel gesto criminale, l'odio dei suoi carnefici, che con colpi precisi le avevano martoriato labbra e guance, strappandole sadicamente poi gli occhi dalle orbite. Per gli assassini, quella vita "sfacciata" andava fermata, troppo occidentale, troppo provocante. Suzanne Tamim era giunta alla notorietà nel 1996 come un fulmine al ciel sereno, e i suoi 19 anni lasciavano prevedere un futuro di successi senza ostacoli nel mondo musicale arabo. Dalle melodie arabe però, Suzanne passa velocemente al pop libanese, per certi versi sensuale e troppo ammiccante, e la sua vita artistica -e privata- si complica. Emigra in Francia per ritornare a casa nel 2002, poi un matrimonio e un altrettanto veloce divorzio. Si unisce in seguito ad uno tra i più importanti produttori musicali del Medioriente, tale Adel Maatour, che le fa firmare, oltre al registro del matrimonio, un contratto di 15 anni che la lega professionalmente a lui. E il successo riesplode, come il cuore di molti spasimanti che la circondano. La gelosia è una brutta bestia, tanto che il marito, per mettersi il cuore in pace, la blocca e chiude la sua carriera. Grazie ad un ordinanza del giudice che gli da ragione, vengono così cancellati tutti gli spettacoli sia in Patria che all'estero, e questo lo scoprirà Suzanne stessa, che riuscita a fuggire in Europa, si troverà "disoccupata" e con una richiesta di 500 mila euro di danni avanzata dal suo nuovo produttore. E' il momento del declino, quando ritornata nel formicaio del Cairo, voce e bellezza si spengono, in quell'esilio forzato e senza speranza. Riemerge solo per un attimo incidendo "Amanti" che dedica al premier Rafik Hariri, ucciso l'anno prima in un attentato. Non ci saranno primi posti in classifica né appuntamenti televisivi per Suzanne Tamim, solo l'orrore di questi giorni. Con degli amici, nella notte tra domenica e lunedì scorso Suzanne è rientrata a casa. Cosa sia successo nessuno lo sa a questa giovane che voleva diventare la "Madonna" del pop arabo. Solo grida e gemiti uditi dai suoi vicini di appartamento, ultimo segno macabro di una vita che si spegneva.
(Gericus)

mercoledì 30 luglio 2008

SAMUELE, UCCISO PER UN CAPRICCIO

Nelle motivazioni della Cassazione non ci sono mezze parole: "Il piccolo Samuele è stato ucciso dalla madre, Anna Maria Franzoni (foto) per un capriccio". Per la Cassazione dunque, la Franzoni "è una lucida assassina", perché "non può essere stato nessun altro, e lei, era perfettamente cosciente". Per il delitto di Cogne, per Samuele Lorenzi, tre anni, il piccolo trucidato nel lettone dei genitori, questo è il momento della verità. Cinquanta pagine fitte fitte di motivazioni che inchiodano la madre alle sue responsabilità, e che ripercorrendo il cammino degli inquirenti, danno credito -al di là di ogni ragionevole dubbio- al lavoro 'svolto dai Ris. E' fantascientifico -si commenta- pensare ad un estraneo che in appena 5/8 minuti, entra in casa, commette il delitto e se ne va senza farsi vedere da nessuno. Quella mattina del 30 gennaio 2002, una come tante altre, la follia è esplosa improvvisa, un attimo dopo che l'altro figlio, Davide, era appena uscito di casa per essere accompagnato dalla madre alla fermata dello scuola-bus. E' in questo piccolissimo lasso di tempo che si compie il dramma, e il movente, non ancora individuato con certezza, si presuppone possa essere stato "una reazione della madre ad un capriccio del bambino, caduta in preda ad uno stato passionale momentaneo". Poi tutto il resto, l'allarme per la testa "che è scoppiata" e le indagini che partono maluccio, poi media, che come ammette la Cassazione, "non hanno mai danneggiato la Franzoni ma al contrario hanno ampliato gli spazi di garanzia". Arrestata il 14 marzo con l'accusa di omicidio volontario ma rimessa in libertà dal Gip poco meno di un mese dopo, Anna Maria Franzoni viene condannata a 30 anni nel processo di primo grado e a 16 anni nel processo di Appello, pena confermata infine il 21 maggio del 2008 dalla Cassazione, che scende però a 13 anni grazie all'indulto. Giù il sipario. (Gericus)

martedì 29 luglio 2008

COMITATO FANNULLONI OPEROSI...

A volte non so se quello che leggo sui giornali sia una vera notizia o un qualcosa così, per riempire uno spazio vuoto, visto che l'estate, di norma, è avara di novità. Orbene, quello che mi ha lasciato basito quest'oggi è: "E' nato il Cofo, il sindacato dei fannulloni". Diavolo di un Renato Brunetta, il super attivissimo ministro della Pubblica amministrazione, il quale, visto l'andazzo che da anni -secoli...- avviene in fatto di assenteismo tra i pubblici dipendenti, ha pensato bene di varare una legge per buttarli fuori con il classico "pedatone nel fondo schiena". Tutto sommato una buona cosa, stufi ormai di non trovare il tal tale impiegato "momentaneamente fuori stanza" o rimanere con la cornetta del telefono all'orecchio per dieci minuti poiché il centralinista "era impegnato in altra conversazione", che poi significa "in pausa caffè". Un giro di milioni di euro buttati al vento dunque, e che il ministro Brunetta cerca di risparmiare. A questo punto tutti dovrebbero plaudire simile iniziativa, poiché il fannullone grava, ingiustamente, sulle nostre tasche, mentre invece non è così. Nasce un sindacato in loro sostegno, appunto il Cofo, che poi sta per Comitato Fannulloni Operosi. E' si, perché anche loro, bensì nulla facenti, hanno l'ardire di assemblarsi per far valere i propri diritti, che poi sarebbero quelli di percepire uno stipendio dallo Stato pur stando nell'ozio, e il Codacons -cosa poi ci combina quest'Associazione- per voce del suo rappresentante, l'avvocato Carlo Rienzi, fa sapere che "Siamo pronti ad appoggiare chi protesta". Sono imbufaliti contro il ministro Brunetta dunque, e questo glielo faranno capire a suon di carte bollate. Dopo naturalmente aver sfogliato un giornale e finito il caffè... (Gericus)

giovedì 24 luglio 2008

QUANDO LA DIGNITA' NON HA PREZZO...

Bruno Contrada, da funzionario integerrimo dei primi tempi a nemico numero uno delle Istituzioni. Il passo è troppo breve e traumatico, pertanto ho in me forti dubbi. Se a questi aggiungo poi che a farlo finire dalle stelle alle stalle sono state dichiarazioni dei cosiddetti "pentiti", no, allora non ci sto. Troppo fresco è ancora il ricordo di Enzo Tortora, quel fior fiore di uomo che proprio a causa delle parole di un pentito finì dietro le sbarre prima e in una cassa poi, morto per il troppo dolore provocato da accuse infamanti lanciate contro di lui. Nei meriti del dottor Contrada, molte, a partire dal 1991 sono le operazioni di polizia portate a buon esito grazie a intuito e capacità professionale, poi, nella vigilia di Natale del 1992, come un fulmine "a ciel sereno" lo stimatissimo funzionario del Ministero dell'Interno viene arrestato e tradotto al carcere Militare romano di Forte Boccea. I suoi "misfatti" li denunciano quattro "pentiti", tutta gente con un curriculum malavitoso alle spalle di grande rilievo. Ma di quali atroci delitti lo si accusa? Di frequentare un appartamentino messo a sua disposizione da un costruttore mafioso, ma che a seguito di indagini fatte subito dalla Dia, tale appartamento risulterà intestato al costruttore dello stabile stesso e ceduto in locazione ad un collega magistrato del dottor Contrada. L'accusa però rivolta contro di lui non lascia alternative: concorso esterno in associazione mafiosa. Dopo tre anni di carcerazione, il 31 luglio del 1995 Bruno Contrada viene rilasciato in attesa del processo, che celebrato il 5 aprile del 1996, lo ritiene colpevole e lo condanna a dieci anni di detenzione. Nel processo di appello -4 maggio 2001- ribaltamento della prima sentenza con un assoluzione, che la Cassazione annulla il 12 dicembre 2002. Il 26 febbraio del 2006 viene riconfermato il verdetto di primo grado e dunque, Contrada è condannato a dieci anni, con conferma della Cassazione il 10 maggio del 2007. A questo punto, il dottor Bruno Contrada si consegna nello studio del suo avvocato e viene tradotto in carcere per scontare la condanna. Un mulinello di situazioni che non lascia scampo, perché si muore anche per meno. Con i suoi 77 anni portati con dignità, anche la salute diventa precaria, come testimoniano i numerosi certificati medici: 22 chili persi in un anno, 26 le patologie accertate, di cui 7 definite "gravi"; 5 i ricoveri in ospedale; 15 gli accertamenti diagnostici; 12 le perizie medico-legali esperite; 16 i viaggi in ambulanza, e per ultimo, 21 le istanze di scarcerazione tutte respinte. Ora sembra che la libertà sia vicina, e da un momento all'altro è attesa la decisione del Tribunale di sorveglianza. "Quasi al termine della mia esistenza, l'ingiustizia degli uomini mi ha inferto questo ultimo colpo. Farò appello alle mie residue forze fisiche e morali, per resistere ancora, così come ho fatto per 15 anni. Sono sicuro che verrà il momento (che forse io non vedrò) in cui la verità della mia vicenda giudiziaria sarà ristabilita. Spero che qualcuno si pentirà del male fatto a me e alle Istituzioni. Bruno Contrada". (Gericus)

mercoledì 23 luglio 2008

ANNA FALLARINO CASATI: AMORE E MORTE #2

Il 1959, con il Governo Fanfani che da le dimissioni e il cosiddetto "boom economico" che porta al Nord milioni di meridionali, può essere considerato un anno di turbolenza politica. Aldo Moro è eletto presidente della D.C. e Antonio Segni, dopo il voto di fiducia, forma il suo Governo. Per Camillo Casati Stampa e Anna Fallarino, (foto) freschi sposi in viaggio di nozze, tutto ciò ha un valore relativo, presi come sono dal loro amore appena consacrato. In un albergo esclusivo dove i due hanno preso alloggio per trascorrervi la notte, il primo segno di quello che rappresenterà il modo di vivere di questa strana coppia. Mentre Anna Fallarino è nuda sotto la doccia, il marito spingerà verso di lei, nudo a sua volta, un aitante e giovane cameriere dell'albergo: "Concediti a lui" le dirà, "Questo è il modo di fare l'amore". E Anna non si tirerà indietro, partecipando anzi con ardore a quell'incontro sotto gli occhi del marito, che in disparte osservava compiaciuto. Oltre che di questo strano 'ménage', quello sarà anche l'inizio di un diario che Camillo Casati scriverà puntualmente sugli incontri della moglie, aggiungendo nomi e cifre elargite di volta in volta agli occasionali partner: "Al cameriere ho dato infine una lauta mancia", annoterà nella prima pagina di questo diario Non è dato sapere cosa abbia pensato Anna Fallarino di tutto ciò, ma di certo si presume che visti i vantaggi economico-sociali che quel matrimonio le garantiva, avrà fatto buon viso a cattiva sorte, anche se non è detto, poi, che quegli incontri siano stati da lei considerati negativamente. Un unione, tutto sommato, felice. Camillino -così veniva chiamato il marchese nella stretta cerchia degli amici- si mostrava particolarmente gentile con la moglie ricoprendola di regali e premure, arrivando così a farle accettare un altro suo morboso desiderio: "Hai un corpo bellissimo, fatti fotografare mentre ti concedi, mentre ti lasci andare assumendo pose lascive..." Ormai il gioco è iniziato, e molti altri sconosciuti divideranno il letto di Anna, tutti rigorosamente scelti dal marito e tutti giovani più di lui, quasi come volesse identificarsi in quei corpi proni sulla moglie. (Gericus)
[Fine seconda parte. Continua]

LA TORTURA DEL "PISTOLINO CIRCONCISO"...

Io non so quanti bambini ancora dovranno arrivare in ospedale con il 'pistolino' martoriato, e morire dissanguati. E' già il secondo caso accaduto in poco tempo in quella che è la civilissima Italia e non uno sperduto villaggio dell'Africa nera. Questa volta, ucciso dall'ignoranza di un rito tribale, è un bambino di due mesi e mezzo di origine nigeriana, arrivato da poco in Italia con la madre. Il luogo, puramente indicativo ma potrebbe essere una città qualsiasi della nostra Penisola, è Bari. E' lì, nel quartiere Japigia che si consuma nella notte il dramma, quando "affidato" alle cure di un "macellaio", al piccolo viene praticata la circoncisione, chissà come, chissà con che cosa e vai a capire perché. Già il luogo dove si svolge l'intervento, fa capire quanta arretratezza culturale c'è in chi compie l'atto, e soprattutto, quanta ignoranza e poco amore c'è nella madre del piccolo: un lercio materasso appoggiato in terra, una ciotola per l'acqua e due sedie. In un ambiente così "sterile" si è compiuto infatti il dramma. Armato di un 'oggetto tagliente' e noce di cocco, l'improvvisato "chirurgo" nell'asportare il prepuzio ha tagliato anche il glande, dando inizio all'emorragia fatale. Urla di dolore del piccolo e pannolino che nella notte si riempiva del suo sangue, poi, con un colpevole ritardo, la sciagurata madre che si decide a chiamare il 118. Il piccolo nigeriano giunge così in ospedale alle 4.20 del mattino, ormai in fin di vita, stroncato da una fortissima emorragia a livello inguinale causata proprio da quell'assurda pratica. Ora la madre è indagata, mentre la polizia ha già messo le manette ai polsi del praticone, un nigeriano 28enne, che per quell'intervento mortale si era fatto consegnare dalla donna 100 euro. Rabbia per questa morte per noi così inconcepibile, nella consapevolezza che le misure restrittive in questo caso sono solo una panacea per placare lo sdegno della gente, ma che in realtà non serve a niente, finché non faremo capire ai nostri "ospiti" che le loro tradizioni e culture (?) devono lasciarle nel Paese di origine, perché in Italia, da secoli, abbiamo le nostre. (Gericus)
[foto tratta da Il Giornale]

martedì 22 luglio 2008

E' UNA GIUNGLA LA CITTA'...

Si può morire per una sigaretta negata, o anche per far spostare qualcuno che si è seduto sulla nostra vettura. Città come gungla dunque, dove vince -e sopravvive- il più violento. L'ennesimo fatto di sangue scaturito dalla violenza più feroce arriva da Ravenna, e vittima incolpevole è Andrea Tartari, 35 anni, un gommista di Casalecchio di Reno in provincia di Bologna. Assieme alla fidanzata e ad un cugino, Andrea era giunto a Porto Corsini, località balneare di Ravenna -dove già si trovavano anche i genitori della sua donna-, per trascorrere una giornata di vacanza. Una parentesi dunque di mare e sole, tanto per staccare la 'routine' del lavoro. Verso sera e appena dopo cena, con la fidanzata e il cugino Andrea Tartari ha fatto ritorno verso la vettura che aveva lasciata parcheggiata lungo la strada. Avvicinandosi, ha scorto dei giovani seduti sul cofano dell'auto. Giustamente ha chiesto ai tre di alzarsi, poi, non si sa come, è scoppiata la lite. Prima spintoni poi pugni, ed infine è spuntato un coltello in mano a uno degli energumeni. Per Andrea Tartari non c'è stato scampo, colpito con accanimento da diversi fendenti, e benché i soccorsi siano giunti tempestivamente, il giovane moriva dissanguato sull'ambulanza, mentre a sirene spiegate correva verso l'ospedale. Gli assassini, già individuati dai carabinieri, potrebbero essere dei muratori napoletani residenti da un po' di tempo in una casa situata proprio di fronte a dove era parcheggiata la vettura. A mettere le forze dell'ordine sulle loro tracce, la testimonianza di un amico di quest'ultimi, il quale, da lontano, avrebbe assistito prima al diverbio e poi all'omicidio, rimanendo comunque sul posto fino all'arrivo dei militari. Finisce qui la cronaca di una morte assurda, una delle tante che purtroppo macchiano di sangue le nostre città, una delle tante cui chi muore, muore, e chi è colpevole, tra indulto, buona condotta e rito abbreviato, presto sarà di nuovo in giro, magari di nuovo con "licenza di uccidere"... (Gericus)
[Foto: rilievi dei Carabinieri sul luogo dell'omicidio]

lunedì 21 luglio 2008

THE SPORT MUST GO ON

Di Karl Unterkircher, (foto) 38 anni, alpinista ed esploratore italiano inghiottito da un crepaccio sul Nanga Parbat a 6.400 metri il 16 luglio scorso, non se ne parla più da giorni. E' morto e basta. Della sua tragedia, della scomparsa di un uomo, del dolore dei familiari, niente. Non interessa a nessuno. Ora si parla invece degli altri due alpinisti che erano in cordata con lui, Walter Nones e Simon Kehrer, che visto scomparire davanti ai lo occhi il capo cordata, dopo un attimo di sbigottimento hanno continuato la loro marcia per il record o per la salvezza. Si, va bene, in montagna la legge è questa, e la sua crudezza se vogliamo, la sperimentò sulla sua pelle anche Reinhold Messner, quando sulla via del ritorno dopo aver conquistato la vetta -sempre del Nanga Parbat- perse il fratello Guenther sparito anche lui in un altro crepaccio. Orbene, per uno che muore, due -giustamente- a cui pensare. Ma il punto è proprio questo, cioè esaltarsi eccessivamente sui due superstiti senza spendere una, dico una parola su chi ha patito una morte infame e crudele, come quella appunto di Unterkircher. Morire sembra quasi un "fatto dovuto", tanto che anche dai collegamenti telefonici coi due superstiti o da quelli televisivi con Agostino da Polenza, colui che ha coordinato i soccorsi dall'Italia, la morte del terzo alpinista non trova né spazio né dolore. Discorsi fatti da chi non conosce la montagna, si dirà, e non da uomini duri che la montagna invece la vivono, la sfidano e la temono. Davanti a questa legge quindi, io -che al massimo ho "scalato" i 296 gradini della Torre di Pisa-, mi inchino umilmente, consapevole di avere capito che oltre allo show, anche "the sport must go on"... (Gericus)

sabato 19 luglio 2008

SE POTESSI AVERE... MILLE LIRE AL MESE...

Ma c'è un limite all'assurdo? C'è un punto limite, cui sorpassarlo vuol dire cadere nell'insulto? Un insulto a milioni di persone che al 27 del mese hanno finito i soldi per campare, e che davanti ad affronti simili si capisce che questo mondo, questa società è arrivata a fine corsa. Il motivo che porta a simili considerazioni giunge da quei 40 milioni di euro all'anno offerti ad un giocatore di calcio, il pur bravo Samuel Eto'o, (foto) messo sul mercato dal Barcellona. Quaranta milioni di euro offerti poi non da una società statunitense, dove "business is business", ma dal Kuruvchi di Taskent una squadra dell'Uzbekistan, una nazione ex Urss, dove il reddito medio pro capite è di 50 dollari al mese e dove ognuno deve fare i conti quotidianamente con la povertà più nera. Rincorrere una palla a suon di miliardi dunque, così tanti, in questo caso, da poterci comprare cinque anelli con brillante - 7 milioni è costato un diamante giallo da 70,12 carati- , 30 Rolls Royce Phantom Coupé, 40 isole nei Caraibi, 2 mega yacht come quello di Saddam -lungo 82 metri-, e 4 ville sul lago come quella di Berlusconi a Cernobbio. Il punto è: ma se diamo 40 milioni di euro ad uno che rincorre una palla, quanto dovremmo dare ad un chirurgo che salva una vita dopo un operazione a cuore aperto? In quest'affare che lascia sconcertati, c'è poi la notizia che nonostante tutto, Eto'o ha rifiutato il contratto e la montagna di soldi che gli veniva offerta. Un gesto encomiabile? Mah... sicuramente il calcolo deve avere preso il sopravvento. Restando dov'è, si porterà a casa ancora di più... (Gericus)

venerdì 18 luglio 2008

ANNA FALLARINO CASATI: AMORE E MORTE #1

Anna Fallarino, classe 1929, veniva da una famiglia di umili origini del beneventano. La provincia più nascosta non fa per lei, ossessionata da quelle riviste patinate che mostrano donne bellissime che spendono la loro vita tra lussi e amori. A sedici anni, cioè nel 1945, si rende conto che madre natura le ha donato gli attributi giusti per spiccare il salto, tanto più che dentro di se c'è quella voglia pazza di diventare un attrice di grido. Salutata la famiglia, un biglietto del treno e via, alla volta di Roma, città intrigante ma punto focale per un successo nella vita. Un primo aggancio al mondo dorato della celluloide lo trova poco tempo dopo prendendo parte come comparsa in un film di Totò, poi chiude con il cinema. La sua bellezza spregiudicata infatti fa subito colpo su un facoltoso ingegnere, tale Giuseppe Drommi, che in quattro e quattrotto ne diventa l'amante, facendola entrare così nel "salotto buono" della città. E' un mondo che nonostante tutto la inebria, sempre più corteggiata e ammirata, desiderata e amata. E' in questo ambiente infatti che un giorno incontra un giovane con un patrimonio, allora, valutato in 400 miliardi di lire, e il suo nome è Camillo Casati Stampa di Soncino, discendente da una tra le più antiche nobiltà italiane. Lui è colpito dalla bellezza di questa donna, dal suo sguardo ammaliante, e lei, altrettanto, è colpita invece dal patrimonio che questi si porta in dote. Diventa così amica della moglie del marchese, una ex ballerina, tale Letizia Izzo, ma nello stesso tempo mette gli occhi sul marito di quest'ultima. Incontri furtivi, poi la decisione del marchese che la vuole tutta per se e soprattutto, alla luce del sole, tormentato ormai dal fascino a da quel fisico mozzafiato di Anna Fallarino. Nel modo dorato del jet-set non ci sono ostacoli, pertanto ottenere l'annullamento del suo matrimonio, per Camillo Casati è un gioco da ragazzi, pagandolo -si sussurra- un qualcosa come un miliardo -di allora- al Tribunale della Sacra Rota. E' il 1959 quando dato il ben servito all'ingegner Drommi, Anna Fallarino si unisce in matrimonio con il marchese, diventando così la marchesa Casati Stampa. Il primo e importante passo per la scalata in società è fatto, ed è in viaggio di nozze, una sera in camera, che la marchesa scoprirà -con piacere?- vizi e virtù del nuovo marito. (Gericus)
[fine 1^ parte. Continua]

L'ENNESIMO DELITTO DELL'ESPULSO...

Lo grido forte il mio sdegno: Basta! Uno sdegno che indirizzo alle Istituzioni: cosa ci faceva ancora in libertà quel delinquente moldavo, nonostante precedenti penali sulle spalle oltre ad un decreto di espulsione? Ora, Ignatiuc Vasile, 25 anni, il delinquente irregolare venuto dall'Est , dopo aver rubato un furgone e travolto ad un incrocio un auto mentre viaggiava a 170 chilometri l'ora e aver provocato la morte di un giovane studente ventenne italiano, è stato arrestato con l'accusa di omicidio volontario. E' successo di nuovo a Roma, e nello stesso incrocio dove travolti da un auto pirata, trovarono la morte il 23 maggio Alessio Giuliani e Flaminia Giordani. La vittima è Antonio Trivigno, che a bordo della sua Citroen C3, viaggiava in compagnia della sorella Valentina, 22 anni e il fidanzato di lei Nicola Telesca. La dinamica dell'incidente è quella di sempre. Intercettato da un auto della polizia mentre viaggiava a bordo di un furgone rubato poco prima, il moldavo si dava alla fuga per le vie di Roma tallonato dalle forze dell'ordine. Per cercare di farla nuovamente franca e senza pensare al pericolo che stava provocando, ha deciso di passare l'incrocio tra viale Regina Margherita e via Nomentana a 170 all'ora, centrando in pieno l'auto dei giovani italiani. Un urto micidiale che proiettava la vettura contro un palo (vedi foto) rimanendovi incastrata, tanto che i vigili del fuoco hanno dovuto lavorare di fiamma ossidrica per diverso tempo prima di poter estrarre i giovani. Per lo studente Antonio Trivigno, ancora vivo, inutile era la corsa all'ospedale Umberto I giungendovi cadavere, mentre agli altri occupanti della vettura, la sorella Valentina e il suo fidanzato, venivano riscontrate fratture al bacino per entrambi con prognosi di 45 giorni. "Se una persona colpita da un decreto di espulsione si trova ancora libera di circolare sul nostro territorio, allora c'è qualcosa che non va" ha dichiarato il sindaco di Roma Gianni Alemanno. "Basta con foglietti consegnati alle persone che devono essere espulse e che invece rimangono in città per chissà quanto altro tempo". Anche il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha commentato amaramente quest'ennesimo atto criminale da parte di un irregolare: "Nel decreto, prevediamo infatti norme più efficaci per arrivare all'espulsione dei criminali". Ad Accentura, il paese in provincia di Matera da dove provenivano i ragazzi, il giorno dei funerali sarà proclamato lutto cittadino, che speriamo sia l'ultimo causato da delinquenti stranieri, irregolarmente in Italia e con licenza di uccidere. (Gericus)

giovedì 17 luglio 2008

IMPRONTE DIGITALI

Ai tempi della scuola media, mi ricordo che il dottore mi prescrisse un cucchiaio di olio di fegato di merluzzo da prendere tutti i giorni prima dei pasti. Era talmente schifoso che dopo il primo cucchiaio mi rifiutai di prenderne altri. Mio padre, per convincermi che non era poi così cattivo, mi disse: "Guarda, lo prendo anch'io", e lo buttò giù. E così, il poveruomo continuò a farlo tutti i giorni, affinché io ingurgitassi senza problemi la mia dose quotidiana. Perché questo ricordo? Perché mi fa pensare alla legge sulle impronte digitali ai rom, sacrosanta, tacciata però da più parti come "discriminatoria", pertanto, per aggirare l'ostacolo -ecco il paragone con mio padre- allargata a tutti, italiani compresi. Io, personalmente, non trovo niente di scandaloso a "sporcare i miei polpastrelli" di inchiostro, anzi, non avendo nulla da temere, mi presterò ben volentieri a questa bisogna. Ma la domanda che mi pongo è questa: Ma perché in Italia si osteggiano leggi che vanno tutte a vantaggio della società civile? L'emergenza che si pone, infatti, è quella di dare una riconoscibilità legale -con annessi e connessi- ai rom che invadono le nostre città, a quei soggetti che una volta pizzicati con le mani nel sacco, forniscono alla polizia un infinità di alias, e che per questa ragione riescono il più delle volte a farla franca. Sapere esattamente con chi si ha a che fare, serve a togliere dalla strada bambini di identità sconosciuta che entrano nelle nostre case spinti dai loro genitori o pseudo tali, e che se ritornano "in baracca" senza bottino, sono pestati e a volte -come abbiamo appreso recentemente grazie ad intercettazioni telefoniche- addirittura violentati. Prendere le impronte ai rom però è "discriminatorio" controbatte una certa classe politica a corto di idee. Bene. Quali proposte portano allora per ovviare a questa decisione? Non saremmo poi neppure i primi in Europa -o nel mondo- ad adottare questa possibilità, dato che le impronte agli stranieri vengono già prese in Belgio, Israele, Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna e Francia. Quindi? (Gericus)

lunedì 14 luglio 2008

E PER PRANZO UN MENU DI VERMI E INSETTI...

E' l'ultima moda, e poi, lo dicono anche i nutrizionisti: gli animali a sei zampe garantiscono un equilibrato apporto calorico e nutritivo. E aggiungono ancora: "Mangiate pure ragni e mosche che sono gustosi, sono alimenti buoni, prelibati, e al tempo stesso sottoutilizzati". Ecco fatto. E dal momento che in Italia si sa che l'assurdo fa 'trend', prepariamoci
all'apertura di ristoranti per "insettivori" ed esperti culinari che abbandonata la 'nouvelle cuisine' -era l'ora!- discetteranno sulla bontà del grillo arrosto, dei vermi in salamoia e magari, degli scarafaggi al guazzetto. E non ci siamo lontani, perché recentemente è stata organizzata al Museo di Scienze naturali di Bergamo una serata di entomofagia, dove la gente -a sentire ciò che si scrive sul "Giornale" di oggi- "ha divorato tutto senza problemi". Per persone dal vomito facile quindi, meglio non leggere neppure il menu della serata. Antipasto: Spiedini di tarme della farina, tarma americana e camole del miele con pomodoro e formaggio, oltre a larve e gamberetti 'al naturale'. Passando ai primi piatti poi, scelta tra riso al curry con grilli neri croccanti e tarme della farina, insaporito da semi di papavero piccanti; Insalata russa di gamberetti con pomodorini e tarme americane (vermi giganti); Bachi da seta fritti in foglie. Se i conati di vomito ancora non preoccupano, passiamo al dolce: Camole del miele e cavallette intere ricoperte di cioccolato oppure caramellato, e per finire la frutta, con Macedonia di stagione con cavallette e tarme assortite oppure melone e anguria con cavallette e camole. Mangiare "sano" dunque, perché sempre i nutrizionisti, pontificano che "100 grammi di insetti contengono quantità di proteine, calcio e ferro tali da far fare "una magra figura alla bistecca". Una prova? il "Gryllus bimaculatus", -per tutti il 'grillo nero'- contiene ogni 100 grammi 12,9 di proteine, 30,9 di calcio, 7,7 di ferro e soltanto 5,5 di grassi, capito? E le famose "cavallette"? Mangiamole a sazietà, perché quelle giganti contengono 20,6 grammi di proteine e 35,5 di calcio in più di una bistecca di manzo. Ce n'è per tutti, anche per quelli che "il pesce fa sempre bene". In Thailandia, ad esempio, hanno già abbandonato il pescato, poiché è molto più nutriente mangiare rane e serpenti. A Londra i ristoranti "vip" servono già "insalata di formiche giganti", e in Italia, patria della buona cucina, si parte adesso Dalla dieta cosiddetta "mediterranea" e apprezzata in tutto il mondo, a quella del "coleottero". Tra breve, ne sono certo, in tivvù qualcuno lo dirà che "un verme al giorno toglie il medico di torno"... (Gericus)
[foto: vermi e cavallette al naturale]

domenica 13 luglio 2008

CHI HA UCCISO CHIARA POGGI?

E' passato quasi un anno dall'omicidio di Chiara Poggi, 26 anni. (foto) Era il 13 agosto, quando il fidanzato di Chiara, Alberto Stasi, 24 anni, telefonò al 118, dove con voce trafelata, riferì all'operatore del soccorso di aver trovato la fidanzata a terra e "forse morta". Gli investigatori, dopo diversi giorni di indagine, puntarono il loro interesse proprio su lui, e da allora, Alberto Stasi è rimasto l'unico indiziato per quell'orrendo crimine. Il cosiddetto "omicidio di Garlasco" ora però è arrivato alla fine del percorso inquisitorio, pertanto con il prossimo mese, scadendo i termini, c'è il rischio che il caso venga archiviato. Due le strade da percorrere per i giudici per far si che ciò non accada: chiedere una proroga al gip elencando quali e quanti importanti accertamenti ci sono ancora da fare per inchiodare l'assassino, o chiudere l'indagine con le prove finora raccolte, portando in tribunale il "presunto colpevole" col rischio di incappare in una assoluzione per "insufficienza di prove". Un indagine per molti versi nata male e continuata ancor peggio, se pensiamo che finora non è stato appurato neppure con quale arma sia stata massacrata la ragazza, se non -come ultimamente è stato ipotizzato-, con un martello, dato che il papà della vittima non lo ha più trovato tra i suoi utensili. Alberto Stasi, dopo il fermo effettuato dai carabinieri a seguito di incongruenze riscontrate nel suo lungo interrogatorio durato 26 ore, venne scarcerato pochi giorni dopo poiché non furono trovati "gravi indizi di colpevolezza a suo carico", e tra questi indizi, anche quelle tracce di Dna della vittima rinvenute dai Ris sui pedali della sua bicicletta. Ora, al giallo, si aggiunge altro mistero, come si scrive su "La Provincia Pavese": "Alberto Stasi vuole andarsene in Svizzera". Voci dicono infatti che sia l'attività del padre che la grande villa degli Stasi siano state messe in vendita. E' il preludio di una fuga? Secca la smentita dell'avvocato di famiglia: "Solo malignità. La vita degli Stasi è a Garlasco e da qui non si muovono". E mentre il caso sembra ben lungi dalla sua conclusione, i genitori di Chiara attendono con ansia di sapere chi e perché, un anno fa, abbia massacrato con tanta ferocia la loro figlia. (Gericus)

sabato 12 luglio 2008

VALENTINA: LA VIOLENZA CHE UCCIDE

Valentina Cavalli (foto) aveva 22 anni, quando una sera passeggiando assieme al fidanzato in un parco di Milano, fu sequestrata da tre giovani arrivati improvvisamente. Immobilizzato il fidanzato, due degli aggressori stuprarono a turno Valentina. Era una calda sera di giugno del 2002. Valentina, da quella brutale violenza, non si sarebbe più ripresa. Era una bella e dolce ragazza Valentina, e il suo futuro era tutto a portata di mano, con quel suo grande desiderio di diventare stilista e quell'amore pulito per Lorenzo, il suo ragazzo. Ma la violenza, è una ferita che non si rimargina, scava internamente e non ti lascia sognare. La sua vita infatti finì in quel parco, su quel marciapiede dove i due delinquenti abusarono di lei. Cambiò città, amicizie e scuola, nella speranza di superare il trauma, di ritrovare la gioia di vivere. Era anche una ragazza forte Valentina, e nonostante tutto pensava di farcela a ritrovare il sorriso di sempre, la gioia dei suoi anni, i sogni di ragazza. Poi, la certezza della sconfitta, perché le ombre del passato erano tuttora presenti, erano mani che ancora sentiva sul suo corpo, come l'alito schifoso dei due bruti sul suo viso. E ha deciso di farla finita. Per non soffrire più. (Gericus)

QUESTO PAZZO, PAZZO, PAZZO TRIBUNALE...

La legge si sa, è come la trippa: a volte la trovi dura altre morbidissima. La Cassazione poi è quell'Istituto che in quanto a originalità, mette spesso la ciliegina sulla classica torta. E guardiamo dunque cosa sancisce l'ultimo giudizio prima di quello... universale. Lo stupro? Non è reato se la ragazza che subisce la violenza indossa dei jeans, e il motivo -secondo i giudici- è semplice: sono talmente difficili da toglierli che diventa impossibile senza la partecipazione di chi li indossa. Quindi se violenza c'è stata, lo si deve in buona parte alla donna. E passiamo ad altro. Hai violentato la tua ex? Se sei sardo te la cavi. Questa sentenza -offensiva- arriva però dalla magistratura tedesca, dove un cameriere colà residente, torturò e violentò per giorni l'ex fidanzata. Lo salvò dal carcere solo il suo arrivare dalla Sardegna, dai giudici considerata come una terra dalla cultura arretrata -al pari del Mato Grosso-, e quindi, perdonabile. Altro caso. "Sei un fascista!". Pronunciare questa frase a qualcuno per la Cassazione è un reato, anche se solo... a metà. Secondo un distorto ragionamento infatti, puoi urlarlo in faccia ad un politico ma non ad un semplice cittadino. Dare del "comunista" a qualcuno però è ammesso senza incorrere nella querela. Atti osceni? In strada si ma non in ascensore. Pur essendo un luogo pubblico, si intende che una volta in movimento e a porte chiuse, questo diventi "un alcova privata" poiché lontana da occhi indiscreti. In ascensore dunque si può fare il "maiale", a patto che questo sia di legno e non in materiale trasparente. Un altra chicca. Non puoi dare della "puttana" neanche ad una "puttana". Per aver proferito tale epiteto alla moglie durante un litigio familiare, l'uomo è stato condannato dai giudici, poiché tale espressione "non la si può rivolgere a nessuna donna, anche se questa in passato esercitava la professione di prostituta". L'ultima stramberia fresca fresca? E' stata pronunciata dal tribunale qualche giorno fa: sei rasta? Puoi farti come e quando vuoi. E' successo ad un giovane in treccine, cui la polizia aveva sorpreso con una discreta quantità di marijuana addosso. In tribunale subito il chiarimento: la sua religione gli permette infatti l'uso quotidiano di 10 grammi di "erba", perciò, tutto chiaro e legale. Per i cattolici e tutti gli altri invece, niente "bonus", ma in galera... (Gericus)

venerdì 11 luglio 2008

ELUANA, QUELLA VITA CHE NON C'E'

Sedici anni di non vita. Eluana Englaro (foto) aveva 19 anni in quel maledetto 18 gennaio del 1992. Sogni, amori, futuro tutto da vivere. La sua corsa incontro alla vita si fermò quel giorno, un sabato, in seguito ad un incidente stradale nel quale la sua auto si schiantò contro un muro. Riuscirono a salvarle la vita i medici dell'ospedale di Lecco, poi, il baratro del coma, quel sonno "quasi morte" che inghiottì le ultime speranze di un ritorno alla vita reale. Gli anni che passano sfiorano Eluana, come un fiore una volta splendente e ora immobile sulla tela del pittore, senza un alito di vento che lo scuote, senza il ritmo del giorno e della notte, dell'alternarsi delle stagioni. Il dilemma: è vita questa? E' vita assistere inermi al tempo che passa? E' vita "vivere vegetando" lontani dal presente e fermi al passato? Da sedici anni, il mondo di Eluana è quella stanza in cui giace assente e il suo unico aggancio alla vita sono i tubi dei macchinari per l'alimentazione e per l'aria che entra forzatamente nei suoi polmoni. C'è un limite allo strazio? I genitori di Eluana hanno pianto tutte le lacrime, patito tutte le sconfitte e bruciato tutte le speranze. "Se dovesse accadermi qualcosa cui mi impedisse di vivere una vita normale, preferirei la morte" disse un giorno di tanti anni fa Eluana. Beppino Englaro, il papà di Eluana, dopo battaglie infinite, oggi vuole rispettare la volontà della figlia, che al di là di tutto, "conta più di ogni cosa". Giovedì scorso, la Corte d'Appello, dopo aver accertato "la straordinaria durata del suo stato vegetativo permanente e la visione della vita", ha autorizzato la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione. Quanto amore ci vuole affinché sia rispettata la volontà di Eluana Englaro, bambina diventata donna a sua insaputa... (Gericus)
[foto tratta da Zadig.it]

giovedì 10 luglio 2008

LA MORTE A "LOW COST"...

Lloret de Mar - Lo hanno preso. Victor Diaz Silva, 28 anni, uruguaiano, qui conosciuto come "el gordo" ha confessato: "Si, l'ho uccisa io Federica". I motivi ancora non sono noti, anche se quelli, alla luce dei fatti, ormai sono solo dettagli. Si tratta solo di sapere chi l'ha aiutato a sbarazzarsi del cadavere di Federica Squarise, la giovane padovana giunta pochi giorni prima dell'omicidio su quella spiaggia da "ultimo girone" dantesco, dove anche morire di morte violenta -è già successo ad altre due ragazze- è tutto "compreso nel prezzo". Lui, l'uomo senza passato, senza futuro ma anche senza documenti in regola, era approdato a Lloret de Mar come un naufrago alcuni anni fa. Espedienti, qualche amico, un paio di pantaloni e una maglietta, e in estate, sbarazzare i tavoli in qualche discoteca giusto per pagarsi da bere. E poi, si dice, sesso a volontà grazie a turiste "no limits", facile, a buon mercato, e a volte anche remunerato. Federica Squarise, ragazza di buona famiglia e dai sani principi morali -quindi ben lontana dall'essere una "preda facile"-, ha rappresentato il classico granello di sabbia che blocca un ingranaggio altrimenti ben funzionante. Le ultime immagini in vita di Federica la ritraggono accanto al suo carnefice (foto) poche ore prima della morte. Il suo sorriso è dolce e pulito, quasi imbarazzato in quella in cui l'assassino la bacia sulla guancia. L'orrore arriva poco dopo, sicuramente davanti al suo diniego ad un rapporto sessuale. "Spero che al suo assassino sia riservata la stessa sorte toccata a mia figlia" dice tra le lacrime Ruggero Squarise, il papà di Federica. Sulla spiaggia di questo centro turistico intanto la "movida" va avanti, con il sindaco Xavier Crespo che difende a spada tratta la sua cittadina: "Lloret de Mar non è come l'hanno dipinta, cioè droga e 'borracita'. E' un luogo di villeggiatura conosciuto e tranquillo". Certo. Vacanze "low cost", dove anche morire è compreso nel prezzo...
(Gericus) [foto tratta da Sky]

mercoledì 9 luglio 2008

JIM MORRISON: LA FINE DEL MITO...

Non ci voleva proprio. Ma come? Io ho pianto calde lacrime quando ho saputo che è morto, l'ho venerato nei ricordi, e ora, dopo 37 anni, vengo a sapere che Jim Morrison, (foto) il leader maledetto dei Doors, la Musa, il Genio e il Male, è sano, vegeto e vive nientemeno che alle Seychelles! Lui? Quello che bruciava le folle adoranti col suo "Light my fire"? Quello che malediva la vita e tutti i suoi simili affogando affanni e mostri in alcool, sesso e droga? Mi sento preso in giro, perché ho orrore nel pensarlo come uno dei tanti pensionati in bermuda, canotta e sandali lungo spiagge tropicali, con mano tremolante e gocciolina al naso, magari pieno di acciacchi e memore di successi stratosferici e donne senza un domani. Diavolo di un Ray Manzarek, tastierista dei mitici Doors, perché è lui che oggi viene fuori con una verità scioccante: "Macché morto. Jim mi mostrò una brochure delle Seychelles e mi disse che quello sarebbe stato un posto perfetto per scappare, facendo credere a tutti che sei morto". E la telefonata della sua morte giunse infatti poco dopo, la mattina del 3 luglio 1971. Fu Bill Siddons, il loro impresario a comunicarla da Parigi al resto della band. "Pensai alle solite chiacchiere" continua Manzarek, "anche perché nessuno di noi vide mai la salma di Jim". Ma allora chi è sepolto nel cimitero di Parigi, dove sulla pietra tombale si legge "James Douglas Morrison, 1943-1971", e sotto ancora, in lingua greca "Kata ton daimona eatoy", ovvero "secondo il suo proprio destino"? No, non si uccide così un mito, uno che oltre 37 anni fa scrisse che "Se una mattina ti svegli e non c'è il sole, o sei morto o sei il sole". Mannaggia ad un Manzarek! Come si fa, uno del genere, a pensarlo in pensione al mare in sandali e calzini... (Gericus)

BENTORNATA "FIAT 500 ABARTH".

Negli anni Sessanta o giù di lì, avere una Fiat motorizzata Abarth era il massimo per un giovane. Mi ricordo che i più fortunati -e certamente di famiglia granarosa- potevano permettersi autentici bolidi quali la Seicento o la Cinquecento Abarth, e noi lì, a sospirare "magari un giorno me la potrò permettere pure io". Motorizzazioni sportive Abarth che fecero la storia della Casa torinese, con la mitica Fiat "124" e poi la "131", letteralmente considerate "l'ammazza rally" per via che non lasciavano scampo alle avversarie. Oggi la Fiat torna sul mercato con la nuova "500" all'insegna della sportività targata Abarth, e il sogno si rinnova. E' veramente bella nei suoi colori "bianco/rosso" la nuova "500" dello 'Scorpione', (foto) e le prestazioni non sono da meno: Nella versione con motorizzazione 1.4 a 16 valvole turbo, 135 sono i cavalli sviluppati e la coppia massima è di 180 Nm, velocità 205 chilometri all'ora e con un accelerazione da 0/100 orari in 7,9 secondi. L'interno poi, interamente ridisegnato, offre volante, pedaliera e sedili avvolgenti, rispecchiando appieno lo spirito sportivo "e cattivo" della vettura. Per gli amanti della velocità tirata al massimo infine, c'è la "500 Abarth Assetto Corse" dedicata esclusivamente alle competizioni su pista, alleggerita di 180 kg, carreggiata più larga e ruote da 17 pollici, con un propulsore 1.4 da 200 cavalli e con una coppia di 300 Nm. La splendida vettura, oltre che in Italia, è già in vendita nei concessionari Abarth in Germania, Regno Unito, Francia, Svizzera, Austria, Paesi Bassi e Grecia, e il suo prezzo parte da 18.500 euro in su. Bentornata dunque "500 Abarth", e chissà, che magari oggi... (Gericus)

lunedì 7 luglio 2008

E' DI FEDERICA IL CORPO RINVENUTO IN UN BOSCHETTO?

Brutte nuvole nere si addensano sulla vacanza a Lloret de Mar in Spagna di Federica Squarise, la giovane 21enne di Camposanpiero (Padova), scomparsa misteriosamente il 30 giugno scorso. Oggi, infatti, la polizia spagnola, dietro segnalazione di abitanti della zona, ha trovato il corpo di una ragazza in un boschetto a pochi chilometri da Lloret de Mar, completamente nudo e in avanzato stato di decomposizione. Ad un primo e sommario esame, i medici legali hanno rinvenuto anche un tatuaggio sui miseri resti, un particolare che ha collegato questo ritrovamento alla scomparsa della ragazza italiana, dal momento che anche Federica ne ha due, uno sul collo dietro ad un orecchio e l'altro su un piede. "Purtroppo pare che sia proprio il corpo di Federica" ha commentato amaramente Aldo Pardo, uno dei due legali della famiglia Squarise. Una maglietta bianca infine è stata trovata nella mattinata sulla spiaggia di Lloret de Mar e si ritiene possa appartenere a Federica. Lo ha riferito l'altro avvocato Giovanni Belsito: "Stiamo facendo esami di laboratorio per appurare se la maglietta sia di Federica, nella speranza di trovare eventuali tracce di Dna per risalire al suo proprietario". E mentre la polizia spagnola lavora sul corpo ritrovato sperando di potergli presto dare un nome, tuttora i sospetti rimangono puntati su un certo Victor Diaz Silva, 30 anni, il giovane uruguaiano che sicuramente è stato l'ultimo ad aver visto in vita Federica Squarise. E' destinata a chiudersi dunque con una tragica notizia la vacanza della giovane padovana? (Gericus)

sabato 5 luglio 2008

NON VEDO IL MONTE BIANCO? PAGATE

AOSTA - C'è un prezzo per non poter vedere più... il Colosseo? E non scorgere più dalla finestra la Torre di Pisa? E per non poter più ammirare la Basilica di San Pietro? Se fino ad ora non è mai stato stilato un preziario simile, da oggi si sa con certezza che oscurare alla vista la vetta del Monte Bianco costa oltre 100.000 euro. Ed è questa infatti la cifra che è stata avanzata alla Comunità Montana della Valdigne (Valle d'Aosta), da una turista francese che negli anni addietro aveva comprato una casa a La Salle con vista sulla Catena del Bianco. Ora, un ponte che si sta costruendo per scavalcare la Dora (foto) e situato ad una ventina di metri dalla casa, a detta dei turisti in questione "deprezzerebbe il valore dell'immobile proprio a causa di quella vista negata". Negli uffici della Comunità Montana -commissionaria dei lavori con finanziamenti regionali- dove nei giorni scorsi è stata recapitata "in via confidenziale" questa lettera, il responsabile del Circolo di Realizzazione del Ponte, geometra Salvatore Bencardino non nasconde il suo stupore: "Un opera di questo tipo non si realizza in un attimo, perché prima di aprire il cantiere, c'è tutta una procedura avanti, progetti, modifiche e altro ancora. E il tutto naturalmente, approvato dal Piano regolatore". Quindi una lettera caduta nel vuoto? "I proprietari della casa hanno scritto, e noi abbiamo risposto". Ovvero? "Che secondo noi non ci sono gli estremi per un'azione risarcitoria nei loro confronti". E i lavori intanto vanno avanti per quel ponte a tre arcate tutto in pietra a vista che misura 54 metri di lunghezza, 6,50 di larghezza, e che scavalcando la Dora Baltea, unirà la frazione di Chabodey a quella di Pautex di Morgex dopo un percorso "turistico e ciclabile" di 2 chilometri e mezzo. Ma la vista negata del Bianco allora? Si vede... si vede... E' talmente alto che lo vedi già 5 o 6 chilometri prima di La Salle... (Gericus) [foto copyright]

ORGASMO, QUESTO SCONOSCIUTO...

Sono oltre 26.000 le donne provenienti da 26 Paesi, intervistate dai ricercatori della "Sexual Wellbeing Global Survey", e i risultati venuti fuori da questo studio sono a dir poco sconcertanti, poiché secondo tale ricerca, solo il 32% delle donne ascoltate raggiunge regolarmente l'orgasmo. Per settanta donne su cento dunque il piacere sessuale è un qualcosa di astratto, di irraggiungibile, pertanto che fare? Ricorrere allo psicologo o al medico? Parlarne col proprio partner per cercare di risolvere in due la situazione? Tutte strade percorribili, ma di lunga gittata. Ecco allora che la medicina arriva in soccorso di queste donne che spesso fingono di raggiungere l'orgasmo per non sembrare delle aliene, ma che in realtà vivono il rapporto di coppia in maniera sempre più frustrante. Per il momento, i medici specificano che il ritrovato "aiuta solo chi già prova, anche se in misura minima, il piacere", pertanto può essere l'inizio per un qualcosa di più appagante. Ma di cosa si tratta? E' una pomata stimolante, che distribuita uniformemente nella zona della clitoride, "favorisce e intensifica l'orgasmo grazie ad una formula in grado di stimolare l'afflusso del sangue, aumentando così le sensazioni percepite", aggiungendo inoltre, che il ritrovato "accresce anche il desiderio." Il prodotto, come conferma Alessandra Graziottin, direttore del Centro di ginecologia e sessuologia medica dell'ospedale San Raffaele Resnati, "è assolutamente innocuo, poiché gli ingredienti sono tutti naturali, e in più riveste un ruolo importantissimo il fatto stesso di massaggiare la clitoride, che predispone una situazione favorevole al piacere". Il gel in questione, prodotto, della Durex, è già in commercio nelle nostre farmacie. (Gericus)

giovedì 3 luglio 2008

Mogol: non tutte le ciambelle...

Si, non tutte le ciambelle escono con il buco, perché a volte, i grandi pasticceri o per fretta o per distrazione non riescono nell'intento. Anche nel campo dell'arte, della cultura, a volte capitano casi simili, ma non per distrazione o altro, così, solo per "un momento no". Pure il grande Modigliani infatti non sfuggì a questa regola, tanto che dopo un paio di tentativi di sculture in pietra non perfettamente riuscite, questi, preso dallo sconforto le gettò nel fosso di Livorno per disfarsene una volta per tutte. Oggi, qualcosa di simile capita ad un grande della nostra musica nazionale, a colui che assieme ad un altro "grande", Lucio Battisti, ha firmato le più belle melodie della nostra epoca. Parlo di Giulio "Mogol" Rapetti, (foto) poeta sublime di liriche che resteranno nella storia della musica contemporanea, colui che ha firmato tutti i più grandi successi italiani portati avanti da gente come Mina, Celentano, Morandi... per non parlare di Battisti. Immagini, emozioni, sensazioni senza fine grazie alle sue parole "vestite" dalle armonie battistiane. Chi non si è ritrovato per esempio in quel "Io lavoro e penso a te... torno a casa e penso a te, le telefono e intanto penso a te"... e quando invece il cuore scoppiava per un bruciante addio, non ci veniva voglia di "Prendere a pugni un uomo solo perché è stato un po' scortese, sapendo che quel che brucia non son le offese..."?, il tutto, dopo aver seguito in silenzio "il volo di un airone sopra il fiume"... Poesia, armonia, perfezione di suoni e parole... poi la ciambella senza il buco, quel "La mia valle" donata -dietro cospicuo compenso- appunto, alla Regione Valle d'Aosta. Chissà, forse un tentativo di spot pubblicitario, un regalo grazie alle molte "aspiranti star" locali confluite al Cet (Centro Europeo di Toscolano) ... forse uno scherzo... Non potrebbe essere altrimenti, perché il paragone con il Mogol di sempre è stridente, e questo inno alla Valle d'Aosta, diciamolo francamente, è proprio brutto, sia nel testo che ancor di più nella melodia: "La mia Valle è verde e bella, i cavalli nella stalla sono pronti per partir... [...] l'acqua scende giù dai monti, trasparente come i canti della gente che io amo, e che è nata qua... [...] Io vivo qui, tutt'intorno a noi aria pura e poi, tutto il bene che vivere puoi, vola un aquila sale rapida, si allontana lontana, chissà dove andrà..." Coraggio, niente panico. E' solo una ciambella senza buco...

L'AUTO COME PISTOLA

GENOVA - Fuggire con l'auto rubata, fuggire a tutti i costi nello zigzag cittadino. Di certo non pensava a fermarsi quando le sirene della polizia lo tallonavano, né tanto meno a moderare la velocità nel traffico della sera. Quando ormai ha visto che stava per essere raggiunto, il delinquente ha sterzato improvvisamente a destra entrando in una strada a senso unico. Andrea Grassi, uno studente diciassettenne in sella al suo scooter aveva la sfortuna "di essere lì". Aveva la sfortuna di aver scelto proprio in quel maledetto martedì di raggiungere il gruppo di amici che lo stavano aspettando per una serata come tante, e per di più proprio alle 21.15, proprio nel momento in cui un delinquente -forse uno dell'Est- aveva deciso di rubare un auto. E' rimasto in terra tra i rottami del suo scooter Andrea, dopo un volo contro il parabrezza della vettura e una rovinosa caduta sull'asfalto di via Maritano, quella strada tutte curve che dalle colline porta fino al Ponente genovese. Il criminale se l'è data a gambe, pur se la polizia non dispera di mettergli le mani addosso quanto prima, grazie anche alle testimonianze ben dettagliate del fuggitivo portate da dei testimoni oculari del dramma. Rabbia degli amici, numerosi, di Andrea, per questa morte assurda e vigliacca che ha colpito un ragazzo pieno di vita, che giocava al pallone e che per racimolare un po' di soldi per le uscite con gli amici, consegnava pizze a domicilio durante le vacanze. Sconcerto invece per le parole del padre di Andrea: "Sono pronto a perdonare l'investitore". Bisogna capirlo. Il dolore a volte fa brutti scherzi... (Gericus)

martedì 1 luglio 2008

"CULTURA NOMADE"...

AOSTA - Nella fredda mattina di un dicembre di qualche anno fa, una donna valdostana notò nella zona di Saint Martin de Corleans, una nomade con in braccio un bambino di un paio d'anni. Quello che però colpì la valdostana, fu quel bambino a piedi scalzi nel gelo di quell'inverno. La zingara, incurante di tutto ciò, tendeva con insistenza la mano ai passanti della via. Intenerita da quella visione e tanto più madre anche lei di un bambino all'incirca della stessa età, la signora valdostana corse in casa e tornò in strada con un paio di calze di lana e un paio di scarponcini con pelo che aveva comprato per suo figlio. "Tieni, mettili ai piedi del bambino, che con questo gelo potrebbe prendersi una polmonite". La zingara non mostrò nessun interesse a quel dono inatteso, ma nonostante ciò, mise calze e scarpe al bambino. Senza un grazie riprese la sua opera di mendicità. Tre giorni dopo, in un altra zona della città, la 'donatrice' notò la stessa nomade con lo stesso bambino in braccio rimanendo scioccata: era di nuovo a piedi scalzi. Non c'è da meravigliarsi dunque dello sfruttamento dei piccoli, non è una novità, ma grazie a dio oggi una legge tutelerà i piccoli rom dagli abusi di genitori o pseudo tali. Lo scandalo -ma chi lo metteva in dubbio?- è esploso giusto ieri, quando attraverso intelligenti investigazioni, la squadra mobile di Verona è riuscita a mettere le manette ad una banda di genitori rom che mandavano i figli, bambini tra i 7 e i 12 anni a rubare, dirigendoli addirittura via cellulare durante le intrusioni in ville o appartamenti. La ricompensa? Botte o violenza sessuale per chi non riusciva a portare a casa una buona refurtiva, tutto registrato su nastri durante numerose intercettazioni telefoniche. Otto "genitori", (sic!) tutti di nazionalità croata, sono finiti dunque in manette e i sei bambini, quattro femmine e un maschietto -che solo a Verona nel giro di 23 giorni hanno messo a segno 47 colpi-, spediti in un centro di accoglienza. Fine del business dunque sulla pelle dei figli, entrate sicure che avevano permesso loro di comprare tre o quattro ville nel loro Paese, e che con tanta sfacciataggine avevano immortalato in foto rinvenute sulle loro vetture. Non catorci, ma fiammanti Mercedes o Bmw... (Gericus)