Soffia un brutto vento in Italia, un vento da "sfida all'Ok Corral", o se preferiamo, da "Mezzogiorno di fuoco". Si uccide per tre biscotti rubati, per una rapina in gioielleria, e si prendono a botte due ragazzi rei -almeno così li si accusano- di aver rubato qualcosa in un supermarket. Se a lasciarci le penne il più delle volte è un extracomunitario colto con le mani nella marmellata, la stessa fine la fa anche il più bianco degli italiani. Con troppa superficialità, nel primo caso si parla subito di "razzismo" -poiché riempie così tanto la bocca e fa molto 'radical chic'-, mentre nel secondo, o non se ne parla più di tanto, o il caso viene etichettato come "una tragica fatalità". Il punto invece è un altro e ben molto più grave: questa sete di giustizia, arriva dalla scomparsa totale della "Giustizia" con la G maiuscola, quella di cui deve farsene carico lo Stato e che si applica nei tribunali. E' lì, in quelle aule dove troneggia il motto "La legge è uguale per tutti" che proprio la Legge latita, e se a volte c'è, è sempre insipida, poiché non rende serenità a chi ha subito un torto, ne tanto meno è sufficiente a lenire il dolore di un parente a cui è stato tolto un familiare. In molti casi poi, ne aumenta il rancore. Pertanto, non è strano in certi casi e magari inconsciamente, sentirci più vicini al giustiziere che non alla vittima, riuscendo perfino a comprendere lo sfogo di chi pronuncia parole tipo "se quello ce l'avessi tra le mani" e chi, al pernicioso "chiedo perdono" risponde con secco "mai"! In questa nostra società del "tiriamo a campà", si assiste così allo strappo tra società e magistratura, e al pressante desiderio di una Giustizia che ristabilisca gli equilibri, rapida ed esemplare. L'assassino che uccide di nuovo perché un magistrato lo ha rimesso in libertà "pur vigilata", è uno schiaffo alla Giustizia stessa, è un 'non sense' del codice penale, un terreno fertile dove cresce e si rafforza la giustizia-fai-da-te. Quella di Charles Bronson nel "Giustiziere della notte", o del signor tal dei tali esasperato dall'ennesimo furto di biscotti. (Gericus)
martedì 30 settembre 2008
TUTTI I NODI VENGONO AL PETTINE
Soffia un brutto vento in Italia, un vento da "sfida all'Ok Corral", o se preferiamo, da "Mezzogiorno di fuoco". Si uccide per tre biscotti rubati, per una rapina in gioielleria, e si prendono a botte due ragazzi rei -almeno così li si accusano- di aver rubato qualcosa in un supermarket. Se a lasciarci le penne il più delle volte è un extracomunitario colto con le mani nella marmellata, la stessa fine la fa anche il più bianco degli italiani. Con troppa superficialità, nel primo caso si parla subito di "razzismo" -poiché riempie così tanto la bocca e fa molto 'radical chic'-, mentre nel secondo, o non se ne parla più di tanto, o il caso viene etichettato come "una tragica fatalità". Il punto invece è un altro e ben molto più grave: questa sete di giustizia, arriva dalla scomparsa totale della "Giustizia" con la G maiuscola, quella di cui deve farsene carico lo Stato e che si applica nei tribunali. E' lì, in quelle aule dove troneggia il motto "La legge è uguale per tutti" che proprio la Legge latita, e se a volte c'è, è sempre insipida, poiché non rende serenità a chi ha subito un torto, ne tanto meno è sufficiente a lenire il dolore di un parente a cui è stato tolto un familiare. In molti casi poi, ne aumenta il rancore. Pertanto, non è strano in certi casi e magari inconsciamente, sentirci più vicini al giustiziere che non alla vittima, riuscendo perfino a comprendere lo sfogo di chi pronuncia parole tipo "se quello ce l'avessi tra le mani" e chi, al pernicioso "chiedo perdono" risponde con secco "mai"! In questa nostra società del "tiriamo a campà", si assiste così allo strappo tra società e magistratura, e al pressante desiderio di una Giustizia che ristabilisca gli equilibri, rapida ed esemplare. L'assassino che uccide di nuovo perché un magistrato lo ha rimesso in libertà "pur vigilata", è uno schiaffo alla Giustizia stessa, è un 'non sense' del codice penale, un terreno fertile dove cresce e si rafforza la giustizia-fai-da-te. Quella di Charles Bronson nel "Giustiziere della notte", o del signor tal dei tali esasperato dall'ennesimo furto di biscotti. (Gericus)
sabato 27 settembre 2008
AZOUZ MARZOUK: UN BIGLIETTO PER TUNISI
venerdì 26 settembre 2008
PROCESSO MEREDITH: ATTO SECONDO
Perugia - Sono passati dieci mesi da quando le loro strade si separarono, ed ora eccoli di nuovo insieme, Amanda Knox, Raffaele Sollecito e Hermann Guedè, tutti e tre davanti al Gup Paolo Micheli per rispondere del delitto di Meredith Kercher, (foto) la giovane studentessa inglese uccisa a Perugia nella notte di Halloween. Sono arrivati un po' alla spicciolata circondati da un nugolo di agenti della Penitenziaria e una volta nell'aula, pochi sguardi tra di loro, ognuno assorto nella proprio posizione giudiziaria. Ma più che la loro presenza, questa mattina l'attenzione era riservata al "presunto" testimone albanese Hekuran Kokomani, colui che già in recenti deposizioni, avrebbe inchiodato il terzetto alle loro responsabilità, affermando infatti che la notte dell'omicidio, questi vide senza ombra di dubbio i tre imputati aggirarsi intorno alla casa di via della Pergola, riconoscendoli uno per uno. Ed è proprio per questo motivo che Raffaele Sollecito ha voluto essere presente in aula, "per vedere in faccia chi mi accusa", e per cercare di smentire queste affermazioni, troppo lacunose e tutte da accertare. Per il resto, ognuno dei tre imputati conferma le proprie versioni rilasciate agli inquirenti nei primi interrogatori, come Rudy Guedé, il quale ammette sì di essersi trovato in casa di Meredith la sera dell'omicidio, ma di essere entrato in bagno nell'ora fatale, scoprendo il tutto una volta uscito. Non si spiega però la sua veloce fuga in Germania, quelle impronte genetiche del suo Dna sul reggiseno strappato e sul corpo della vittima. E per meglio tracciare un profilo di Guedé, l'udienza di questa mattina si è aperta con la deposizione di una ex maestra elementare dell'ivoriano, nell'ambito del processo con il rito abbreviato a suo carico. Tra Raffaele Sollecito e Amanda Knox solo una sguardo fugace. Sono lontani i giorni dell'amore, dei baci appassionati e delle tenerezze da innamorati. Dimagrito e provato per questi lunghi dieci mesi di detenzione, Raffaele Sollecitò attraverso i suoi legali -come del resto quelli di Amanda- è intenzionato una volta per tutte a smontare la testimonianza dell'albanese, spuntato dal niente dopo un mese dal delitto e con affermazioni alquanto discutibili, come quella appunto di "essersi trovato per caso lì quella sera di pioggia", mentre invece la notte tra il primo e il due novembre non pioveva affatto. Ma c'è anche un altro punto che non quadra, ovvero quell'affermazione di conoscenza vantata tra lui, Guedé e Sollecito, particolare invece smentito seccamente da ambedue gli imputati, dato che "non ci conoscevamo affatto". Lo scopo dei difensori dunque sarà proprio quello di demolire le affermazioni del 38enne albanese, ritenute dagli avvocati un insieme di calunnie, ma prese con una certa attendibilità dagli inquirenti. (Gericus)
giovedì 25 settembre 2008
IL SUPERMARKET DEL DIRITTO
Il "professor Neri", di Lettere, quando entrava in aula non voleva sentir volare una mosca. E noi, ritti al suo apparire, aspettavamo il suo "seduti" dopo che anche lui aveva preso posto alla cattedra. Di poche parole,il suo motto era "chi mi segue viene avanti con me, gli altri, restino pure indietro". Il professor Bellucci, di musica, era un non vedente. E qualcuno degli studenti se ne approfittava. Quando però durante la sua lezione su valori delle note o magari sul solfeggio in "quattro/quarti" si accorgeva che qualcuno non lo seguiva affatto e riuscendo a individuare da quale parte dell'aula fossero giunti certi bisbiglii, si 'fiondava' tra i banchi fermandosi a fianco di colui che aveva trasgredito: "Metti il quaderno sul banco" diceva nervoso al malcapitato. Dopo di che arraffava il quaderno e per punizione lo faceva in quattro pezzi, ritornando subito dopo alla cattedra. A volte ci indovinava, ma altre sbagliava di qualche passo il vero colpevole, riducendo in coriandoli il quaderno di chi non ci combinava nulla. La professoressa Marcacci di Matematica era giovane e bella. Capelli neri fin sulle spalle, la sua ora di lezione era sempre ben attesa, al di là della materia alquanto "perniciosa". Questa nostra benevolenza nei suoi confronti era dovuta a quella gonna che le lambiva le ginocchia, e dal momento che la cattedra non aveva protezione verso gli studenti, quell'ora era spesa benissimo, tanto che si faceva a gara per accaparrarci i primi banchi per una "visione" in cinemascope. L'istruttore di Ginnastica, un certo Conti, quando in palestra vedeva che qualcuno, magari alla scala o alle parallele, non seguiva alla lettera ciò che lui diceva di fare, non si faceva scrupoli. Ti chiamava, e una volta al suo cospetto, mollava uno 'sganassone' sulla spalla facendo traballare il "lavativo". "Questo si chiama effetto Maico" annunciava subito dopo, alludendo all'apparecchio per deboli di udito, Maico appunto, e che significava "ora avrai capito". Mi fa un certo effetto, leggere oggi, che la Cassazione ha confermato la condanna ad un docente di un liceo vicentino (un anno e qualche mese di reclusione!) per aver pronunciato ad una sua studentessa -sicuramente non troppo portata allo studio- "l'oltraggiosa" frase di "io ti boccio". Evvabbene, tempi che cambiano e asini che crescono. Ripensandoci, chissà, avremmo potuto farci furbi anche noi allora, e magari denunciare il professor Neri per la sua "chi mi segue va avanti con me, gli altri restino pure indietro" per questa sua "discriminante" verso i meno "secchioni". Il professore di musica lo avremmo potuto denunciare per danni e intimidazione per quel suo strappare quaderni, e infine, la bella professoressa di Matematica -ma chi mai l'avrebbe denunciata!- per "molestie e adescamento". Sicuramente qualche magistrato "nel supermarket del diritto" avrebbe pescato il giusto "codicillo" per dar manforte ai potenziali asini, che invece di applicarsi, pensavano "a quella del primo banco, la più carina, la più cretina, cretino tu"... (Gericus)
mercoledì 24 settembre 2008
JOKES- BARZELLETTA
(Inglese)An Indian dies and goes to hell. There he finds that there is a different hell for each country. Ho goes to the German hell and asks:
"What do they do here?"
He is told: "First, they put you in an electric chair for one hour. Then they lay you on a bed of nails for another hour. Then the German devil comes in and whips you for the rest of the day".
The man does non like the sound of that at all, so he moves on. He checks out the USA hell as well the Russian hell and many more. He discover that they are all more or less the same as the German hell. Then he comes to the Indian hell, and finds that there is a very long line of peolple waiting to get in.
Amazed he asks;
"What do they do here?"
He is told: "First they put you in an electric chair for an hour. Then they lay you on a bed of nails for another hour. Then the Indian devil comes in and whips you for the rest of the day".
But that is exactly the same as all the others hells, so, why are there so many people waiting to get in?
"Because maintenance is so bad that the electic chair does not work, someon has stolen alla the nails from the bed, and the devil is a former Govt servant, so he comes in, signs the register and then goes to the cafeteria..."
(Italiano)
Un indiano muore e va all'inferno. Una volta là, si accorge che c'è un differente inferno per ogni nazione. Così si ferma all'inferno tedesco e chiede:
"Cosa fanno qui?"
Gli rispondono che "Per prima cosa, ti mettono per un ora sulla sedia elettrica, poi ti prendono e ti sdraiano per un ora su di un letto a chiodi e infine, arrivato il diavolo, ti frusta per tutto il resto della giornata".
Non per niente soddisfatto, questi se ne va, cercando di sapere quali trattamenti riservano gli altri inferni, così si ferma a quello USA, poi a quello russo e ad altri ancora, accorgendosi che più o meno, tutti si comportano nella stessa maniera. Decide allora di andare in quello indiano, e con sorpresa nota che davanti all'ingresso c'è una lunghissima fila di persone in attesa di entrare. Stupito chiede: "Cosa fanno qui"? Gli dicono che "Per prima cosa, un ora di sedia elettrica, poi un altra ora su di un letto a chiodi e infine, il diavolo che ti frusta per il resto della giornata".
Ma è esattamente lo stesso trattamento che fanno negli altri inferni, perciò, come mai tutti vogliono entrare qui?
"Sa, deve capire che qui la manutenzione è alquanto scarsa, tanto che la sedia elettrica è da tempo che non funziona, qualcuno poi ha rubato tutti i chiodi del letto, e il diavolo, essendo un precedente impiegato del Governo, arriva, timbra il cartellino e se ne va al bar..."
lunedì 22 settembre 2008
ANNA FALLARINO CASATI: AMORE E MORTE #6
LUCCIOLE E LANTERNE...
Certo ne abbiamo di fantasia noi italiani! Anche nei momenti più... assurdi e imbarazzanti riusciamo a trovare vie d'uscita, che nonostante tutto però, non convincerebbero neppure 'Gongolo', il più "credulone" sei sette nani. Ora poi che la legge Alemanno contro la "prostituzione" è entrata in vigore, cosa non si inventerebbe per salvare i 200 euro di multa per il malcapitato cliente. Tra le scuse più assurde, quella registrata pochi giorni fa ad un esterrefatto agente: "Mi ero appartato lungo i bordi della strada per un bisogno impellente, e mica è colpa mia se quella donna passando di qui mi è caduta addosso". Il tipo infatti era stato trovato con i pantaloni abbassati e la donna -lucciola- sopra di se. Verbale da 200 euro e via. Un altro tipo, sui trentanni, sorpreso sul fatto, ha candidamente dichiarato: "Faccio sesso perché me lo ha ordinato il medico per prevenire il mio stato di stress". Altre 200 euro e via. Un automobilista bloccato dalla polizia mentre con l'auto sostava accanto ad una prostituta alle due di notte, non ha trovato niente di meglio che dire: "Mi ero perso, e stavo chiedendo un informazione". L'informazione gliela danno gli agenti tramite un verbale da 200 euro. Un cinquantenne, sorpreso con una prostituta ha portato a conoscenza delle forze dell'ordine che lui è da anni ormai che non fa più sesso con la moglie, "così mi consolo con queste ragazze... ma le avete viste?" Ma il corollario delle scuse "extreme" potrebbe continuare all'infinito, tanta è l'immaginazione -o faccia tosta?- di noi italiani. Come quel trentenne che ha avuto il coraggio di replicare: "Ma che è colpa mia se quelle ci stanno"? Italiani, non più 'santi, poeti e navigatori'. Anche bugiardi. (Gericus)
ARTE MURALE
domenica 21 settembre 2008
IL MISTERO DI LOS ROQUES
Un volo verso il nulla che inizia il 4 gennaio del 2008, quando un bimotore Let-410 della compagnia aerea venezuelana Transaven si stacca dall'aeroporto di Caracas. Sono le ore 9,15 locali, e sul piano di volo del velivolo, la destinazione è Gran Roques, l'isola più grande dell'arcipelago di Los Roques. A bordo, 14 persone, tra le quali otto italiani, 3 venezuelani, un cittadino svizzero e i due piloti. Un volo di routine, per quel viaggio di poco più di 30 minuti. Sul velivolo, l'aria spensierata delle vacanze. Qualcosa però interrompe questa spensieratezza appena una ventina di minuti dopo il decollo, quando il comandante dell'aereo Esteban Acosta, un pilota che da anni copre quella tratta di cielo, annuncia alla torre di controllo di Gran Rouque di avere ambedue i motori in avaria, e che pertanto, tenterà l'ammaraggio. E' da quel preciso istante che per il volo Transaven inizia il mistero, con il pilota che non continuerà il contatto vocale con la torre di controllo -come prescrive invece il regolamento aereo- e con nessuna traccia di SOS lanciata ne captata. Le ricerche dell'aereo, subito intraprese dal soccorso venezuelano nello specchio di mare dove si ritiene che l'aereo si sia inabissato, non trovano segni del disastro. Nessun rottame è affiorato -come avviene di norma in questi casi-, niente chiazze di propellente, e soprattutto, niente corpi. Dieci giorni dopo la scomparsa, sulla spiaggia di Falcon, una località distante circa 330 chilometri dal punto da cui è stata segnalata l'emergenza, viene ritrovato il corpo di un uomo, che per le autorità venezuelane, è quello del coopilota del Let-410, Osmel Otamendi. Oggi, a distanza di nove mesi, niente di preciso si sa di quel disastro, ma molti sono gli interrogativi. Secondo le ultime conversazioni tra pilota e torre di controllo durante il volo, questi avrebbe affermato "somos diechocos abordo" (siamo diciotto a bordo), cioè 4 persone in più del numero ufficiale. Chi erano dunque quei quattro passeggeri in incognito? E poi perché non si trova traccia dell'emergenza che sempre l'operatrice avrebbe dovuto segnalare nella 'streep' al momento del ricevimento (h.9,38) dell'allarme? E infine, quale significato dare a quella telefonata fatta ad una passeggera 24 ore dopo la scomparsa dell'aereo, con il suo cellulare che squillava a vuoto? Può un telefono pertanto funzionare in mare a 1000 metri di profondità? Ma molte altre sono le incongruenze, talmente consistenti che anche Antonio Rivero, direttore nazionale della Protezione civile venezuelana dirà in seguito: "Descarto que l'avioneta que saliò de Los Roques hace pocos dìas fuera amarizado. De hecho, se cree que fue secuestrada. La bùsqueda continùa". (Scarto l'ipotesi che l'aereo decollato da Los Roques qualche giorno fa sia ammarato. Infatti si crede che sia stato sequestrato. La ricerca continua). Che fine hanno fatto dunque, oltre all'equipaggio, la giovane coppia in viaggio di nozze Stefano Frangione e Fabiola Napoli; Paolo Durante, sua moglie Bruna Guernieri e i figli Sofia (6 anni) e Emma (9); Annalisa Montanari, Rita Calanni; Alexander Niermann e Karina Ruiz; Yza Rodriguez e Patricia Kirschner? E' vero infine che l'unico corpo ritrovato e che si ritiene sia quello del coopilota, presentasse un foro di pallottola sulla tempia destra? Il viaggio nel mistero del bimotore Let-410 continua ancora... (Gericus)
sabato 20 settembre 2008
QUANDO LO STATO ABDICA
venerdì 19 settembre 2008
RICHARD WRIGHT 1943-2008
Sicuramente tra i componenti dei Pink Floyd, Richard Wright, (foto) tastierista e fondatore della band morto il 15 settembre scorso, era il più schivo e riservato. "Di me, deve parlare la musica che faccio". E fu proprio lui, infatti, anima e ispiratore di questo gruppo, quando studente al Politecnico di Regent Street a Londra, si mise insieme ad altri due amici di scuola, anche loro molto più propensi a musica e palcoscenici che non all'architettura. Questi erano Roger Waters e Nick Mason, e tutti e tre, come era ormai prevedibile, ben presto abbandonarono gli studi per tentare l'avventura. Nel 1965, con l'arrivo di Syd Barret, nascevano così i Pink Floyd. "L'inizio però non fu uno dei più incoraggianti" disse in seguito proprio Richard Wright, poichè in molte delle loro esibizioni in locali 'underground' di fortuna, il pubblico, non apprezzando il loro genere di musica, scoppiava inevitabilmente in proteste non solo verbali, tanto che in alcuni concerti, -come quello alla Roundhouse di Londra come ricorda Wright-, "dovemmo scappare dalla gente inferocita che ci lanciava dietro tazzine e cucchiaini". Erano gli albori infatti di quel rock psichedelico infarcito da numerosissimi 'assolo' e suoni surreali che di lì a poco avrebbe conquistato il mondo, proiettando il nome dei Pink Floyd tra i più grandi musicisti del secolo. Dopo album tipo "Echoes", "Saucerful of Secrets", "Shine your crazy diamond", "Dark side of the Moon", "Ummagumma", "Atom Heart Mother" -fermiamoci qui perché la lista è ancora lunga-, nel 1979, giusto durante la registrazione del doppio album "The Wall", e sicuramente voluto da Roger Waters, Richard Wright viene estromesso dalla band. Si parla di incomprensioni tra i due, ma soprattutto a momenti familiari burrascosi che sta attraversando Wright, nonché a problemi di droga, sempre smentiti quest'ultimi, dal diretto interessato. Ciò non toglie però che il musicista partecipi ai concerti della band in veste di "musicista stipendiato", saltando di fatto, però, la registrazione dell'album "The final cut" del 1983. E' l'amico David Gilmour a richiamarlo durante la sessione finale dell'album "A moentary lapse of reason", per rientrare infine a tutti gli effetti nell'organico della band l'anno successivo, quello della registrazione dell'album "Delicate Sound of Thunder". Chi meglio di lui infatti sapeva dosare suoni e timbriche in quel "tappeto musicale" sul quale si "adagiavano" come per incanto, gli 'assolo' di chitarra di David Gilmour, un vero e proprio "muro sonoro" che imprigionava l'ascoltatore in quel mondo di luci colorate e diapositive oleose, segnando il punto più spettacolare della cosiddetta "era psichedelica". Un viaggio tra grandiosità sceniche e di impianti che per Richard Wright si interrompe il 15 settembre 2008, quando all'età di 65 anni, muore dopo una lunga malattia. Esattamente 43 anni dopo aver abbandonato la scuola di Architettura assieme a Roger Waters e Nick Mason... (Gericus)
mercoledì 17 settembre 2008
VERGINITA' ALL'ASTA
Un altra verginità immolata sull'altare del vile denaro. Ormai anche la dignità è scesa ai minimi storici, e come il crack delle banche americane, è in fallimento. Questa volta a mettere in vendita la sua "prima volta" è Raffaella Fico, (foto) 20 anni napoletana, di cui il suo passato "artistico" è una comparsata nell'ultima edizione del Grande Fratello, pertanto, ben lungi dall'essere considerata artista -e neppure starlette- l'unica cosa che la nostra giovincella può vantare, oltre alla sua avvenenza fisica, è, come lei stessa ha asserito, "la mia verginità". Ed è proprio questa sua ... "innocenza" che la Fico -anche il cognome certo...- vuole mettere in vendita, e siccome dall'America già qualcuna ha preteso un milione di dollari per perderla, anche lei è rimasta sulla stessa cifra: un milione di euro, che se poi andiamo bene a guardare, sono molti soldi in più -grazie al cambio favorevole- della collega americana. L'annuncio ufficiale di tale "mercato" è uscito recentemente sul settimanale "Chi" diretto da Alfonso Signorini, nel quale la 'nostra' Raffaella, aggiunge: "Voglio proprio vedere se c'è qualcuno che tirerà fuori questa somma per avermi". Sebbene questa dichiarazione -non proprio da "suore Orsoline"- sia già di per sé un offesa alla propria dignità, la Fico -e daglie con questo cognome...- aggiunge ancora: "Se questi arriverà, di certo sarò imbarazzata, ma con questi soldi potrò realizzare i miei sogni: comprarmi una casa a Roma e pagarmi un corso di recitazione". Escludendo il corso di recitazione, -sono attrici già ben rodate!- in un servizio televisivo sul mondo delle 'lucciole', anche le prostitute straniere intervistate, hanno dichiarato che con i soldi che guadagnano vogliono comprarsi una casa, solo che loro per raggiungere lo scopo, dovranno "lavorare" un po' di più, con una sola differenza: quest'ultime rifiutano di andare con chi non è di loro gradimento. Per Raffaella Fico invece, -questo cognome è un tormento...- il gradimento del "compratore" che arriverà è solo un piccolo particolare, perché ammette che "se lui non mi piacerà, manderò giù un bicchiere di vino". Giovanna Maglie, nella sua rubrica "La vie en rose" pubblicata su Il Giornale di oggi, titolando "Vendesi verginità in barba alla legge", partendo dal fatto di quanto sia volgare tale esternazione, aggiunge che : "il fatto più divertente però, o se preferite più grottesco, di questo nostro squinternato Paese, è che le cronache nella stessa giornata riferiscono di un giovanotto romano che, fermato mentre contrattava il costo di una prestazione con una prostituta, è stato multato in seguito alle nuove disposizioni di legge". Diavolo di un legislatore! Pertanto, se contrattare il prezzo nel privato, a tu per tu con la "prestatrice d'opera", nel buio di una strada e per di più con le auto che ti sfiorano, è già reato, mettere un annuncio sul giornale, cos'è? Già, cos'é? "The answer my friend, is blowin' in the wind" cantava il vecchio Dylan, anche se qui, forse, la risposta non è portata dal vento: sulla strada si vende "merce taroccata", mentre in questo caso, 'guaglio!' il prodotto è d.o.c, 'na vera primizia'... (Gericus)
martedì 16 settembre 2008
EDUCATRICE SCOLASTICA... IN TUTTI I SENSI...
UNA SOCIETA' A COLORI...
Ieri a Milano, non è morto un ragazzo di 19 anni. Per una certa informazione, "ieri è morto un nero". E per una certa parte politica, ieri non c'è stata una tragedia, ma un "esplosione razzista", un fatto di "odio razzista". Di lui, di Abdoul Guibre, nato in Italia da genitori africani, si parla solo in tema di colore. Lo sdegno "generale", forse avrebbe lasciato il tempo che trova, se quest'assurda fine fosse capitata ad un "bianco"? Ma invece è un ragazzo di colore, e i paladini dell'antirazzismo sono subito scesi in campo per difendere l'eguaglianza, senza rendersi conto invece che sono proprio loro, con questo ossessivo schieramento, i propulsori del razzismo, della diversità. Come concepire sennò quelle interviste subito fatte a "famosi neri" come Fiona May e Andrew Howe, ai quali è stato chiesto se mai avessero "subito insulti razzisti in Italia"? E perché allora, non è mai successo che dopo l'uccisione di "un meridionale", non siano mai stati intervistati "meridionali famosi" per sapere se mai si sono beccati un "terrone di merda" nella loro vita da qualche connazionale? Misteri del giornalismo... Non credo che davanti a fatti simili, il dolore possa essere maggiore, se la vittima è nera anziché bianca, perché "chi se ne va" è pur sempre una vita, che con tutti i distinguo del caso, si è spenta in maniera brutale. La vera eguaglianza sociale, la scomparsa del razzismo, pertanto, arriverà il giorno in cui si aboliranno i colori, e i titoli in prima pagina non uniranno la vittima alla pigmentazione della sua pelle, perché non è "un nero, un giallo o un bianco" che muore, ma è una persona. Riusciranno quindi gli "antirazzisti" di professione, a non fomentare il "razzismo"? (Gericus)
lunedì 15 settembre 2008
GIUSTIZIA PER MEREDITH KERCHER: DOMANI INIZIA IL PROCESSO
PERUGIA - Il brutale delitto di Meredith Kercher, la giovane studentessa inglese uccisa nel novembre scorso nel suo appartamento di Perugia, entra domani, martedì 16 settembre nell'aula di un tribunale. Per i tre indagati, l'americana Amanda Knox, l'italiano Raffaele Sollecito e l'ivoriano Rudy Guede, da domani dovrà arrivare un chiarimento su come andarono le cose nella casa di via della Pergola. Se già tre nazioni di provenienza degli indagati e un altra ancora della vittima potevano bastare per dare a questo delitto il primato "dell'internazionalità del crimine", ora se ne aggiunge una quinta, l'Albania, Paese di provenienza di un testimone, tale Hekuran Kokomani. Ciò che questi racconta, inchioderebbe il terzetto alle loro responsabilità, poiché, se provato, Kokomani afferma senza ombra di dubbio, che la sera tra il primo e il due novembre, Raffaele, Amanda e Rudy si trovavano tutti e tre nei pressi della casa. Non è chiaro cosa questo albanese stesse facendo proprio lì, però afferma che "Raffaele venne verso di me che ero seduto in macchina e mi dette un pugno, mentre Amanda, dopo aver urlato qualcosa, tirò fuori un coltello dalla borsa". Ma la testimonianza di questo albanese va oltre, poiché ricorda ancora che Amanda urlò a Raffaele di coprirsi il volto per non farsi riconoscere, mentre Rudy Guede, a sua volta, disse al testimone "sono negro, vedi? non ti ricordi di me"? I particolari raccontati a questo punto fisserebbero anche l'ora del delitto, poiché, dando credito al racconto di Hekuran Kokomani, questi afferma di aver sentito la voce di una ragazza e dei colpi, come se qualcuno battesse qualcosa sul tavolo: "C'è una persona in casa che ha bisogno di aiuto"? avrebbe chiesto a quel punto l'albanese. "No, nessuno, quello che hai sentito è solo musica" fu la risposta di Rudy Guede. Spaventato, il testimone sarebbe partito di scatto con la sua macchina, mentre dallo specchietto retrovisore notava qualcuno che con un coltello in mano cercava di raggiungerlo. Una situazione dunque completamente incomprensibile e che dovrà essere tutta attentamente vagliata. Alla vigilia del processo comunque, le posizioni dei tre indagati restano immutate, con un Guede che scrive una lettera ai suoi avvocati dove dichiara la sua più completa innocenza, Raffaele ripassa con "serenità" il faldone di tutto l'iter giudiziario, e Amanda, dopo le troppe dichiarazioni dei primi tempi, adesso è muta come un pesce. Da domani, cominceremo a fare un po' di chiarezza, completando "mezze verità" e riportando memoria a troppe amnesie, perché fino adesso, purtroppo, l'unica cosa certa è una giovane studentessa che amava l'Italia, e che dall'Italia è ritornata in Inghilterra chiusa in una bara. (Gericus)
UCCELLO DI ROVO...
Quel sacerdote era veramente un "padre": caritatevole, misericordioso e soprattutto... sempre pronto alla bisogna. Si, perché in ogni momento di incertezza, sia religioso che spirituale, lui era sempre lì, a consigliare la via giusta da seguire e soprattutto, a non abbandonarla. Insomma, un bravuomo in clergyman, oltre che "stimato docente di Sacre Scritture e insigne studioso". Per quel marito di Chioggia poi, vederlo spesso 'nei paraggi' della moglie era quasi un motivo... di orgoglio per tanta 'benevolenza'. Eppoi, cosa vai a pensare, mica puoi credere che don Paolo, (nome di fantasia) con i suoi 53 anni, abbia altri scopi oltre che quello di "salvare le anime" dal diavolo tentatore ... Un giorno però -e c'è sempre un giorno...- quel marito è rientrato a casa dal lavoro prima del previsto. Non ha fatto neppure caso ad una tonaca nera ben piegata sul divano ma a quei certi... sospiri che provenivano dalla camera, questo si, e così vi è entrato. E se credeva che il diavolo tentatore fosse un ometto rosso con due cornetti sulla fronte e la coda a dardo, bè, ha dovuto immediatamente ricredersi. Il reverendo padre era lì tutto nudo tra le braccia della moglie e di certo non per raccogliere la sua penitenza, bensì per farle provare tutti i piaceri della carne. Chissà se la moglie abbia avuto il tempo di ottenere l'assoluzione, fatto sta che in un attimo siamo piombati dalla spiritualità a cose ben più terrene, tanto che il "marito cornuto" non ha trovato niente di meglio che correre dal vescovo, monsignor Angelo Daniel, per raccontare il misfatto, e lo ha fatto talmente infuriato che è dovuta intervenire la polizia. Di questo padre Ralph alla "polenta e osei", -in città ormai meglio conosciuto come "uccello di rovo"-, per il momento si sono perse le tracce. Si sa solo che ha chiesto scusa al marito della "pecorella smarrita" e adesso, spera nel suo perdono. Non so però, se dovesse incontrarlo, che tipo di perdono potrebbe ricevere... ( Gericus)
domenica 14 settembre 2008
IL TEATRINO DI PAOLINI...
sabato 13 settembre 2008
DIVORZIO ALL'ITALIANA...
La storia è di quelle più classiche: una moglie annoiata e troppo spesso tra le braccia di amanti, il marito ricco che lavora troppo e lui, il 'fustaccio' di turno. Un quadretto, per dir la verità "non troppo edificante" di vita quotidiana, che se non fosse per la sua... stupidità finale, sarebbe rimasto nel segreto di una camera d'albergo. Teatro di questa storia Sanremo. Lei, la moglie ricca e insoddisfatta è una donna di 45 anni, il marito sulla sessantina, e il terzo incomodo, un play boy spiantato di 40 anni. Si sa come vanno queste cose, sguardi languidi, incontri sempre meno occasionali e poi, un alcova, fino a quel: "Caro, mi aiuti ad uccidere mio marito"? Il play boy con vocazione "altruista" cosa fa a quel punto? Non avendo il coraggio di mettere in pratica lui stesso il piano omicida, ma nello stesso tempo consapevole che un netto rifiuto avrebbe messo fine ai benefici sia sessuali che economici che la donna ormai gli concede a piene mani, il tapino si mette alla ricerca di un killer che possa soddisfare i "capricci" della sua bella. Il suo girovagar nei giorni seguenti, lo porta alla stazione ferroviaria di Arma di Taggia, dove scopre un tipo dalle "caratteristiche" giuste. Con una faccia simile, pensa lui, quello è il perfetto assassino su commissione, mentre invece, guarda un po', il tipo prescelto altri non è che una guardia penitenziaria lì per caso. Lo avvicina e dopo due preamboli arriva al sodo. "Ventimila euro pronti per te se uccidi una certa persona. E' un lavoretto pulito e senza rischi" aggiunge poi come si usa nei film 'noir' .E per far vedere che non scherza affatto, passa subito alle modalità: "Diecimila euro subito e altrettanti a lavoro fatto". Il napoletano, che fino allora credeva a battute "tanto per far due risate", capisce che c'è qualcosa di vero, pertanto, finge di starci. Scambio di numeri del cellulare e la promessa di un nuovo incontro per la consegna della prima "trance" della cifra stabilita. La moglie ricca e annoiata esulta nell'apprendere che il killer c'è, quindi, ci immaginiamo, ore di sesso in più per festeggiare e allontanare la noia. Nel frattempo però, il presunto "sicario" è andato di corsa dai carabinieri a denunciare tutto. "Quando lo chiameranno per la consegna del denaro, ci avvisi subito" dicono i militari. E così il play boy viene subito beccato: "Volevo solo aiutare un amica" dirà agli esterrefatti carabinieri, come se quell'aiuto fosse paragonabile ad un gesto di gentilezza nei confronti di un non vedente che vuole attraversare la strada. L'incredulità dei militari diventa sbigottimento dopo aver sentito anche le parole della "mantide": "E' un 'progetto' che avevo annunciato anche a molti altri miei amanti, che però sono tutti spariti come codardi". Il marito, gran lavoratore, è ancora all'oscuro di tutto poiché via dall'Italia per lavoro. E' proprio vero: i mariti sono sempre gli ultimi a saperlo... (Gericus)
NON E' DENISE LA BAMBINA GRECA
"Non è Denise Pipitone (foto) la bambina segnalata nell'isola di Kos in Grecia". Lo dicono gli esami dei test condotti dalle autorità elleniche, i quali specificano, tra l'altro, che c'è "una compatibilità ereditaria" tra la piccola e la zingara trentenne di origine albanese, che ora si ammette "aveva sempre affermato di esserne la madre". Era stata una turista di Viterbo a riaccendere le speranze per un lieto fine a questa brutta storia, la quale, giunta all'aeroporto di Atene per il suo rientro in Italia, aveva scorto la foto di Denise Pipitone affissa in una bacheca. Quel volto le aveva fatto ricordare una bambina incontrata per caso giorni prima sull'isola di Kos e che era in compagnia di una zingara. Messo piede in Italia, la prima cosa che ha fatto è riferire tutto alla questura di Viterbo, la quale immediatamente ha interessato l'Interpol. Per Piera Maggio, la mamma di Denise, una nuova pugnalata al cuore, anche se questa, dopo avere appreso la notizia, era rimasta alquanto serena. Troppe volte infatti aveva gioito per poi ricadere nel dramma a causa di ritrovamenti di sua figlia risultati poi inconsistenti: "L'importante è non abbandonare Denise al suo destino, ma di continuare a cercarla, perché io ne sono certa che prima o poi la riporterò a casa". E' questo l'appello della donna che da quattro anni combatte per ritrovare sua figlia, quella bambina scomparsa nel nulla quattro anni fa e che caparbiamente, come solo una mamma può fare, "la rivuole a casa tra le sue braccia". Al di là di questo però, alcuni dubbi la scuotono: "Dalle foto che ho visionato, ho riscontrato delle somiglianze con qualche tratto del viso di mia figlia" dice, aggiungendo poi di essere un po' frastornata, "perché la vicenda non è ancora chiara, e proprio per questo ho bisogno di avere maggiori particolari". E per la zingara albanese, ai domiciliari in un albergo assieme alla bambina -che si chiama Valentina-, cade così l'ipotesi di accusa di "rapimento di minore". Tra breve infatti, sarà interrogata dalla magistratura greca solo per il reato di presentazione di documenti falsi e immigrazione illegale. (Gericus)
venerdì 12 settembre 2008
VERSO UNA BRUTTA PIEGA...
Una ventina di anni fa, quando ancora l'emigrazione non aveva raggiunto i numeri di oggi -almeno in Valle d'Aosta- un giovane marocchino incontrato dentro ad un bar dove vendeva la sua chincaglieria, lo disse senza tentennamenti: "Ora siamo pochi, ma tra qualche anno le cose cambieranno". Previsione azzardata o ragionamento logico? Oriana Fallaci sull'argomento ha speso fiumi d'inchiostro, inascoltata e in molti casi, derisa. Oggi, la "profezia" del giovane marocchino e l'allarme lanciato dalla scrittrice fiorentina si avverano. Nel Nordest dell'Italia, dove si calcola che ci sia una concentrazione altissima di extracomunitari di fede musulmana, nasce "Seconda generazione", un quasi partito, che racchiude al suo interno giovani integrati di origine araba, ma con precise rivendicazioni politiche: fare proseliti per far valere le proprie rivendicazioni sotto la spinta dell'orgoglio islamico. Questa... associazione, formatasi a Treviso, recentemente ha già fatto sentire la sua voce: libertà di poter indossare il velo e soprattutto, nuove moschee per inginocchiarsi nella preghiera. Un vero e proprio programma dunque, da ottenere al di là di ogni forma di dialogo. E lo scontro con l'amministrazione locale è vicino, poiché come dice il vicesindaco di Treviso, Giancarlo Gentilini, "hanno adibito a luogo di culto un locale destinato invece a negozio, e se questi si riuniranno lì, come hanno deciso nonostante il nostro divieto, scatterà immediatamente un ordinanza di sgombero e di espulsioni". Ma non è solo Treviso a vivere queste tensioni sociali, poiché un certo malessere serpeggia in altre città, come a Bologna, dove la comunità islamica, rifiutando le "condizioni di trasparenza chieste dal Comune a proposito della costruzione di una nuova mega moschea", ha di fatto costretto l'Amministrazione a bloccare tutto: "Per noi ormai il progetto non esiste più", ha sentenziato l'assessore 'rosso' all'Urbanistica Virginio Merola. Nella stupenda e Medievale Colle Val d'Elsa, nella Toscana più tipica e tanto amata da Oriana Fallaci, la famosa altra mega moschea in costruzione è 'ferma al palo'. Elzir Izzeddin, presidente della comunità islamica fiorentina ha tirato troppo la corda. Voleva ancora più spazio per la nuova struttura e soprattutto, non voleva nelle vicinanze edifici di altri culti religiosi: "Vedere un minareto accanto ai campanili o alla cupola della Sinagoga non è cosa buona". Pertanto lavori fermi. A Genova, dopo la richiesta di un luogo di preghiera all'ombra della Lanterna, accordato -nientemeno- dal sindaco Marta Vincenzi, popolazione in subbuglio e raccolta firme per un referendum abrogativo del permesso del Comune. A Milano, dopo lo 'sdoganamento' di una moschea a cielo aperto in viale Jenner, con intasamento totale ogni venerdì del traffico e dei pedoni, ora i musulmani chiedono un sostegno economico per la costruzione di una moschea: La risposta del Comune è di quelle che non lasciano spazio ad altre interpretazioni: "L'Amministrazione non verserà quattrini alla causa". Maria Giovanna Maglie, nel suo "Giù le mani dalle nostre radici" pubblicato venerdì 12 su Il Giornale, lancia una proposta: "Boicottiamo chi li finanzia". E dal momento che per la moschea di Colle val d'Elsa, tra i finanziatori sembra esserci anche il Monte dei Paschi di Siena, la Maglie suggerisce: "Se è vero che il Monte dei Paschi ha cofinanziato il progetto, chiudiamo i nostri conti correnti presso quella banca..." Tensione dunque, tra "ospitanti e ospiti". Dovevamo arrivarci a questo punto, poiché la lungimiranza non è mai stata una qualità dei nostri politici, di quei politici che versano miliardi a Gheddafi "per riparazione danni di guerra" senza controbattere su espropri e cacciata dalla Libia di italiani colà residenti, e di quelli che fino a ieri hanno spinto per una integrazione che forse non interessa a nessuno. Sia ai locali, ma soprattutto, agli "ospiti". (Gericus)
giovedì 11 settembre 2008
E' DENISE LA BAMBINA TROVATA IN GRECIA?
ATENE - E' una turista italiana in vacanza all'estero che riaccende le speranze: "E' la piccola Denise Pipitone (foto) quella bambina di otto anni che mi ha venduto una collanina sull'isola greca di Kos"? A colpire la sua attenzione, la perfetta padronanza della lingua italiana della bambina oltre ai suoi connotati, 'stampati' ormai nella memoria di molti italiani. E se a tutto ciò aggiungiamo che la donna, un albanese trentenne che era in compagnia della piccola -e che asseriva di essere sua madre-, non conosceva assolutamente una parola della nostra lingua, il sospetto è più che legittimo. Chiamata la polizia, la turista italiana -che per ora rimane anonima- ha spiegato i suoi sospetti, tanto che le forze dell'ordine greche, non riuscendo a stabilire i legami tra la donna e la piccola, l'hanno sottoposta all'esame del Dna per stabilirne la parentela, cosa che i risultati invece hanno smentito immediatamente. A seguito di ciò, la trentenne è stata a sua volta arrestata e un campione del Dna prelevato alla bambina è stato inviato all'Interpol per ulteriori confronti. Durante l'interrogatorio poi, la donna, secondo la televisione greca, "sarebbe caduta in numerose contraddizioni". Come tutti ricorderemo, Denise Pipitone è la bambina che all'età di quattro anni scomparve nel 2004 "improvvisamente e misteriosamente" a Marzara del Vallo, mentre giocava davanti casa. Piera Maggio, la mamma di Denise, una volta appresa la notizia e visionato le foto inviate dalla polizia greca, ha reagito con grande compostezza: "Aspetto l'esito degli esami del Dna. Non mi voglio illudere più di tanto... meglio restare con i piedi per terra". Poi, davanti alle somiglianze tra la bambina 'greca' e sua figlia, ha aggiunto: "Il taglio degli occhi è uguale a quello di Denise... ma non basta". Ora, l'attesa spasmodica di questi analisi. (Gericus)
TANTO TUONO' CHE PIOVVE...
11 Settembre 2001: NEVER FORGET!
Un martedì come tanti. John che saluta la moglie per andare in ufficio, Jean che porta a scuola il figlioletto e scappa a lavorare. Jason il pompiere che quella mattina è influenzato ma decide ugualmente di prendere servizio; Mike, il poliziotto che sale in macchina e comincia il suo giro di ronda; Stephany che saluta la madre nel suo primo giorno di lavoro... Un martedì come tanti di un settembre ancora mite, e quella mattina poi il cielo non ha una nube, azzurro come non mai...
Dall'aeroporto Logan di Boston, quasi contemporaneamente, verso le ore 8.00 due aerei rullano sulla pista. Sono il volo 11 dell'American Airlines e il 175 dell'United Airlines. Anche dall'aeroporto di Newark nel vicino New Jersey nella stessa ora si stacca dalla pista il volo 93 della United Airlines e poi, circa un ora dopo, è la volta del volo 77 che lascia la pista dell'aeroporto Dulles di Washington. Un martedì come tanti dunque, in una New York che corre, che lavora, che sogna. Nessuno sa che l'inferno invece sta per scatenarsi, violento come non mai. Dalle finestre di uno dei due grattacieli del World Trade Center diventati il simbolo della Grande Mela, ovvero quelle splendide colonne in vetro e acciaio alte 415 metri, Brian seduto davanti al computer nel suo ufficio al 105esimo piano ha un attimo di incertezza a causa di quell'aereo che prima, come un puntino lontano ma ora sempre più vicino punta verso le Torri. Non fa a tempo a provare la paura perchè la morte lo polverizza in un attimo alle ore 8,45 assieme ai suoi sogni. Betty nel suo ufficio della Torre sud ha visto l'impatto di quell'aereo e la nuvola di fuoco e fumo che si è sprigionata. Urla nel suo ufficio al 97esimo piano e fa appena in tempo a scorgere la sagoma di un altro aereo che dopo una virata si dirige verso di lei. Lo schianto inevitabile e la fine di tutto avviene alle ore 9.00. Quaranta minuti dopo un altro aereo si schianta sul Pentagono ed infine, poco dopo le ore 10.00 un altro velivolo precipita pochi chilometri a sud est di Pittsburgh. No, non è più un martedì normale, ma è un martedì di lutto, di tragedia, di dolore. Colpite a morte, le due Torri infine crolleranno al suolo nel giro di mezz'ora. (Gericus)
lunedì 8 settembre 2008
MELTING POT ALL'ITALIANA
La società italiana ultimamente è diventata un grande "melting pot", ovvero, un grosso "crogiolo" dove al suo interno non c'è una linearità di prodotti ben distinti, ma tutto si mescola alla rinfusa, tanto che il risultato finale non ha "un buon profumo". E mi riferisco alle cariche, ai Corpi, ai ruoli che gli uomini rivestono in questa nostra società. Ormai lo abbiamo constatato che i magistrati fanno i legislatori -assolvono quando la legge dice il contrario-, i giornalisti fanno i giudici -Matrix, Porta a Porta- i Guardacoste della Marina invece di controllare le nostre coste -lo dice appunto il nome- fanno da Soccorso Aci -trainando le 'carrette' cariche di clandestini in porto-, i calciatori fanno i presentatori televisivi -Bettarini, Coco etc etc- e ultimamente, abbiamo scoperto che i medici, anziché occuparsi di cistifellee o ulcere intestinali, fanno anche gli avvocati difensori. Primo -e speriamo ultimo- a togliersi il camice bianco per indossare quello nero dei 'legali' è il dottor Giovanni Migliaccio, dirigente dell'unità operativa di neurochirurgia al Fatebenefratelli di Milano. E' dalla sua voce proveniente da una sala operatoria e non da un aula del tribunale che si alza il grido: "Annamaria Franzoni è innocente". Quale miglior delitto poteva spalancare le porte dei media se non quello di Cogne? E il suo quarto d'ora di notorietà non si è fatto attendere, con "una-pagina-una" interamente dedicata alla sua "arringa". Secondo lui dunque, non c'è stato delitto in quella casa, ma più semplicemente e sfortunatamente, "Samuele Lorenzi è morto per cause naturali, a seguito di una crisi epilettica provocata dalla rottura di un aneurisma". Secondo la sua tesi, il bambino "avrebbe sbattuto violentemente il capo contro lo spigolo del comodino durante le contrazioni della crisi epilettica, procurandosi così le ferite sulla fronte". E a sostegno di questa sua teoria, porta il fatto che -a differenza di ciò che disse lo psichiatra Crepet e il criminologo Bruno, e cioè che la donna sarebbe crollata nel giro di poco tempo- ebbene, la Franzoni non ha mai confessato il delitto. Beh, un po' debole come supporto, perché sfido a trovare un assassino che non sappia che una confessione piena, comporta un ergastolo certo, mentre invece, ostinarsi anche davanti alle prove più schiaccianti può generare... dubbi, a tutto vantaggio di una sentenza più... blanda come in questo caso, appunto, sebbene i giudici l'abbiano emessa "al di là di ogni ragionevole dubbio". Rientriamo nei ranghi dunque, e che ognuno "pascoli dentro ai propri steccati". La commistione di ruoli genera confusione, insicurezza e sfiducia nelle istituzioni, oltre che... cattivo odore. (Gericus)
domenica 7 settembre 2008
UNA MOGLIE DI 9 ANNI...
sabato 6 settembre 2008
LUCIO BATTISTI: IL MIO CANTO LIBERO...
"E' immortale solo la musica che arriva al cuore". E nelle trasmissione di Matrix, andata in onda ieri notte e dedicata appunto a Lucio Battisti, (foto) ne abbiamo avuto la conferma. Non è irriverente, secondo me, accostare il duo Battisti/Mogol all'altro sodalizio Lennon/McCartney, perché l'emozioni che provo, sia ascoltando "Yesterday" o "Mi ritorni in mente" sono di stessa intensità. E non si confondano questi sentimenti per un nostalgico 'ritornar a quei tempi', tutt'altro, perché nell'ascoltare Lucio Battisti troviamo la quotidianità del vivere in cui ognuno di noi si rispecchia. Fu un magico incontro tra due "grandi" quello avvenuto in quel febbraio del 1965 in una Milano non ancora "tutta da bere" ma sicuramente, a breve scadenza, "tutta da ascoltare", perché è proprio in un ufficio al terzo piano delle Edizioni Musicali Ricordi di via Berchet che uno sconosciuto Battisti si presentò al cospetto di un già famoso e apprezzato 'paroliere', -che però io definirei "poeta"- che altri non era che Giulio Rapetti, in arte Mogol. Mai incontro fu più proficuo, perché se Battisti procurò pregiate armonie a Mogol, altrettanto quest'ultimo riuscì a completarle attraverso testi di delicata e struggente poesia. E così, sebbene anche ultimamente Mogol abbia asserito che in quei versi non c'era niente di personale, questi invece "cantava al mondo" amori e dolori vissuti in prima persona, che poi non erano solo suoi, ma di tutti. Difficile non ritrovarsi in "Io lavoro e penso a te, torno a casa e penso a te, le telefono e intanto penso a te..." oppure in "Prendere a pugni un uomo perché è stato un po' scortese, sapendo che quel che brucia non son le offese..." L'immortalità di questa musica quindi, non deriva dall'aver dato spazio alla fantasia creativa, ma dall'aver avuto il coraggio e la dignità di lasciar parlare i propri sentimenti, quelli più intimi, quelli che quando si ama 'fino in fondo una donna' fanno dire che al di là delle prove più schiaccianti e dolorose, "Ti stai sbagliando chi hai visto non è, non è Francesca"... Il 9 settembre del 1998, dopo una lunga malattia, Lucio Battisti moriva all'età di 55 anni nell'ospedale San Paolo di Milano. Da quel giorno, la musicalità di casa nostra non ha riprodotto niente di simile a ciò che avvenne in quella gloriosa stagione degli anni Sessanta, quella contrassegnata da tanti "Pensieri e Parole", ma soprattutto, da grandi "Emozioni"... (Gericus)
martedì 2 settembre 2008
E' LUI L'ASSASSINO DI SUZANNE TAMIM?
QUANDO E' MEGLIO NON SCRIVERE
Il bisogno di "riempire spazi" a volte scivola nell'indecenza. Sembra quasi che una certa "pruderia" spinga a pubblicare particolari "che in sede legale" possono avere un certo peso, una certa e sicura rilevanza, mentre pubblicati tra le pagine dei giornali non fanno altro che sollazzare gli amanti dei film a luci rosse. E mi riferisco al recente articolo pubblicato su La Stampa del primo settembre dal titolo "Una voce mi disse di strozzare Federica". E' la confessione di quel debosciato di Victor Diaz Silva, il cosiddetto "play boy" di Lloret De Mar, colui che a quanto pare "se le faceva tutte", ma che in realtà, per poter arrivare al dunque, ha dovuto uccidere la dolce Federica Squarise, (foto) la giovane padovana che ha avuto il coraggio di dirgli "no". E a questo punto, mi chiedo, valeva la pena riportare per intero lo svolgersi del fatto narrato agli inquirenti spagnoli da questo maniaco assassino? Valeva la pena riportare certe situazioni -tutte poi da prendere con le pinze- dal momento che la povera vittima non potrà di certo controbattere quanto riportato dal suo carnefice? Bisogna dare credito dunque ad un "Gordo" qualsiasi nelle vesti del cacciatore "da spiaggia" e a una Federica "facilotta" che in vacanza perde i freni inibitori per ritrovarli poi a gioco quasi fatto? Perché è questo che l'assassino reo confesso ha disegnato: "Federica mi disse che voleva passeggiare sulla spiaggia, ed io mi sono offerto di accompagnarla. Le ho accarezzato le spalle e la schiena e ho pensato che questa ci sta. Le ho chiesto di poterla baciare sulla bocca e lei mi ha detto di si e io l'ho fatto. Le sfioro il petto per poi toglierle la cintura e i pantaloni. Mi abbasso i bermuda e inizio a toccarla, mi metto sopra di lei, eccitato, ma quando voglio consumare, lei mi dice di no". E' orripilante, mettere la povera Federica, nei panni -suo malgrado-, dell'interprete principale e spregiudicata di un film porno, in una situazione che neppure il più scaltro dei registi avrebbe saputo mettere in scena per eccitare la platea. Del resto, come succede nella Storia, questa la scrivono sempre i vincitori, e mai le vittime. Proprio per questo, in certi casi è sempre meglio non riempire per forza certi spazi vuoti del menabò... (Gericus)
E' UNA QUESTIONE DI FACCIA...
lunedì 1 settembre 2008
DENISE E' VIA DA QUATTRO ANNI...
Era il primo settembre 2004 quando verso mezzogiorno, la piccola Denise Pipitone (foto) scomparve da casa sua. Giocava sul marciapiede di casa, in via Domenico La Bruna al numero 6 di Marzara del Vallo, in attesa del pranzo, e solo pochi minuti prima era stata vista dalla nonna. Aveva quattro anni allora, e l'innocenza di una bambina cui l'unica paura era quell'orco che lei credeva esistesse solo nelle favole. Denise oggi ha otto anni, metà dei quali vissuti nel caldo abbraccio di mamma Piera, e gli altri quattro vissuti dove, come e con chi. Chissà quali ricordi questa bambina porterà ancora con se, quali cicatrici... Avrà smesso di piangere o lo farà ancora ogni sera prima di addormentarsi? Chi sarà colei o coloro ai quali si rivolgerà nei momenti di paura, di solitudine, di dolore? Avrà conosciuto la gioia della sua età, delle amichette della scuola, dei compleanni da festeggiare, e dei regali sotto l'albero "se sei stata buona", e del carbone "se sei stata capricciosa". Chissà se si ricorderà ancora del caldo abbraccio di mamma Piera e della protettiva mano di papà Antonino, il dolce tepore nel lettone dei genitori e il rassicurante bacetto prima di dormire? E avrà ancora quella "vocina da uccellino" nel cantare "Palloncini blu", "Gesù Bambino" o "La notte di Natale"? Il 26 ottobre, cara e piccola Denise, sarà il giorno del tuo nono compleanno. Che siano i tuoi genitori a farti gli auguri, soffocandoti quasi in un abbraccio senza fine e senza lacrime. Come del resto faremo tutti noi. (Gericus)