venerdì 26 settembre 2008

PROCESSO MEREDITH: ATTO SECONDO

Perugia - Sono passati dieci mesi da quando le loro strade si separarono, ed ora eccoli di nuovo insieme, Amanda Knox, Raffaele Sollecito e Hermann Guedè, tutti e tre davanti al Gup Paolo Micheli per rispondere del delitto di Meredith Kercher, (foto) la giovane studentessa inglese uccisa a Perugia nella notte di Halloween. Sono arrivati un po' alla spicciolata circondati da un nugolo di agenti della Penitenziaria e una volta nell'aula, pochi sguardi tra di loro, ognuno assorto nella proprio posizione giudiziaria. Ma più che la loro presenza, questa mattina l'attenzione era riservata al "presunto" testimone albanese Hekuran Kokomani, colui che già in recenti deposizioni, avrebbe inchiodato il terzetto alle loro responsabilità, affermando infatti che la notte dell'omicidio, questi vide senza ombra di dubbio i tre imputati aggirarsi intorno alla casa di via della Pergola, riconoscendoli uno per uno. Ed è proprio per questo motivo che Raffaele Sollecito ha voluto essere presente in aula, "per vedere in faccia chi mi accusa", e per cercare di smentire queste affermazioni, troppo lacunose e tutte da accertare. Per il resto, ognuno dei tre imputati conferma le proprie versioni rilasciate agli inquirenti nei primi interrogatori, come Rudy Guedé, il quale ammette sì di essersi trovato in casa di Meredith la sera dell'omicidio, ma di essere entrato in bagno nell'ora fatale, scoprendo il tutto una volta uscito. Non si spiega però la sua veloce fuga in Germania, quelle impronte genetiche del suo Dna sul reggiseno strappato e sul corpo della vittima. E per meglio tracciare un profilo di Guedé, l'udienza di questa mattina si è aperta con la deposizione di una ex maestra elementare dell'ivoriano, nell'ambito del processo con il rito abbreviato a suo carico. Tra Raffaele Sollecito e Amanda Knox solo una sguardo fugace. Sono lontani i giorni dell'amore, dei baci appassionati e delle tenerezze da innamorati. Dimagrito e provato per questi lunghi dieci mesi di detenzione, Raffaele Sollecitò attraverso i suoi legali -come del resto quelli di Amanda- è intenzionato una volta per tutte a smontare la testimonianza dell'albanese, spuntato dal niente dopo un mese dal delitto e con affermazioni alquanto discutibili, come quella appunto di "essersi trovato per caso lì quella sera di pioggia", mentre invece la notte tra il primo e il due novembre non pioveva affatto. Ma c'è anche un altro punto che non quadra, ovvero quell'affermazione di conoscenza vantata tra lui, Guedé e Sollecito, particolare invece smentito seccamente da ambedue gli imputati, dato che "non ci conoscevamo affatto". Lo scopo dei difensori dunque sarà proprio quello di demolire le affermazioni del 38enne albanese, ritenute dagli avvocati un insieme di calunnie, ma prese con una certa attendibilità dagli inquirenti. (Gericus)

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