E' il momento dei delitti senza colpevole. Si, perché prendendo in esame gli ultimi più eclatanti fatti di sangue, ci accorgiamo che ad un certo punto tutto finisce a tarallucci e vino. Quali possono essere i motivi di questa situazione? Un sistema investigativo che fa acqua? Il nostro iter giudiziario da aggiornare? Nel caravanserraglio del nostro ordinamento giuridico, oggi si è aggiunta un altra costante: negare. Negare sempre, negare anche l'evidenza, perché i fatti dimostrano che questo è il miglior sistema per sfuggire ad eventuali ergastoli o a lunghi anni di detenzione. Garlasco, Perugia, Cogne... Tre delitti insoluti le cui vittime attendono ancora giustizia. Me li immagino, sempre che ci sia un Aldilà, Samuele, Chiara e Meredith, che con beata meraviglia, scuotono la testa come per dire "ma è così difficile, alla luce dei fatti, capire chi mi ha ucciso"? E come dargli torto a queste povere anime, quando dalla ricerca del colpevole fino ad arrivare alla sua condanna -sempre che condanna avvenga- passano lunghissimi anni, processi interminabili di primo grado, appelli, cassazioni, infarciti di attenuanti che prevalgono sulle aggravanti, perizie, contro perizie e riti abbreviati. Si certo, la garanzia per l'indiziato è cosa primaria -ci mancherebbe altro!- e un indizio poi non fa una prova. Ma quando gli indizi sono decine, oltre che prove quelli assumono la consistenza di certezza. Non seguire la logica di una colpevolezza basata su riscontri oggettivi, e al di là di ogni ragionevole dubbio, significherebbe condannare solo coloro che vengono trovati con "la pistola fumante in mano", risparmiando di fatto chi, dopo aver ucciso, riesce a farla franca sul momento, indizi o non indizi a suo carico. Se la frase "meglio un colpevole fuori che un innocente dentro" suona giusta, perché non prendere in considerazione anche "meglio un assassino dentro che fuori"... (Gericus)
(foto tratta da sito web)
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