sabato 19 gennaio 2008

PADRE PADRONE & ASSASSINO (2008)

Mohammad Saleem, (foto) il padre pakistano che l'11 agosto 2006 uccise la figlia ventunenne Hina, non ha ancora afferrato la brutalità del gesto da lui compiuto: "Mia figlia non era brava" dice infatti a due anni di distanza dal fatto. Condannato a 30 anni di reclusione e attualmente rinchiuso nel carcere di Canton Mombello (BR), l'uomo uccise a coltellate la figlia perché ossessionato dal suo modo di vivere "all'occidentale". Non sopportava che lei, -come molte coetanee- indossasse minigonne, lavorasse in un bar e poi, avesse un fidanzato con cui passare le giornate, tanto più cattolico e non musulmano. Dopo un consiglio di famiglia, la sua condanna a morte fu eseguita con l'aiuto di parenti tra le mura domestiche. Qui, infatti, attirata con una scusa, Hina fu trafitta da una decina di coltellate quindi sepolta velocemente sotto un palmo di terra nel giardino di casa. In tutto questo orrore, l'unica premura fu quella di volgere il volto della ragazza verso la Mecca, ultimo gesto certamente non di pietà per la figlia ma piuttosto di osservanza al rito islamico. Arrestato poco dopo, come attenuante l'uomo dichiarò di averlo fatto perché sua figlia "beveva, fumava, e frequentava uomini italiani". Labili ripensamenti ora affiorano su ciò che è successo: "La legge non è giusta" si dispera, "e in Pakistan sarebbe stato diverso, perché i processi si fermano se la famiglia lo vuole..." L'arretratezza di tutta la situazione è espressa in queste parole, ovvero, nella convinzione che uccidere per questi motivi sia lecito, pertanto quasi un voler dire "perché qui in Italia sono finito in galera?" Già, perché?... (Geicus)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grazie a Dio che non vivo piu' in Italia, e che le mie tasse non vanno a finanziare vitto e alloggio di questo escremento umano.