venerdì 11 luglio 2008

ELUANA, QUELLA VITA CHE NON C'E'

Sedici anni di non vita. Eluana Englaro (foto) aveva 19 anni in quel maledetto 18 gennaio del 1992. Sogni, amori, futuro tutto da vivere. La sua corsa incontro alla vita si fermò quel giorno, un sabato, in seguito ad un incidente stradale nel quale la sua auto si schiantò contro un muro. Riuscirono a salvarle la vita i medici dell'ospedale di Lecco, poi, il baratro del coma, quel sonno "quasi morte" che inghiottì le ultime speranze di un ritorno alla vita reale. Gli anni che passano sfiorano Eluana, come un fiore una volta splendente e ora immobile sulla tela del pittore, senza un alito di vento che lo scuote, senza il ritmo del giorno e della notte, dell'alternarsi delle stagioni. Il dilemma: è vita questa? E' vita assistere inermi al tempo che passa? E' vita "vivere vegetando" lontani dal presente e fermi al passato? Da sedici anni, il mondo di Eluana è quella stanza in cui giace assente e il suo unico aggancio alla vita sono i tubi dei macchinari per l'alimentazione e per l'aria che entra forzatamente nei suoi polmoni. C'è un limite allo strazio? I genitori di Eluana hanno pianto tutte le lacrime, patito tutte le sconfitte e bruciato tutte le speranze. "Se dovesse accadermi qualcosa cui mi impedisse di vivere una vita normale, preferirei la morte" disse un giorno di tanti anni fa Eluana. Beppino Englaro, il papà di Eluana, dopo battaglie infinite, oggi vuole rispettare la volontà della figlia, che al di là di tutto, "conta più di ogni cosa". Giovedì scorso, la Corte d'Appello, dopo aver accertato "la straordinaria durata del suo stato vegetativo permanente e la visione della vita", ha autorizzato la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione. Quanto amore ci vuole affinché sia rispettata la volontà di Eluana Englaro, bambina diventata donna a sua insaputa... (Gericus)
[foto tratta da Zadig.it]

1 commento:

Anonimo ha detto...

PER EMETTERE LA SENTENZA DI CONDANNA A MORTE DI ELUANA, prima si ha da acquisire la CAPACITA' COGNITIVA, la conoscenza la coscenza - DELLA VITA trascorsa nello stato di COMA- DURANTE LO STATO DI COMA SI VEDE SI ASCOLTA , SI HANNO EMOZIONI, si SUBISCONO VIOLENZE, dalle quali, si subisce e basta.... tanto non sente non capisce, non ha coscienza- IL TUTORE, suo padre se non vuole ELUANA , revochi il mandato al GIUDICE TUTELARE, e sia altri ad essere tutori. E' tempo di finirla, per i propri comodi , definire, chi si trova in coma, non ha coscenza cosepovolezza de mondo che lo circonda , per il sol fatto di non poter comunicare, o meglio gli altri non comprendono la nostra comunicazione del nostro disagio dolore o piacere. Leggetevi questo artiolo apparso ieri, su questo caso esiste anche un sito internet www.salvatorecrisafulli.it
«Salvatore Crisafulli sentiva, ma nessuno lo capiva»
La testimonianza di Pietro Crisafulli: suo fratello è rimasto in coma per oltre due anni Per i sanitari non sentiva più nulla, invece ...

Salvatore Crisafulli è tornato a soffrire alla notizia del decreto della Corte d’Appello di Milano che permette di interrompere ali­mentazione e idratazione a Eluana Englaro. Sente ancora vivo il ricor­do di quando lui stesso si trovava in stato vegetativo e nessun medico voleva credere che si sarebbe ripreso: «Lo davano per spacciato – rac­conta il fratello Pietro – ma noi familiari vedevamo che piangeva, a­vevamo il sospetto che potesse ca­pire, ma venivamo regolarmente ca­tegoricamente disillusi dai medici. Ma quando si è svegliato, Salvatore ha potuto rivelare che sentiva tutto, e che poteva solo piangere per farsi capire».

Il caso di Salvatore venne alla ribal­ta mentre il mondo assisteva impo­tente alla vicenda di Terri Schiavo, la donna statunitense in stato vegeta­tivo che nel 2005 fu lasciata morire dopo una serie di ricorsi giudiziari. «Salvatore conosceva la vicenda per­ché vedeva i notiziari televisivi – continua il fratello Pietro –. Era in stato vegetativo dal settembre 2003, dopo un incidente stradale quando aveva 38 anni. E tutti i medici ci di­cevano che non c’era nulla da fare, persino i luminari da cui lo abbiamo fatto visitare (anche all’estero) era­no concordi. Ricordo in particolare un viaggio in Austria, da cui evidentemente Salvatore si attendeva mol­to: quando il professore stabilì che non avrebbe avuto più di 3-4 anni di vita, non solo pianse, ma cominciò a star male, gli venne la febbre».

Tuttavia passata l’emozione del ca­so Terri, i riflettori tornarono a spegnersi. «Non ce la facevamo più a reggere l’angoscia e la solitudine in cui come famiglia eravamo abban­donati – racconta ancora Pietro Cri­safulli –. Fu allora che per protesta­re dissi che gli avrei “staccato la spi­na” se non avessimo trovato aiuto. Sono parole di cui poi mi sono pen­tito, ma per capire bisogna cono­scere il grado di disperazione cui possono giungere i familiari di que­ste persone » . Tuttavia qualcosa si mosse: «L’allora ministro della Salute Francesco Storace si attivò e tro­vammo un ricovero in una struttu­ra attrezzata per una vera riabilita­zione. E per tre mesi Salvatore ot­tenne quell’assitenza che nessuno gli aveva mai dato prima: lì col tem­po hanno capito che era cosciente e nell’ottobre è uscito dal coma».

Iniziava un nuovo percorso, aperto alla speranza anche se ancora difficoltoso: «Per i primi 18 mesi l’assi­stenza è stata buona, poi è andata scemando, tra intoppi burocratici e carenze di fondi. Ma Salvatore con­tinua a migliorare: ora muove an­che le spalle e le dita dei piedi. E so­prattutto può comunicare». Al mat­tino, quando è più fresco, «riesce a parlare con la sua voce. Nel pome­riggio, di solito, utilizza due diffe­renti sistemi elettronici per trasmetterci il suo pensiero. Adesso per esempio sta scrivendo un comunicato proprio sul caso di Eluana». Un caso che non può non colpire chi è passato attraverso un percorso a­nalogo: «Parlando di Terri Schiavo, Salvatore ci ha detto che si rendeva conto di essere in una situazione simile ».
Ora Salvatore «ha una voglia di vi­vere incredibile, ha fiducia di poter migliorare ancora – aggiunge Pietro Crisafulli –. Stiamo preparando un viaggio in Florida, perché abbiamo saputo che c’è una terapia iperbari­ca che potrebbe fargli recuperare un 30% delle sue capacità. Dobbiamo sempre avere fiducia nelle possibi­lità della scienza medica nel futu­ro ».

Dalla vicenda del fratello, Pietro Crisafulli ha ormai tratto molta esperienza:
«Conosco 837 casi di per­sone in stato vegetativo, credo di po­ter affermare che almeno 350 di questi sono in grado di capire quel che succede loro intorno ma non riescono a comunicare in alcun mo­do. Proprio oggi (ieri, ndr) so che un uomo di 36 anni, in stato vegetativo dopo un incidente stradale da nove anni, si è svegliato e ha mosso le di­ta per scrivere. è fuori di dubbio che la ripresa di questi malati è lunga e incerta, ma la speranza non va mai abbandonata. E le famiglie vorreb­bero che la politica non fosse orien­tata verso una cultura di morte, ma a garantire i sostegni cui le persone disabili gravi hanno diritto».

ENRICO NEGROTTI (Avvenire)