giovedì 17 luglio 2008

IMPRONTE DIGITALI

Ai tempi della scuola media, mi ricordo che il dottore mi prescrisse un cucchiaio di olio di fegato di merluzzo da prendere tutti i giorni prima dei pasti. Era talmente schifoso che dopo il primo cucchiaio mi rifiutai di prenderne altri. Mio padre, per convincermi che non era poi così cattivo, mi disse: "Guarda, lo prendo anch'io", e lo buttò giù. E così, il poveruomo continuò a farlo tutti i giorni, affinché io ingurgitassi senza problemi la mia dose quotidiana. Perché questo ricordo? Perché mi fa pensare alla legge sulle impronte digitali ai rom, sacrosanta, tacciata però da più parti come "discriminatoria", pertanto, per aggirare l'ostacolo -ecco il paragone con mio padre- allargata a tutti, italiani compresi. Io, personalmente, non trovo niente di scandaloso a "sporcare i miei polpastrelli" di inchiostro, anzi, non avendo nulla da temere, mi presterò ben volentieri a questa bisogna. Ma la domanda che mi pongo è questa: Ma perché in Italia si osteggiano leggi che vanno tutte a vantaggio della società civile? L'emergenza che si pone, infatti, è quella di dare una riconoscibilità legale -con annessi e connessi- ai rom che invadono le nostre città, a quei soggetti che una volta pizzicati con le mani nel sacco, forniscono alla polizia un infinità di alias, e che per questa ragione riescono il più delle volte a farla franca. Sapere esattamente con chi si ha a che fare, serve a togliere dalla strada bambini di identità sconosciuta che entrano nelle nostre case spinti dai loro genitori o pseudo tali, e che se ritornano "in baracca" senza bottino, sono pestati e a volte -come abbiamo appreso recentemente grazie ad intercettazioni telefoniche- addirittura violentati. Prendere le impronte ai rom però è "discriminatorio" controbatte una certa classe politica a corto di idee. Bene. Quali proposte portano allora per ovviare a questa decisione? Non saremmo poi neppure i primi in Europa -o nel mondo- ad adottare questa possibilità, dato che le impronte agli stranieri vengono già prese in Belgio, Israele, Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna e Francia. Quindi? (Gericus)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma si dai facciamoci schedare tutti.
Organizziamo pure dei bei "schedatura party".
Pensa che figo è l'occasione buona per avere finalmente le impronte dei mafiosi e dei latitanti.
Il pacchetto sicurezza si evolve.
Prima innocente fino a prova contraria, ora prima ti schedo e poi chissà...
Certo questa è la risposta più veloce, e in fondo che ci costa, al più un po' di smacchiante per i polpastrelli.
Inaftti un bimbetto extracomunitario schedato lo riconosci prima, quindi la sesta volta che lo becchi potrai chiamarlo per nome, appena prima di riconsegnarlo al genitore che ora si guarderà bene dal mandarlo acora a rubare! Tanto ha meno di 14 anni e la legge prevede che glielo riconsegni.
Eppoi si sa una volta identificato può essere espulso ed è noto che gli espulsi da noi non tornano clandestini...
Togliere il bimbetto dalle grinfie di chi lo sfrutta e malmena no, questo è demodè...
Curioso che però, quando è stato proposto di fare una schedatura delle razze canine pericolose, le associazioni animaliste siano insorte.
Eh si ci sono schedature e schedature, e i cani non devono essere discriminati!!!!
Oh scusa, tanto per curiosità: ma te con che cosa ti fai?
A giudicare da quello che scrivi è roba davvero forte.
Prova a crescere.
Vedrai è meno difficile di quello che pensi.

Anonimo ha detto...

Non solo concordo con quanto sopra esposto, ma vi voglio svelare un dettaglio tecnico, ai fini di comprendere alcuni dettagli sulla parola "schedatura"... non si sa mai!

La più famosa e temuta è la "schedatura" della Polizia Criminale, la quale gestisce gli archivi anche per le altre forze dell'ordine.
Comprende le dieci dita oltre a tre foto (fronte e due lati) e permette controlli incrociati di vario tipo. Trovando una impronta in una scena del crimine, od avendo un soggetto "sospetto" che presenta false o dubbie generalità, è possibile fare un confronto "uno a molti" e vedere se tali impronte risultano esistere in un database di soli criminali (o di imputati poi assolti!).

La seconda schedatura, chiamata "civile" non a caso è quella, ad esempio, della carta di identità elettronica. Un solo dito ed una foto.
In realtà non è assimilabile alla precedente e rispetta la privacy, per ora.
Da quando esiste la carta di identità, una copia dei dati anagrafici inclusa la fotografia viene inviata all'archivio centrale del ministero dell'interno, l'altra custodita al Comune.
E' soprattutto una garanzia in caso di incendio, alluvione od altra catastrofe naturale.
Con l'avvento delle tecnologie informatiche, il "cartellino" è diventato anch'esso elettronico e viene inviato anch'esso al ministero ma archiviato in diverso modo: non più in un enorme database, bensì come se fosse archiviato singolarmente in una cartellina.
La differenza, in pratica, è che nessuna forza dell'ordine può nè mai potrà fare delle ricerche in questo modo.
L'unica cosa possibile è fare un confronto "uno ad uno", ovvero se smarrissimo i documenti ma possiamo dichiarare di essere "Mario Rossi Bianchi", in pochi istanti sarà possibile confermarlo o negarlo.
Niente di più.
In realtà, la schedatura civile aiuta il cittadino, spesso ignaro, a combattere i sempre più frequenti furti di identità.
Nella carta di identità elettronica l'impronta è memorizzata in modo da poter provare in ogni situazione di essere il legittimo possessore del documento, in maniera molto più sicura della sola fotografia.

Saluti e buon blog!