giovedì 19 giugno 2008

IL VENTO NON SOFFIA PIU'...

Altri tempi e altre latitudini, quando in 500 mila accorrevano ai suoi concerti, camicia a fiori e 'canna' tra i denti, jeans a 'zampa di elefante' e minigonne che facevano intuire tutto. C'era la rabbia del Vietnam e una guerra in sospeso sul mondo intero diviso ancora in due settori. E poi c'era lui, il menestrello di Duluth, Bob Dylan, (foto) figura chiave del movimento pacifista a lanciare previsioni quasi sempre catastrofiche ma che venivano assimilate da tutta la gioventù del globo, che con accendino acceso in mano, nel 1963 sospirava "How many roads must a man walk down, before you can call him a man". Nessuno lo sapeva, ma sicuramente "la risposta era nel vento" che soffiava minaccioso. Anche in Italia Bob Dylan diventò subito "un grande", poiché con Blowin' in the wind, arrivarono brani storici come A Hard Rain's a Gonna Fall (Oh, where have you been, my blue-eyed son?...) incisa l'anno prima; Mr. Tambourine Man nel '65 (Hey Mr. Tambourine man, play a song for me...); Just Like a Woman stesso anno (Nobody feels any pain / tonight as I stand inside the rain...); Like a Rolling Stone ancora nel '65 (How does it feels...); e poi ancora Highway 61 Revisted (Ho God said to Abraham, "Kill me a son..."); Sad Eyed Lady of the Lowland nel 1966 (With your mercury mouth in the missionary times...). Un Bob Dylan all'apice del successo,che però, a differenza di Beatles e Rolling Stones, si guardò bene dal venirlo a condividere con i suoi fans italiani. Lo ha fatto oggi a Chatillon in Valle d'Aosta e solo in altre rare volte in epoche recenti. "Canto per non diventare un mito" ha detto in una delle sue pochissime confidenze rilasciate alla stampa. Una frase che non quadra, visto il suo distacco -o menefreghismo?- verso il pubblico, che fa pensare invece ad un Bob Dylan ormai "ingabbiato" nel mito. Proprio adesso, che anche per lui "il vento non soffia più"... (Gericus)

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