Dice il Corano: "...In quanto a quelle tra le vostre donne colpevoli di relazioni illecite, portate quattro testimoni scelti nelle vostre famiglie; e se confermano la testimonianza, allora tenetele in casa finchè la morte le liberi o Dio indichi loro la strada" (4:19)
Hina Saleem, pachistana, aveva 20 anni e tanti sogni da realizzare. Il primo lo aveva già realizzato, ed era quello di vivere in piena libertà come del resto lo facevano le sue coetanee di Brescia, città nella quale vi era giunta anni fa assieme alla famiglia. Il secondo era quello di poter lavorare e vestire all'occidentale ed infine, quello di essere libera di scegliere l'uomo della sua vita. Tutte cose che l'arretratezza mentale di una famiglia trovava come un affronto alle leggi della propria terra di origine e quel fidanzato italiano, cristiano per di più, era l'ultimo affronto da lavare con il sangue.
I testimoni dunque erano stati trovati e i coltelli già affilati. Mancava solo lei per pronunciare una sentenza già stabilita e che non permetteva nè clemenza nè appello. Tre giorni fa, inconsapevole della sorte che l'attendeva, Hina si è recata dai genitori per una solita visita di routine. Per lei però non ci sono stati sorrisi e abbracci nè consigli o premure, solo orrore e sangue. E' stata ritrovata con la gola squarciata sotto un metro di terra nell'orto di casa della famiglia. Il motivo di tanta ferocia? Aver scelto di vivere, vestire, sognare e di amare all'occidentale. Suo padre Muhammad e i due parenti complici, fuggiti subito dopo l'orrendo assassinio, sono stati acciuffati dalla polizia e sbattuti nelle nostre patrie galere. Due mondi che si scontrano attraverso due culture distanti anni luce. Non c'è apertura verso il Paese che li ospita. Lo ha fatto capire a chiare lettere il rappresentante della Comunità pachistana di Brescia il quale, intervistato sull'orrendo crimine ha ammesso:
"Se suo padre lo ha fatto avrà avuto le sue buone ragioni" (Tg5 ore 13.00 del 14.08.06.).
Da sbattere dentro pure lui per apologia al delitto d'onore...
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