domenica 15 aprile 2012
In viaggio col Titanic #4: la fine
E' una notte fredda e stellata quella del 14 aprile 1912, e il mare è una lunga distesa piatta. Alle ore 22,30, su nella coffa sistemata sull'albero di prua, i marinai di guardia Fleet e Lee notano in lontananza un leggero bagliore dritto di prora. Quel bagliore insolito è presto individuato. E' un iceberg a non più di 400 metri. Lanciano subito l'allarme in plancia. "Tutta barra a tribordo e macchine ferme" urla l'ufficiale di guardia Lightoller, poi la snervante attesa. Sembra che la montagna di ghiaccio sia evitata, perché la prua della gigantesca nave sta virando a sinistra, poi, improvviso, uno stridore metallico proveniente da dritta. Seduto su una poltrona del "Caffé Parigino", il maggiore Butt nota un tintinnio improvviso del suo bicchiere di brandy appoggiato sul tavolo, mentre una passeggera di seconda classe che già si era ritirata nella sua cabina, Kate Buss, avverte un lungo sferragliare, come se il Titanic stesse gettando le ancore, poi, un silenzio assoluto, perché anche i motori non giravano più. Margaret Brown, una passeggera di prima classe, esce immediatamente dalla sua cabina e incontra un ufficiale: "Cosa è successo"? chiede. "Niente di grave, torni pure in cabina" risponde l'uomo. Ma la sua faccia trapelava preoccupazione, e Margaret Brown, conosciuta come "Molly", lo intuì immediatamente, quindi ignorando il consiglio, salì le scale e si recò sul ponte. E fece bene, perché dieci minuti dopo l'impatto con l'iceberg, l'acqua era salita già oltre cinque metri sopra la chiglia. Alle ore 0,05 del 15 aprile, domenica, viene dato l'ordine di calare le scialuppe. Non c'è ancora panico tra i passeggeri, poiché molti non credono che il Titanic, "l'inaffondabile", possa scivolare negli abissi. Alle 0,20 i ponti di prua, 15 metri sopra il livello del mare sono allagati, cinque minuti dopo si cominciano a calare le scialuppe con l'ordine "prima le donne e i bambini", alle ore 1,15 l'acqua ha raggiunto la scritta Titanic sulla prua e i passeggeri cominciano a spostarsi verso la poppa della nave. Alle ore 2.00 l'acqua è a tre metri dal ponte passeggiata e ormai il panico è scoppiato. Sono le ore 2,10 quando il comandante Smith, dopo aver detto ai marconisti di interrompere l'invio di messaggi di soccorso, ordina il "Si salvi chi può". Sul ponte di prima classe, alle ore 2,15 Wallace Hartley con la sua orchestra -Jock Hume, George Krins, John Woodward, Roger Bricoux, Percy Taylor, Theodore Brailey e Frederick Clarke- e con l'acqua che comincia a lambire i loro piedi intonano "Nearer my God to Thee" (Più vicino a te mio Signore), poi, all'improvviso, la prua si inabissa. Tre minuti dopo, alle 2,18, un sordo e forte boato squassa la notte. Le luci della nave lampeggiano poi si spengono, ed è in quel momento che il Titanic si spezza in due tronconi, con la poppa che si alza perpendicolarmente verso il cielo poi, lentamente, avvitandosi su se stessa inizia a scivolare nell'abisso. Nessuno degli italiani a bordo, circa una quarantina si salva, e tra questi sparisce in fondo all'Atlantico anche il valdostano Pietro Giuseppe Bochet, cameriere in servizio al ristorante di prima classe "à la carte", l'impiego del suo sogno. Sono le ore 2,20 e tutto è finito. Rimane solo un cielo stellato come non mai e un mare liscio come l'olio, cosparso da centinaia di cadaveri ormai stremati dal gelo dell'acqua. Il comandante Smith, come vuole la legge marinara, segue la sua nave negli abissi e con lui il mare si inghiotte oltre 1500 persone, tutti a bordo di quel gioiello d'ingegneria che la superbia dei suoi costruttori aveva soprannominato "inaffondabile". Nel momento del varo nei cantieri di Belfast, nel discorso inaugurale qualcuno affermò "Neppure Iddio ti potrà affondare". Bastò un iceberg nel suo viaggio inaugurale, il 15 aprile del 1912, esattamente 100 anni fa... (Fine)
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