mercoledì 30 settembre 2009
SO LONG "LUCY IN THE SKY"...
Chissà, forse la favola nasce per caso o viceversa, è il caso che diventa favola. Fatto sta che ieri, Lucy O'Donnell Vodden, 46 anni, (foto attuale e da piccola) se ne è andata dopo una lunga malattia in quel di Surrey, Londra. Per lei non ci sono stati giorni di celebrità, niente sfilate sul "red carpet", eppure lei, proprio lei ha segnato un epoca, ha fatto sognare intere generazioni che dei Beatles ne avevano fatto il loro portabandiera. E si riapre il caso su quell'acronimo fatale che si lesse nel titolo di uno dei brani più belli del gruppo inglese, quel "Lucy in the Sky with Diamonds" -inserito nell'album "Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band"- che per molti sembrò un inno all'acido lisergico, giusto raggruppando le iniziali del titolo con L.S.D. Ma se allora i sospetti potevano essere più che legittimi visto i tempi che correvano, la storia di quel brano era tutta un'altra cosa. Si dice che un giorno del 1967, Julian, 4 anni, figlio di John e Cynthia Powell, tornato dall'asilo, mostrò al padre un disegno che solo i bambini di quell'età possono fare. "Cosa rappresenta"? gli chiese John. "E' la mia amichetta Lucy nel cielo con i diamanti" rispose il piccolo. E Lucy, per l'appunto, si narra che fosse la O'Donnel, anche lei nell'asilo con Julian e all'oscuro di tutto. Per quel diavolo di John la descrizione del disegno fu folgorante, tanto che in men che si dica, nasceva appunto il brano che portava giusto quel titolo. Era proprio lei dunque la ragazza con "caleidoscope eyes, cellophan flowers of yellow and green", e che viveva in un mondo di "tangerine trees and marmalade skies"? Sembra di si, anche se qualcuno sospetta invece che l'ispiratrice di quel successo possa essere stata la "musa" di Lennon, Yoko Ono. Ma avrebbe un senso "Yoko in the sky with diamonds"?...
JAMES DEAN, LA VITA BREVE
Una lunga striscia d'asfalto, il sole che sta calando, e il ruggito di un motore. E' questa l'ultima immagine che James Dean, (foto) 24 anni, porterà con sé. Muore così l'attore simbolo di una generazione, colui che pochi mesi prima che finisse di girare il suo terzo film, "Il Gigante", era già diventato una star internazionale, grazie ad altre due pellicole "La Valle dell'Eden" e "Gioventù Bruciata", quest'ultima non ancora usciao nelle sale. Il suo motto, "Live fast and die young" -Vivi velocemente e muori giovane- fu quasi una triste premonizione. Il 30 settembre 1955, James Dean era alla guida della sua nuovissima Porsche Spyder 550 e accanto a lui sedeva Rolf Wutherich, un meccanico tedesco miracolosamente scampato all'incidente. Destinazione di quel viaggio, Salinas -California- dove si teneva una competizione automobilistica alla quale James Dean si era iscritto. La Porsche, già col numero di gara 130 e battezzata dall'attore "Little Bastard" -Piccola bastarda-, filava lungo la "Route 446" -oggi 46- tanto che una pattuglia della Stradale, incontrata lungo la Golden State Highway che attraversa il villaggio di Grapevine, lo aveva fermato e multato per velocità superiore alle 45 miglia. Sono le 4 del pomeriggio, due ore soltanto prima dell'impatto mortale. Poco oltre, una sosta ad un caffé incontrato lungo la strada, un panino, una busta di mele e una Coca-Cola. Mancano 33 miglia dal luogo dell'incidente. "Senti come canta il motore" dirà James Dean all'amico meccanico, aggiungendo "non voglio tirarla troppo però, perché questo gioiello me lo voglio godere in gara". Sono esattamente le 6 del pomeriggio di quel maledetto venerdì 30 settembre, e si dice sia stato il sole calante a non far scorgere il basso profilo della Porsche metallizzata che stava arrivando, fatto sta che una vecchia Ford Sedan guidata dallo studente 23enne Donald Turnupseed, giunta all'intersezione tra la 41 e la 466, nelle vicinanze di Cholame, improvvisamente si immetterà nella strada. "That guy's gotta stop... He'll see us!" -quel tipo si deve fermare, ci avrà visto!- sono le ultime parole di James Dean, poi l'impatto, violento e mortale. Ironia della sorte. Solo pochi mesi prima, girando uno spot televisivo contro la velocità, James Dean, rivolgendosi soprattutto ai giovani, aveva detto: "Guidate con prudenza, perché la vita che salvate potrebbe essere la mia". Il 'Destino' a quanto pare non tenne conto di queste parole...
(foto Warner Bros. Inc. tratta dal film "Il Gigante")
(foto Warner Bros. Inc. tratta dal film "Il Gigante")
lunedì 28 settembre 2009
DELITTO POGGI: TUTTO DA CAPO?
Un indagine che girando intorno all'unico imputato si ritrova al punto di partenza. E' questo il senso dell'ultima perizia presentata dall'esperto medico-legale Lorenzo Varetto al gup di Vigevano, Stefano Vitelli, nella quale -e per la prima volta-, si mette in serio dubbio la possibilità che Alberto Stasi sia l'autore dell'omicidio della fidanzata Chiara Poggi, (foto) avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007. Praticamente 'una mazzata' per l'accusa, rappresentata dal pm di Vigevano, Rosa Muscio, che ha chiesto per Stasi 30 anni di carcere e "senza il riconoscimento delle attenuanti generiche". Tre dunque sono i punti cardine che scagionerebbero l'ex fidanzato di Chiara, e questi si riferirebbero alle macchie di sangue trovate sui pedali della bicicletta di Alberto, le sue impronte rinvenute sul dispenser portasapone e infine, l'assenza di tracce ematiche sulle suola delle scarpe del giovane. Sul primo punto, il medico legale afferma che "il materiale biologico della vittima rinvenuto sui pedali potrebbe essere costituito da un qualsiasi tipo di tessuto riccamente cellulato". Sul secondo riscontro, "le tracce di un impronta digitale di Stasi mischiata col Dna di Chiara" rinvenuta sul dispenser, non significa esclusivamente che questi si lavò le mani subito dopo il delitto, "ma il fatto che tutti e due abbiano toccato in tempi diversi l'oggetto rende il rilievo irrilevante e non costituisce una prova scientifica". Terzo punto, le scarpe, che l'accusa ha sempre ritenuto impossibile non macchiarsi a causa delle numerose macchie di sangue sparse sul pavimento, e che di conseguenza, il ragazzo se le sarebbe cambiate volutamente. Per il medico legale invece, tutto ciò è possibile, poiché "già 40 minuti dopo l'omicidio il sangue era già secco, visto il caldo di quei giorni". "Sono abbastanza contento di questi risultati" ha commentato Alberto Stasi, che però il 14 ottobre dovrà ricomparire in aula con la ripresa del processo. Tutto da rifare dunque? A due anni di distanza dal delitto, la verità è sempre più lontana, mentre la gente si chiede: Ma se lui non centra per niente, chi ha ucciso in quel modo brutale la neolaureata Chiara Poggi? Già, chi l'ha uccisa?
ROMAN POLANSKI: RITORNO AL PASSATO
Si, d'accordo. Roman Polanski (foto) è un grande regista. Di lui si celebrano films come "Rosemary's Baby", "Il pianista" -Palma D'Oro a Cannes-, "Tess" -due nomination all'Oscar- ,"China Town", "Per favore non mordermi sul collo", "Oliver Twist" e poi di lui si ricorda la moglie, la bellissima attrice Sharon Tate, uccisa il 9 agosto del '69 a Beverly Hills assieme ad altri quattro amici dalla setta di Charles Manson. Nel suo passato che ritorna però, Roman Liebling, -alias Polanski- nato a Parigi il 18 agosto 1933, è ricordato anche nei verbali della polizia di Los Angeles, e non per meriti artistici, tutt'altro: per violenza sessuale nei confronti di una tredicenne. Era infatti il 1977 quando l'allora 44enne regista di origine polacca partecipò ad una festa nella villa dell'amico Jack Nicholson. Wiskey a gogò e -a sentire ciò che mise a verbale la ragazzina- anche qualcos'altro. Il fatto si sviluppò nella piscina della villa, dove prima con semplici avances e poi con maggior insistenza, il maturo regista violentò la 13enne Samantha Geimer. La denuncia arrivò subito dopo da parte dei genitori della ragazzina, e davanti al procuratore, Polanski patteggiò per l'accusa di stupro, venendo però condannato dal tribunale di Los Angeles per sesso con una minorenne. Prima che le manette gli scattassero ai polsi però, Roman Polanski abbandonò in tutta fretta gli Stati Uniti senza mai più farvi ritorno. Trovò accoglienza nell'ospitale Francia, diventandone in seguito cittadino. Per oltre 30 anni un mandato d'arresto internazionale lo ha seguito costantemente in ogni suo spostamento, un mandato però mai eseguito da nessun Paese. E' stata la polizia svizzera ad arrestarlo sabato 26 settembre appena Polanski ha messo piede a Zurigo, lì per ricevere una targa in onore alla carriera. I promotori della manifestazione lo hanno atteso invano, e solo qualche ora dopo sono venuti a conoscenza che "l'ospite d'onore" era stato tratto in arresto e rinchiuso in una cella dell'aeroporto. La vittima dello stupro, oggi una matura signora di 45 anni, dopo vari tentativi di far archiviare il caso una volta per tutte, ha detto "L'ho perdonato, ho una vita felice e mi auguro lo stesso per lui". Troppo poco per la legge americana, ora in attesa di vederselo recapitare a casa. Ma se questo è il fatto, di per sé già insolito per lunghezza dei tempi, lasciano perplesse invece le reazioni dello "star system" mondiale, schieratosi immediatamente a favore dell'artista, dimenticando di fatto però l'uomo. Se Roman Polanski verrà estradato in Usa, un nuovo procedimento verrà aperto nei suoi confronti, perché in America, checché se ne dica, "La legge è uguale per tutti". Anche per artisti del calibro di Roman Polanski, "Palma d'Oro" a Cannes e Premio Oscar per la regia.
(foto tratta da Corriere Online)
(foto tratta da Corriere Online)
lunedì 21 settembre 2009
DORMONO, DORMONO TUTTI SULLA COLLINA...
Lunedì 21 settembre. Giorno di lutto, sei bare avvolte nel Tricolore, vedove, figli e madri, lacrime, dolore. Antonio Fortunato, Matteo Mureddu, Davide Ricchiuto, Massimiliano Randino, Roberto Valente, Gian Domenico Pistonami, ritornati a casa dentro a quattro assi, un giorno partiti per "una missione di pace" in terra lontana. Giorno di lutto dunque, di rabbia, ma anche di riflessione per questi sei morti, affinché siano gli ultimi di questa nostra lunga serie di "caduti per la pace". Ma di quale pace si parla? Di quella che il "nemico da pacificare" mette in atto vigliaccamente a suon di dinamite contro i "pacificatori"? E' scaduto il tempo della colomba che arriva dall'Italia portando solo aiuti e umanità, dell'ambiguità di voler stare tra il nemico e la popolazione soggiogata nell'incomoda veste di arbitro neutrale di una guerra interna. Operazione "peacekeeper", viene denominata la nostra partecipazione in Afghanistan, poiché noi siamo là per "mantenere la pace", che tradotto in parole povere, significa stare "col diavolo e strizzare l'occhio alla Madonna". Noi siamo in guerra invece, ed è la modalità d'ingaggio, la mentalità, la partecipazione che va rivista, poiché si va "à la guerre comme à la guerre" come ha detto qualcuno, con il sottinteso che "a la guerra si va per combattere", e non per portare aiuti. Il punto allora è questo, e ogni stratega di una qualsiasi guerra lo sa: il nemico va battuto, annientato militarmente con azioni mirate, impiegando il più efficace volume di fuoco per arrivare al risultato finale. Quello della vittoria che porta la pace. E' impensabile vincere uno scontro di "odio e civiltà" pensando ad un "ravvedimento" del nemico, un nemico tra l'altro invisibile e vigliacco, e che con questo suo colpire a tradimento ha già sconfitto le armate russe esattamente 30 anni fa. Dove sono quindi Antonio, Matteo, Davide, Massimiliano, Roberto e Gian Domenico, i sei paracadutisti della Folgore "assassinati" a Kabul, eroi di questa nostra "Spoon River"?
"Tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina"...
(Foto: Liverani-Rai 1)
"Tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina"...
(Foto: Liverani-Rai 1)
giovedì 17 settembre 2009
ANCORA SANGUE ITALIANO A KABUL
Altri sei militari italiani (foto) caduti questa mattina nell'inferno di Kabul. Sono il caporal maggiore Davide Ricchiuto, 26 anni nato a Glarus, Svizzera; il tenente Antonio Fortunato, 35 anni di Potenza; il caporal maggiore Matteo Mureddu, 26 anni di Oristano; il sergente maggiore Roberto Valente, 37 anni di Napoli; il primo caporal maggiore Gian Domenico Pistonami, 28 anni di Orvieto, e il caporal maggiore scelto Massimiliano Randino, 32 anni di Salerno. Con loro sono rimasti feriti altri quattro militari, tutti ricoverati all'ospedale da campo delle Interforze e nessuno in pericolo di vita. I dieci militari, appartenenti al 186esimo reggimento paracadutisti Folgore, il fior fiore delle nostre forze militari, si trovavano a bordo di due mezzi blindati Lince, che niente però hanno potuto rispetto a oltre 150 chili di esplosivo fatto brillare da un kamikaze a bordo di una vettura. Il vile attentato è avvenuto verso le ore 12,10 locali (9,40 in Italia) sulla strada che porta verso l'ambasciata americana, l'aeroporto e il comando Isaf. Secondo una prima ricostruzione, una Toyota bianca carica di esplosivo e con a bordo un uomo, si sarebbe introdotta tra i due mezzi militari italiani mentre si spostavano in colonna, per poi esplodere. Nella violenta deflagrazione che ha sventrato i due blindati, sei militari sono morti sul colpo e altri quattro sono rimasti feriti, mentre le case intorno sono andate distrutte per un raggio di decine di metri. Visto la quantità elevata di esplosivo impiegato, si ritiene che l'obiettivo non fossero i nostri soldati, bensì una delle ambasciate straniere presenti nella zona, prima fra queste quella americana. Altro sangue italiano nelle strade di Kabul dunque e seconda strage per numero di morti dopo quella di Nassiriya del 12 novembre 2003, nella quale ben 19 militari -tra esercito e carabinieri- rimasero uccisi. "Continueremo ad andare avanti senza tentennamenti" ha assicurato il ministro della Difesa Ignazio La Russa, "poiché è da lì che parte il terrorismo internazionale". Domenica prossima è previsto il rientro in Italia delle sei vittime.
SANAA DAFANI, MORIRE PER AMORE
PORDENONE - Un colpo di coltello, secco e cattivo alla gola. Se ne è andata così Sanaa Dafani, una giovane 18enne marocchina (foto) da anni residente con la famiglia in Italia. Se ne è andata così, in una sera di fine estate, portando con sé il ghigno malefico del suo assassino: suo padre. Padre, ma solo biologico, poiché nel senso più intrinseco della parola di padre non c'era niente, o forse si: solo odio. Odio nei confronti di questa figlia "perché amava un italiano", odio perché lei, musulmana, non poteva e non doveva legarsi ad un "infedele cristiano", odio infine perché "voleva vivere all'occidentale", e non come la madre, infagottata nel velo e chiusa in casa, se non per quell'unica uscita per andare in moschea al venerdì. El Ketawi Dafani, 45 anni, il padre-assassino, descritto da tutti come "un buon musulmano che rispetta il Ramadan" e che proprio in quest'Italia che ne odia la cultura aveva trovato lavoro e benessere, ieri ha deciso che tutto ciò doveva finire. Con fredda determinazione quindi è entrato in un negozio e ha comprato un acuminato coltello da macellaio, poi, con quella lama in tasca, è andato diretto al ristorante "Monte spia" di proprietà di Massimo De Biasio, 31 anni, il locale dove da circa un anno la figlia vi lavorava come cameriera. Era nato lì l'amore tra Sanaa e Massimo e quell'unione ormai andava avanti da circa sei mesi. Un amore bello, pulito, tanto che Sanaa, come spesso succede alle ragazze di quell'età, aveva deciso di lasciare la casa paterna per andare a vivere in casa di un amica, primo passo verso l'indipendenza e magari, verso la convivenza col fidanzato. Un sogno che però è rimasto solo un sogno, perché Sanaa, capelli neri, occhi profondi e un filo di trucco sul volto, ha subito capito la pericolosità di quell'incontro, quando ha scorto il padre nascosto nelle prime ombre della sera. Quello che è successo lo racconta il fidanzato, unico testimone della tragedia. Il padre che si fa avanti minaccioso col coltello in mano, Massimo De Biasio che cerca di fermarlo, Sanaa che fugge nel boschetto vicino, il congiunto che la rincorre, l'agguanta e la colpisce, una, due volte alla gola, quanto basta per ucciderla, così, come si fa con un agnello. Massimo De Biasio viene portato ferito in ospedale, Sanaa, più tardi, direttamente all'obitorio. Finisce qui dunque la storia di Sanaa Dafani, scannata per seguire un sogno di vita diverso da quello prospettato dalla famiglia, tanto da far dire alla madre della ragazza che "forse è Sanaa che ha sbagliato". Un altro freddo omicidio che ricorda molto da vicino quello di Hina Saleem, 20 anni, pachistana, anche lei uccisa dal padre con l'aiuto di parenti a causa di un amore italiano, ed anche qui un'altra madre che a distanza di tre anni dal fatto, in un intervista ammette di aver perdonato il marito/assassino "perché nostra figlia sbagliava". Vivere e amare all'italiana dunque è uno sbaglio che si paga con la morte... Due casi simili oltre che nel dolore anche nel pensiero di queste madri -ma dov'è l'amore materno!- . Ci vorranno secoli dunque, prima che certe mentalità si adeguino a quelle occidentali, e nel frattempo, quanto sangue innocente dovrà ancora scorrere in nome di questa "integrazione forzata e quindi senza sbocco"?
lunedì 14 settembre 2009
MISS ITALIA: CHIU' PILU PE TUTTI!
Tutti gli anni è la stessa solfa, e nonostante tre milioni di persone siano rimaste sveglie fino alle una di notte per sapere chi è la nuova Miss Italia 2009, gli scricchiolii sul flop di questa manifestazione cominciano a farsi sentire sempre più. Primo, ma non unico allarme di un Titanic che affonda, quei telefoni che una volta squillavano ininterrottamente per assegnare da casa voti alle concorrenti, e che oggi invece squillano sempre meno. Milly Carlucci, veterana della trasmissione, fa del suo meglio per dare tono al programma, anche se "il pasticcio" è dietro l'angolo. Ma che colpa ne ha se la giuria, (Rita Rusic, Ricky Tognazzi, Sergio Assisi, Guillermo Mariotto e Claudio Cecchetto) assegna la fascia di "Miss Moda" alla concorrente sbagliata, la campana Mirella Sessa al posto di Federica Sperlinga, siciliana? Alla luce di tutto ciò, il "carrozzone" di Patrizia Mirigliani -ereditato dal padre Enzo- ha ancora un senso? Ha senso buttar via 70 mila euro -ma si parla di 100 mila!- per un ospite come la Paris Hilton, pagata solo per esserci? L'ereditiera americana infatti avrebbe -per contratto- dovuto cantare e ballare -manco fosse Barbra Streisand!- mentre invece non ha -grazie a noi!- aperto bocca né danzato, poiché -come ha detto-, "il mio fidanzato non vuole che altri ballerini mi tocchino", come se la suddetta signorina fosse appena uscita dal convento delle suore Orsoline... A notte fonda infine, il momento 'clou' della maratona televisiva, quello che incorona la Miss Italia 2009, e che in questo caso è Maria Perussi, 18 anni calabrese (foto) , mentre le damigelle d'onore sono Mirella Sessa -la più votata in sala-, 23 anni, campana, e Letizia Bacchiet, veneta di 18. "Panem et circenses" dunque, come dicevano i politici dell'antica Roma per tenere buono il popolo. Oggi, il simpatico Antonio Albanese, nella sua parodia del politico ne aggiunge un altro di particolare: "Chiù pilu pe tutti"!...
venerdì 11 settembre 2009
OCCHIO ALLE TRUFFE! #13
Secondo un recente rapporto, le truffe telematiche sono salite vertiginosamente del 140% negli ultimi anni. Notando i tentativi di truffa che arrivano quotidianamente al mio indirizzo email, c'è da crederci. Quello che invece rimane difficile credere, è come la gente, oggi, possa ancora cadere in simili tranelli, dato che i messaggi che arrivano sono talmente stupidi che anche un bambino lo capirebbe. Ecco dunque alcune "trappole" che hanno ingolfato la mia box, subito passate nel cestino dopo una risata. L'onnipresente marchio -usato in forma fraudolenta per la truffa-, "Carta Si", questa volta mi regala soldi, e me lo comunica come io lo riporto, errori compresi:
"Per la sua fidelita CartaSi le offrw l'opporunita di beneficiare dell bonus che si ofre una volta all'anno con un valore di 450 euro. NOTA: il bonus le sarra accreditato nelle prossime 24 ore.
P.IVA 04107060966 -Copyright CartaSi 2009 Tutti i diritti riservati". CESTINARE!
La seconda truffa è di un certo Mr. Yu Yun che vuole trasferire sul mio conto bancario (perché proprio il mio?) 18.300.000 Dollari per il motivo che non può tenerli più a lungo in banche africane -dove lui risiede- pena la confisca. Per questo mio disturbo, lui mi devolverà il 20% dell'intera somma, un qualcosa tipo 3 milioni e 600 mila dollari. Per questo motivo, mi chiede generalità complete, indirizzo di residenza e numero telefonico privato. CESTINARE!
Terza truffa: Un certo Mr. Zeb Evans poi mi dichiara che, visto il buon esito dei nostri accordi a proposito di una transazione di soldi dall'estero in Italia (?), vuole che contatti il suo segretario per farmi dare il mio compenso pattuito (??) di 1 milione e 500 mila dollari. Per questo motivo devo contattare Mr. John Abell (?) attraverso una sua mail o telefonicamente al numero 229 9864 8822 (riportato interamente con la speranza che venga registrato anche dalla Polizia) dandogli le mie complete generalità, indirizzo, numero telefonico, età e occupazione. Sotto, con gran faccia tosta aggiunge: "poiché lui vuole essere sicuro che i soldi arrivino veramente a te e non ad altri, se non gli spedisci questi dati l'assegno non partirà". Come chicca finale conclude con: "Essendo in giro per il mondo per investimenti, non sarò in grado di contattarti personalmente almeno per un anno. Nel frattempo ti saluto Mr. Zeb Evans". CESTINARE!
Quarta truffa: La pseudo Banca Fideuram -marchio sempre più tirato in ballo dai truffatori telematici-, avverte infine che "a causa di cambiamenti sulla piattaforma Fideuram, abbiamo bisogno ancora una volta del tuo aiuto per la vostra sicurezza". Come? "Confermando i vostri dati in modo che si possa aggiornare le nostre banche dati, da digitare sul link riportato di seguito: https://www.fideuram******************. Segue pubblicità.
Fideuram ne è all'oscuro di tutto questo! CESTINARE!
"Per la sua fidelita CartaSi le offrw l'opporunita di beneficiare dell bonus che si ofre una volta all'anno con un valore di 450 euro. NOTA: il bonus le sarra accreditato nelle prossime 24 ore.
P.IVA 04107060966 -Copyright CartaSi 2009 Tutti i diritti riservati". CESTINARE!
La seconda truffa è di un certo Mr. Yu Yun che vuole trasferire sul mio conto bancario (perché proprio il mio?) 18.300.000 Dollari per il motivo che non può tenerli più a lungo in banche africane -dove lui risiede- pena la confisca. Per questo mio disturbo, lui mi devolverà il 20% dell'intera somma, un qualcosa tipo 3 milioni e 600 mila dollari. Per questo motivo, mi chiede generalità complete, indirizzo di residenza e numero telefonico privato. CESTINARE!
Terza truffa: Un certo Mr. Zeb Evans poi mi dichiara che, visto il buon esito dei nostri accordi a proposito di una transazione di soldi dall'estero in Italia (?), vuole che contatti il suo segretario per farmi dare il mio compenso pattuito (??) di 1 milione e 500 mila dollari. Per questo motivo devo contattare Mr. John Abell (?) attraverso una sua mail o telefonicamente al numero 229 9864 8822 (riportato interamente con la speranza che venga registrato anche dalla Polizia) dandogli le mie complete generalità, indirizzo, numero telefonico, età e occupazione. Sotto, con gran faccia tosta aggiunge: "poiché lui vuole essere sicuro che i soldi arrivino veramente a te e non ad altri, se non gli spedisci questi dati l'assegno non partirà". Come chicca finale conclude con: "Essendo in giro per il mondo per investimenti, non sarò in grado di contattarti personalmente almeno per un anno. Nel frattempo ti saluto Mr. Zeb Evans". CESTINARE!
Quarta truffa: La pseudo Banca Fideuram -marchio sempre più tirato in ballo dai truffatori telematici-, avverte infine che "a causa di cambiamenti sulla piattaforma Fideuram, abbiamo bisogno ancora una volta del tuo aiuto per la vostra sicurezza". Come? "Confermando i vostri dati in modo che si possa aggiornare le nostre banche dati, da digitare sul link riportato di seguito: https://www.fideuram******************. Segue pubblicità.
Fideuram ne è all'oscuro di tutto questo! CESTINARE!
mercoledì 9 settembre 2009
THE BEATLES DAY: 09/09/09/
E' di nuovo il momento dei "Fab Four", poiché in Inghilterra -quale altro posto se non lì dove sono nati- è riesplosa prepotentemente la "Beatlemania", e come giorno indicato, quello magico del 9, ovvero tanti quanti sono i numeri per indicare giorno, mese e anno. E per rimanere nel numero, i negozi del Regno Unito questa mattina, esattamente alle ore 9,09, hanno cominciato le vendite del catalogo originale dei Beatles 14 album quindi rimasterizzati in digitale e stereo -con dvd video- da acquistare individualmente o in cofanetto, per un totale di 525 minuti di musica del mitico gruppo. L'idea arriva dalla Emi/Apple e i responsabili delle vendite assicurano che tantissime sono già le prenotazioni arrivate da ogni parte del mondo, facendo prevedere che i Beatles, (foto) 40 anni dopo il loro scioglimento, scaleranno di nuovo tutte le classifiche dei dischi più venduti. E subito giornali e tivvù si sono buttati a capofitto su questo avvenimento, con MTVGold, prima fra tutte le emittenti televisive satellitari-, a dedicare ripetutamente nell'arco della giornata un ampio servizio di un ora e trenta sull'avvenimento. Musica dal vivo, filmati inediti ed un lungo appendice dedicato a John Lennon, anima e motore della band, seppure i fans lo abbiano sempre accusato -almeno nei primi momenti- come colui che decretò la fine dei Beatles dopo il suo incontro con Yoko Ono. Riascoltando oggi i brani dei "Fab Four" c'è da rimanere colpiti dal valore e l'immortalità della loro musica, la freschezza delle armonie e la semplicità delle liriche, suoni che in un attimo entrarono nel cuore di tutti, fin dalla storica "Please please me" del '63 a "Let it Be", il loro canto del cigno del 1970. Giusto dunque questo "Beatles Day", un occasione che sicuramente proietterà questo mitico gruppo dentro ad una nuova generazione di fans, con una speranza: che anch'essi provino le stesse gioe ed emozioni che la band seppe regalare ai giovani dei cosiddetti "mitici anni Sessanta".
martedì 8 settembre 2009
MIKE BONGIORNO 1924-2009
Diavolo di un Mike Bongiorno! (foto) Un tiro del genere non dovevi proprio farcelo, cioè di andartene così, improvvisamente senza un tuo "Allegria!" col quale normalmente chiudevi i tuoi programmi, quasi un consiglio agli italiani di "vivere positivo", dato i tempi che correvano fin dalle tue prime apparizioni televisive. Ti ho conosciuto in bianco e nero sul grosso televisore -forse uno dei primi-, che sistemarono al "Bar Gino" in via Bengasi, proprio sotto casa mia a Livorno. Era il 1955, e sull'insegna, per dare risalto alla novità "catodica", c'era scritto "biliardo e saletta tv", come a dimostrare il salto di qualità fatto con quello strano "aggeggio". Io, appena bambino, con una gazzosa in mano mi sedevo a guardare "Lascia o Raddoppia?" che ogni sabato andava in onda alle ore 21 e mi ricordo che mi divertivo a sentire quel tuo accento un po'... particolare, dato che eri nato e cresciuto a New York, per sbarcare poi in Italia negli anni bui. Diavolo di un Mike! E le gaffe? Chi saprà coniarle belle e naturali come solo tu sapevi fare? Per un po' la gente ha pensato che tu fossi un po'... svampitello, poi ha capito che volpone eri, di che pasta eri, e immemorabile è la battuta "in diretta" che tu riservasti ad una tua concorrente, tale Giuliana Longari in un lontano 1970. Quella volta conducevi un altro tuo successo televisivo, ovvero quel "Rischiatutto" che alle ore 21,15 di giovedì, giorno di messa in onda, anche i cinema dovevano fermarsi a causa di mancanza di spettatori, dato che tutti erano lì davanti alla Tv a seguire il tuo programma. Ad una domanda di carattere ornitologico, - c'è chi dice invece una domanda di pittura su Paolo Uccello- la brava e bella concorrente diede una risposta sbagliata, e il tuo commento immediato fu: "Ahi ahi ahi signora Longari, mi è caduta sull'uccello!" Gli anni certo sono volati via velocemente, ma devo dire che il tuo acume è sempre stato vispo, come quella volta quando Luca Barbareschi, a tua insaputa, fece irruzione, truccato e travestito da concorrente nella tua "Ruota della Fortuna". Una volta scoperto la gamola, lo cacciaste via come un ladro mentre lui ti diceva struccandosi "Sono Luca Barbareschi", e tu, inviperito come non mai rispondevi "Ma chi se ne frega se sei Luca Barbareschi, buttatelo fuori!". Ci mancherai caro Mike, e nei nostri orecchi risuonerà sempre quel "Fiato alle trombe Turchetti!", oppure quel "Grazie e buon weekend a tutti, voi dove andate? Io me ne andrò a fare una bella sciata a Cervinia", pubblicità camuffata per quella Valle d'Aosta che tanto hai amato. Diavolo di un Mike! Ma come possiamo pensare che tu sia morto davvero? Tu sei la televisione, sei la Rai e sei Mediaset e la televisione non può morire, quindi... "Allegria"!
lunedì 7 settembre 2009
LUNEDI' NERO IN VALLE d'AOSTA
AOSTA - Tre incidenti a distanza di poche ore uno dall'altro hanno funestato questa mattina la Valle d'Aosta. Quattro sono le vittime e tre le persone ricoverate in ospedale, le cui condizioni -almeno per due- sono considerate critiche. Il primo incidente è avvenuto a Gressoney nelle prime ore del mattino, quando un areo da turismo, un Piper biposto DR 400, con ai comandi André Michelin, un francese di 64 anni, per motivi ancora sconosciuti è precipitato sul ghiacciaio del Lyskamm nel massiccio del Monte Rosa, a circa 4000 metri d'altezza. Il velivolo, partito da Grenoble alle 6,50 e con a bordo solo il pilota, si è schiantato sul ghiacciaio sotto gli occhi di due alpinisti svizzeri e due guide valdostane, che subito hanno dato l'allarme. I soccorsi, giunti poco dopo, sono riusciti non senza difficoltà ad estrarre l'uomo dai rottami e a trasportarlo urgentemente all'ospedale Umberto Parini di Aosta, dove è tuttora ricoverato per contusioni e fratture, anche se i medici affermano che non è in pericolo di vita. Nel secondo incidente, accaduto poche ore dopo, due alpinisti svizzeri, Andreas Von Kanel e Hans Peter, 47 anni entrambi, una guida e il suo cliente, hanno perso la vita durante un escursione sul Breithorn centrale, situato tra il Cervino e il Monte Rosa. I due alpinisti sono precipitati ad una altezza di 4000 metri finendo dopo un volo di oltre 200 metri sul ghiacciaio sottostante. La Guardia di Finanza di Cervinia e il Soccorso alpino valdostano sono intervenuti per recuperare i due corpi. Nel terzo incidente accaduto poco prima delle 13 sul Monte Bianco, (foto) è rimasto coinvolto questa volta un elicottero della società Helops (Hair vallèe helicopter operation & service), precipitato sul ghiacciaio del Toula causando due morti e due feriti gravi. Le vittime sono i tecnici di volo Christian Jeantet di 37 anni e Giuliano Coaro di 53, mentre il pilota -in un primo tempo dato per morto- Andrea Bellinzona 45 anni, e un operaio albanese di 30, Ronald Shullani residente ad Acqui Terme (Alessandria), sono ricoverati all'ospedale di Aosta in gravi condizioni. I quattro a bordo del velivolo, erano impegnati in lavori di manutenzione della linea elettrica sotto il rifugio "Vecchio Torino", lavori di routine in luoghi conosciuti, dato che l'equipaggio ha spesso lavorato per la protezione civile valdostana. Sul luogo dell'incidente, sono giunti immediatamente tre elicotteri del Soccorso Alpino Valdostano per le operazioni di soccorso, rese alquanto difficili dal vento e dalla zona impervia. Alla luce di questi tre tragici eventi, il presidente della Regione Augusto Rollandin ha convocato d'urgenza una riunione straordinaria con i capogruppo del Consiglio -prevista per le 16,30 di oggi-, per discute modalità e svolgimento della Festa della Valle d'Aosta, che vede in programma alle ore 18 di oggi una cerimonia di consegna di onorificenze e alle ore 20,30 due concerti di musica.
sabato 5 settembre 2009
JOSHUA BERNARD, AGONIA IN DIRETTA...
Un albero con la chioma verde, in lontananza una catena di montagne e due militari chini su un commilitone. E' il 15 agosto e l'immagine registra gli ultimi istanti di vita di un giovane marine americano, il caporale Joshua Bernard, 21 anni, (foto) di New Portland in Maine. Un immagine cruda e violenta di quelle che scuotono le coscienze e aprono una finestra sulla realtà della guerra. Una granata, esplosa in un boschetto di melograni su di un campo di battaglia afgano nei pressi del villaggio di Dahaneh ha fatto scempio del corpo del giovane. La crudeltà del rapporto stillato dai medici sulle ferite riportate dal militare è sconvolgente: una gamba strappata di netto dall'esplosione, e l'altra appesa a un brandello di carne. Lo scatto è della fotografa Julie Jacobson, fatto da lontano, col teleobbiettivo e sotto il fuoco talebano. Nel dramma di questa vita che si spegne, una domanda: era proprio necessario pubblicare l'agonia di un giovane? Anche il Pentagono ha manifestato il suo sdegno inviando una nota di protesta all'agenzia Ap -Associated Press- , rea di aver mandato in circuito la foto, definendo l'iniziativa "una raccapricciante violazione del buon senso e del rispetto verso le persone". Come risposta, Santiago Lyon, capo del servizio fotografico incriminato porta le sue ragioni: "Ogni giorno i nostri giornalisti documentano gli avvenimenti mondiali, e l'Afghanistan non fa eccezione". L'unica "gentilezza" concessa dall'agenzia, infatti, è aver aspettato che i funerali del giovane marine fossero stati celebrati. Ma come è stata la reazione in America tra la gente comune, in relazione al 19° soldato americano morto in agosto in Afghanistan -su un totale di 51appartenenti a esercito, marines e marinai caduti nello stesso mese- e relativa pubblicazione della sua agonia sui media internazionali? Sintomatico è il pensiero lasciato in rete da uno che si firma "lordjin": "We are a tv-watching, movie-watching, buttered popcorn and large fountain drink culture. We, more than anyone else, need to see that our precious freedoms were won by countless limbs being blown off countless bodies, and that our convenient sidewalks that lead us to our convenient movie-theaters and video store are paved whit human blood". In poche parole, un pensiero e una lode al caporale Joshua Bernard, poiché partendo dal presupposto che oggi viviamo in questa società fatta di cine-tv- e grandi bevute, noi, più di altri, dovremmo saperlo che le nostre preziose libertà sono state ottenute col sacrificio di tanta gente senza nome, e che quindi i nostri sicuri e comodi marciapiedi che ci portano nei nostri sicuri cinema-teatro sono pavimentati da sempre di sangue umano...
martedì 1 settembre 2009
ADDIO CARTA VALLEE...
AOSTA - "Oggi c'è l'ultima ricarica" mi ha detto l'amico benzinaio restituendomi la mia "Carta Vallée" (foto). Quasi fosse un annuncio funebre, ho annuito con un certo... dolore. Caspita! Dal primo dell'anno pagare la benzina a prezzo pieno sarà altro che un dolore! Ma se devo essere onesto proprio fino in fondo, più che dolore la mia è rabbia, si, rabbia. Ma cosa se ne fregano a Bruxelles -mi chiedo- se su oltre 500 milioni di cittadini di questa Europa "senza amore e senza patria", circa 126.000 pagano la benzina metà prezzo! Ma lo sanno questi solerti censori che questo "bonus" che ogni valdostano "con macchina e patente" riceve dalla Regione, non grava minimamente sulle loro tasche ne tantomeno su quelle europee? E' questo che mi brucia, poiché la Commissione Europea, rendendo carta straccia accordi istituzionali sanciti tra governo italiano e Regione Valle d'Aosta circa 60 anni fa, oggi -ma erano già diversi anni che ci pensava...- decide che non va bene, anzi, che questa "autonomia" va ridimensionata. Ma il signor Schmith di Francoforte e Delacroix di Parigi, come lo spagnolo Esteban, saranno contenti di sapere che dal prossimo anno il valdostano Mathamel paga la benzina nella loro stessa misura? Io credo che se ne freghino altamente, quindi perché questo azzeramento? Sarà così anche per i residenti di Livigno, dove il prezzo della benzina -dato riferito al 18 agosto 2009- è di 85 centesimi il litro e 71 il diesel? Mistero. Dopo legiferare sulla lunghezza dei cetrioli e sulla curvatura delle banane "europee", i solerti politici di Bruxelles ne hanno fatta un'altra delle loro, ficcando il naso in casa nostra. Carta Vallée addio dunque, tu che ogni volta che ti usavamo ci facevi sentire diversi non tanto nel pagare la benzina a metà prezzo, ma diversi e fieri nella nostra specialità tutta valdostana...
PRESIDE LICENZIATA PER TROPPO "POLITICALLY CORRECT".
PADOVA - Ma ci sarà mai un limite al ridicolo? Sembra di no, perché la notizia che arriva da Villafranca Padovana conferma quanta stupidità e ipocrisia regni in alcuni cervelli nostrani. Più che notizia, il titolo evoca la soluzione -più che giusta- del caso: "Licenziata la preside che rifiutò l'alzabandiera". Subito sotto si spiega il motivo di quel rifiuto: "Per non offendere la sensibilità degli studenti stranieri". I fatti. Maria Grazia Bollettin, -questo è il nome 'dell'anima bella'-, lo scorso 4 novembre non si presentò con gli 800 alunni dell'Istituto comprensivo di Villafranca, alle celebrazioni della festa nazionale, sia alla cerimonia religiosa che quella civile, che tradizionalmente voluta dal sindaco Beatrice Piovan, intende ricordare tutti i caduti della patria, che partendo da quelli della Prima guerra mondiale, racchiude anche gli ultimi, quelli di Nassiriya e nell'intero scacchiere mediorientale. E proprio qui 'cadde l'orso', poiché avendo tra i suoi allievi bambini stranieri, la 'nostra signora del politicamente corretto' ne ha fatto una questione di principio: meglio non parteciparvi per non "offendere" (?) la loro sensibilità. Questa volta le cose però non sono passate in sordina, poiché a distanza di un anno, ecco la risposta a quel gesto assurdo arrivata all'ex preside Maria Grazia Bollettin attraverso una raccomandata, con tanto di ricevuta di ritorno: "Licenziamento per incapacità gestionale". Per una volta tanto, anche i sindacati -Cisl Scuola- sono d'accordo, ammettendo che nel tempo altre situazioni insostenibili erano state messe in atto dalla preside, una delle quali "l'aver portato a scioperare addirittura 800 studenti dai sei ai tredici anni". Con la notizia, apparsa sul Corriere online di oggi, molti i commenti lasciati dai lettori e tutti favorevoli alla decisione presa dalle autorità scolastiche. Un commento, lasciato da uno che si firma "lettore 899609" vale la pena di riportarlo per la sua brevità di sintesi: "Ah Ah Ah... che strana vicenda, ci sarebbe da sbellicarsi dalle risate, purtroppo gente così ci ha rovinato..." Appunto...
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