CONFUSIONE POST MORTEM.
Franco Borelli è il medico che entrò nella camera di Tenco dopo il rinvenimento del cadavere, alle ore 3 del mattino. In base alle fotografie riprodotte, il dottor Borelli confermò che effettivamente il cadavere di Tenco durante la sua prima ispezione era posizionato proprio in quella maniera, quella cioè immortalata dalle foto effettuate nel "secondo momento".
I RILIEVI DELLA POLIZIA.
Ma che valore possono avere degli accertamenti di polizia quando sul luogo del crimine è avvenuto un rimescolamento simile? «Le foto non mutano nel tempo come i ricordi» dissero gli inquirenti. Un dubbio è d'obbligo: ma le foto della polizia sono state scattate prima o dopo la rimozione del cadavere? Su questo punto ci sono grossi interrogativi. Sul rapporto della squadra Scientifica si legge che i rilievi fotografici furono eseguiti alle ore 4.15. La tempistica a questo punto dà solamente un'imbarazzante risposta: «Giusto un attimo dopo che Giuseppe Bergadano e i suoi tre necrofori avevano risistemato il cadavere di Tenco nella stanza». E le inesattezze non tardano ad arrivare. Paolo Dossena assieme a Dalida e Mario Simone sono coloro che per primi, dopo la telefonata misteriosa, entrarono nella camera di Tenco scoprendo così la tragedia. Queste sono le sue parole a proposito di quei momenti: «Non ho afferrato subito che Tenco fosse morto. Era come... seduto per terra, con le spalle appoggiate al fianco del letto e la pistola mi ricordo che era ben lontana da lui. Lì per lì ho pensato ad un malore, che si fosse impasticcato, poi ho visto il sangue...»
MA LE FOTO DELLA SCIENTIFICA INVECE COSA MOSTRANO?
Mostrano un corpo riverso per terra in posizione supina, con indosso ancora l'abito scuro con il quale Tenco si era presentato sul palco di Sanremo poche ore prima. La camicia bianca è interamente aperta sul petto e la mano sinistra è appoggiata sul fianco dei pantaloni. Tutti e due i piedi poi sono inspiegabilmente incastrati sotto un cassettone e le gambe sono divaricate. Da sotto il bacino - proprio all'attaccatura delle gambe - spunta una pistola, mentre il caricatore - altro mistero - si intravede da sotto il ginocchio sinistro. Com'è possibile che pistola e caricatore siano finiti sotto il corpo del suicida?
ALTRE DISCORDANZE MOLTO RILEVANTI FORNITE DA DALIDA.
Dopo aver scoperto il cadavere, Dalida notò sul tavolino della camera il tristemente famoso biglietto d'addio attribuito al cantante. «Questo biglietto - precisò la cantante francese - era scritto su un foglio di carta con l'intestazione dell'albergo». Ma questa precisazione stranamente non corrisponde a verità, poiché quel biglietto d'addio risulterà scritto su di un foglio di carta con nessuna intestazione, come dimostra la fotocopia allegata agli atti e sulla quale si legge: "Copia fotostatica eseguita oggi 25-1-68 dalla squadra di Polizia giudiziaria del tribunale di Sanremo. Il cancelliere".
UNA VALANGA DI CONTRADDIZIONI, NE ARRIVANO ANCORA.
Molte lacune si riscontrano nella ricostruzione dei fatti, ma soprattutto nella tempistica. Dalida dice infatti: «Ho dato l'allarme appena fatta la macabra scoperta, cioè alle 2.10». Come mai allora si legge sul rapporto di polizia, che la prima segnalazione dall'hotel Savoy è giunta alle ore 2.45? Perché questo buco di 35 minuti? Ma anche un'altra discordanza viene ad agitare il mare dei sospetti e questa volta la fa notare Giuseppe Bergadano, il necroforo: «Sono certo che quando entrai per la prima volta in quella camera, la pistola si trovava sul comodino e non per terra sotto il corpo di Tenco». Ma la situazione diventa a questo punto grottesca, quando ci inoltriamo in dettagli specifici e allora ci accorgiamo con quanta macroscopica leggerezza è stata affrontata tutta la vicenda.
PERCHE' NON VENNE ESEGUITA L'AUTOPSIA?
Secondo un intervista rilasciata a vari organi di stampa, l'allora commissario e dirigente della squadra di polizia giudiziaria Arrigo Molinari, ammise che «le indagini sulla morte del cantautore non furono complete per problemi di soldi». Fantascienza? No, realtà, e la spiegazione la dà ancora Molinari, sempre secondo le sue dichiarazioni rilasciate in questo caso al settimanale "Oggi": «Le spese dei medici legali venivano affrontate allora con il fondo speciale della Procura, dove però il bilancio era stato sforato, quindi c'era l'esigenza di "rientrare". In poche parole si doveva risparmiare. Anche per questo motivo perciò non venne fatta neppure la prova del guanto di paraffina».
CERTIFICATO DI MORTE.
Fu il dottor Franco Borelli a stilare il certificato di morte, dopo che entrato nella camera 219 dell'hotel Savoy non poté far altro che constatare l'avvenuta morte di Luigi Tenco. Sul referto, il dottor Borelli vergò queste parole: "Foro d'entrata d'arma da fuoco alla regione parietale destra con fuoriuscita di materia cerebrale". Un referto fatto troppo precipitosamente - come scrive Franco Fegatelli autore del libro "Tenco" - e che non rispettò molto la vera natura e soprattutto la dinamica di quella ferita provocata da quel colpo di pistola. Un referto quindi che Fegatelli mette in discussione, poiché alla pagina 40 del suo libro scrive: "Se si fosse fatta una regolare autopsia, ci si sarebbe accorti che il foro d'entrata era posto non nella tempia, ma dietro il mastoide destro leggermente sopra il padiglione auricolare, e quello d'uscita nella regione frontale sinistra; una posizione anomala per un suicida, come asserisce più di un criminologo".
(4 - continua)
2 commenti:
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