Immancabilmente come l’influenza, ogni anno il "caso Tenco" ritorna d’attualità con i suoi interrogativi mai risolti: suicidio o omicidio? Ed anche quest'anno, (e guarda caso a pochi mesi dal nuovo Festival di Sanremo...) è successo. Questa volta è la Procura di Sanremo che ha riaperto il fascicolo sulla morte del cantautore ligure per un ulteriore approfondimento del caso: «Per noi è un suicidio» dice infatti il procuratore capo Mariano Gagliano, «ma nonostante ciò vogliamo svolgere ulteriori accertamenti che all'epoca non furono svolti, e tutto questo nell'ottica di mettere una volta per tutte la parola fine al caso Tenco».
CHI ERA LUIGI TENCO.
Quando nel 1967 si presentò al Festival di Sanremo, Luigi Tenco era un giovane di 29 anni, essendo nato il 21 marzo del 1938 in quel di Cassine, un borgo in provincia di Alessandria. Nel 1948 i genitori si trasferiscono a Genova per impiantare un attività commerciale - vendita di vini tipici piemontesi - ed è nel 1953, all'età di 15 anni dunque, che Tenco mette in piedi il suo primo gruppo musicale, che chiamerà con il lunghissimo nome di "Jelly Morton Boys Jazz Band". In questa formazione al banjo c'è Bruno Lauzi, e la musica che si suona è quella di Nat King Cole e Kid Ory. In seguito all'allargamento della band, arriveranno tra gli altri i fratelli Reverberi, Gino Paoli, Umberto Bindi e in seguito anche Fabrizio De André. Praticamente sta prendendo forma quella che negli anni a venire sarà etichettata come "la scuola genovese" del nuovo corso musicale. Nel 1961 esce il suo primo disco, ma la critica non è molto lusinghiera, anzi. La sua vena creativa intanto lo porta a comporre brani che col tempo diventeranno "piccoli capolavori" quali "Angela", "Mi sono innamorato di te", "La ballata dell'eroe", "Vedrai vedrai", "Un giorno dopo l’altro" e "Lontano Lontano". Canzoni belle, ma senz'altro controcorrente, poiché a differenza di altri brani che cominciano a indicare nuovi percorsi e nuove tendenze, quelle di Tenco parlano di sconfitte, di rinunce, di cocenti delusioni, canzoni tristi dunque, pertanto difficili e per quei tempi, addirittura difficilissime.
LA CARRIERA.
La sua canzone più venduta allora (negli anni '60) è "Lontano Lontano" con 30mila copie, quando in genere i dischi di un certo successo arrivano a centomila. Ma Luigi Tenco difende le sue scelte musicali, poiché si considera più che un artista inquadrato nella cosiddetta "musica leggera", un cantante di "musica popolare", quello cioè che in barba ad una ricerca spasmodica del successo - inteso come forma commerciale - porta avanti temi scomodi e difficili dall'essere recepiti dalla massa. Nel 1966 Tenco passa alla RCA, ma nonostante il grande battage pubblicitario della multinazionale americana le cose non cambiano. Ancora una volta il momento - ma soprattutto la moda - gli è contrario. Dall'Inghilterra i Beatles hanno portato nel mondo aria nuova, gioia e voglia di vivere, e i giovani in massa subito li hanno seguiti. Cosa potrebbe dunque dare loro la profonda infelicità che scaturisce dalla musica di Tenco? A questo punto il grande palcoscenico di Sanremo potrebbe rappresentare la sua ultima chance. Ma un artista sensibile come Tenco, può decidere di mettersi in discussione davanti ad una platea così vasta? Sanremo consacra o annienta e questo lui lo sa, quindi?
FESTIVAL DI SANREMO 1967.
La sua partecipazione alla manifestazione canora nacque un po' alla volta e forse per caso. Sembra che sia stata proprio la cantante francese Dalida, una volta ascoltata "Ciao amore ciao" a proporre a Tenco l'idea di una loro partecipazione in coppia a quell'edizione del Festival. Un idea che lo trovò d'accordo, tanto da proporre questa sua intenzione ai vertici della sua casa discografica, la RCA. Ma come fu presa a questo punto la proposta? «Quando Tenco venne a prospettarmi la sua intenzione di andare a Sanremo» commentò Ennio Melis, direttore a quei tempi di RCA Roma, «rimasi sostanzialmente perplesso. I tempi non mi sembravano maturi per una mossa del genere, però non volli freddare il suo entusiasmo, non dissi niente, non lo dissuasi né lo frenai». A questo punto cade l'ipotesi di una partecipazione imposta dalla sua casa discografica contro la sua volontà e soprattutto è strano quel suo cambiamento di tendenza, ovvero il superamento di quella "repulsione" che Tenco nutriva verso questa manifestazione musicale e che pochi anni prima gli aveva fatto dire «Non andrò mai al Festival di Sanremo, perché è una manifestazione che non mi interessa e che considero negativamente». E' un cambiamento radicale dunque, poiché nel 1967 dirà senza tentennamenti che «Il pubblico oggi è cambiato, mostrando un interesse nuovo per quella linea melodica che si riallaccia al folclore...». Un Tenco sicuro di sé, convinto che sia arrivato - finalmente! - il suo momento. Ma è un cambiamento troppo veloce e sospetto, tanto sospetto da non sembrare vero. Di certo c'è che qualcosa però era cambiato in lui, almeno a livello caratteriale, poiché i suoi discorsi ora andavano molto al di là degli orizzonti "ristretti" nei quali fino a poco tempo prima amava cimentarsi. Ora il suo obiettivo era su grande scala, quello cioè di sedersi sul gradino più alto, magari criticando chi già aveva raggiunto la cima, come si deduce da una sua dichiarazione rilasciata ad una rivista: «Ho preso una decisione che a me sembra valida. Mi sembra anzi tanto buona che vorrei avere un pubblico sempre più numeroso, e il giorno che riuscissi a farcela o avere questo pubblico dalla mia, state pur certi che non lo inviterò a volare "nel blu dipinto di blu"...» (chiaro riferimento a Domenico Modugno e al suo celebre motivo).
(1 - continua)
1 commento:
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