venerdì 16 dicembre 2005

LUIGI TENCO: ANCORA UN MISTERO? (3^ parte)

UNA SCONCERTANTE IPOTESI.
«E' opinione frequente che Dalida possa aver assistito, inconsapevole al dramma». Lo scrive Aldo Fegatelli, autore di una minuziosa ricerca sfociata in un libro dal titolo "Tenco" edito da Franco Muzio. E' una verità taciuta dunque? E se fosse così, per quale motivo cambiare le carte in tavola? Ma c'è un altra contraddizione a proposito delle ultime ore di vita di Tenco, una contraddizione che apre nuovi inquietanti interrogativi su tutta la vicenda. A farla è un parente stretto del cantautore, il quale riapre il capitolo delle telefonate fatte o non fatte dall'albergo Savoy: «Quella sera mio fratello almeno una la fece» dichiara Valentino Tenco. «Chiamò Valeria, il suo amore segreto». Come mai questa certezza? «Me lo ha detto lei stessa».

CHI E' DUNQUE QUESTA MISTERIOSA VALERIA?
E' una signora romana, oggi sui sessanta, sposata e separata. Di lei non si sapeva niente fino a quando Valentino Tenco - che si è sempre battuto per conoscere la verità - recuperò tre lettere che Luigi scrisse allora a questa donna. Nella prima lettera, Tenco gli parla del suo passaggio alla RCA, nella seconda gli esprime i suoi progetti per il futuro e nella terza infine, dà giudizi e apprezzamenti alquanto pesanti su Dalida, concludendo che la sua "storia d'amore" con la cantante francese pubblicizzata in quei giorni, non è altro che una finzione per "bassi fini commerciali". Quindi? Da questi scritti si deduce che Tenco non mostrava nessun segno suicida ed oltre a ciò che non era per niente innamorato della cantante francese. Ma proprio su quest'ultimo punto, l'entourage di Tenco non è per niente d'accordo. «Non è vero» assicura Paolo Dossena, produttore del cantante. «Luigi e Dalida si amavano veramente, e che questa è una relazione importante sta nel fatto che proprio la mattina prima di morire, Luigi chiamò me e Simone - quest'ultimo produttore della cantante francese - in camera sua per annunciarci l'intenzione di sposarsi con Dalida. Mi ricordo che in camera c'era anche lei».

LA PISTOLA.
L'arma, una Walter PPK 7,65 Tenco l'aveva comprata pochi mesi prima, esattamente il 24 novembre del 1966 all'armeria Moderna di Roma, perchè, come disse, aveva paura. Qualche tempo prima infatti, qualcuno rimasto per sempre sconosciuto aveva cercato di buttarlo fuori strada mentre si trovava alla guida della sua vettura. Ma chi poteva avercela con lui? Nemmeno Tenco lo sapeva.

LA SERA DEL RITROVAMENTO DEL CADAVERE.
Il cadavere di Luigi Tenco, nella camera 219 dell'Hotel SavoyArrigo Molinari (morto assassinato pochi mesi fa) era all'epoca commissario dirigente della squadra di Polizia Giudiziaria a Sanremo. Assieme ai due agenti Eliseo Cadelano e Raffaele De Michele arrivò per primo all'hotel Savoy. Nella camera 219, Tenco era ormai cadavere. Nell'albergo grande ressa di giornalisti che premevano per avere ragguagli. «Per fare i miei accertamenti avevo bisogno di tranquillità» disse in seguito il commissario, «così, per tenerli buoni, promisi che in seguito avrei permesso loro di vedere il cadavere e fotografarlo». Ma quali accertamenti vennero subito eseguiti? Pochi e superficiali. Il dirigente Molinari si assicurò che la pistola fosse effettivamente della vittima, verificò che il biglietto lasciato da Tenco fosse stato scritto di suo pugno, e infine raccolse le testimonianze di Dalida, (che fu la prima ad entrare nella stanza dopo il fatto) e dei vicini di camera.

L'INCREDIBILE BALLETTO DELLA SALMA.
A quel punto, espletate le prime formalità, il commissario Arrigo Molinari dà il permesso a giornalisti e fotografi di visionare il cadavere di Tenco. Questi non sa però che nel frattempo gli agenti Cadelano e De Michele hanno già fatto portare via la salma e che in quel momento il corpo di Tenco è già stato indirizzato all'obitorio cittadino. Rincrescimento del commissario poi la soluzione, insolita e macabra, arriva per bocca degli agenti stessi: «Ci dia quindici minuti di tempo e lo riportiamo in albergo». Un cadavere dunque va e viene ad esclusivo vantaggio di un informazione assetata. «Non si trattava certamente di una procedura normale - dirà in seguito il commissario - però questo fatto non lo tenni segreto, perchè informai il sostituto procuratore Manfredi sia il procuratore Mele».

UN CADAVERE 'IN VIAGGIO'.
Giuseppe Bergadano è il necroforo che entrò in camera per portare via la salma e che la riportò in un secondo tempo. Per lui fu una cosa molto strana fare quel 'dietro front' e riportare il cadavere di Tenco dove l'aveva prelevato. In molti anni di lavoro nel settore funerario infatti, mai gli era capitato un fatto simile, però tutto quello gli fu ordinato dalla polizia, così lui si limitò ad ubbidire, seppure scuotendo la testa. Ma perchè quest'insolito e macabro balletto non lo resa mai pubblico? «Perchè nessuno me lo chiese mai» disse Bergadano anni dopo. Si ricorda però che era già a casa quando con le sirene accese arrivò la pantera della polizia con l'insolita richiesta. E così, con la bara e dentro il corpo di Tenco, i necrofori ritornarono al Savoy, e da una porta di servizio raggiunsero velocemente la camera 219, nella quale riposizionarono il cadavere secondo come si ricordavano d'averlo trovato poco tempo prima. Una cosa però colpì il necroforo in quel suo secondo viaggio: nella stanza la pistola non era più sul comodino come invece lo era quando vi era entrato la prima volta. Con il 'cadavere posizionato', tutti uscirono dalla camera, mentre il commissario Molinari dava libero accesso a giornalisti e fotografi. Ma siamo certi che la posizione fosse proprio quella? Anche su questo punto ci sono molte discordanze.

(3 - continua)

1 commento:

Luigi Tenco 60's ha detto...

Le 5 prove dell'omicidio "politico" di Luigi Tenco:

http://luigitenco60s.forumfree.it/?t=26753305