«Sai quello che hai fatto?» gli urlò choccato il portiere del Dakota Building. «Certo. Ho appena ucciso John Lennon» rispose il giovane omicida. Erano esattamente le 10.50 di sera dell’8 dicembre 1980. Finiva lì, nel freddo androne di un edificio di New York la vita di uno tra i più osannati artisti del secolo, anima e voce dei Beatles, il gruppo che nel corso degli anni '60 aveva rivoluzionato il mondo della musica pop. «All the lonely people, where do they all come from, All the lonely people, where do they all belong». Così recitava "Eleanor Rigby" nel 1966, e mai parole furono più azzeccate.
Mark David Chapman, il suo assassino, era infatti un solitario con un paranoico amore/odio nei confronti di Lennon. Grande ammiratore dell’artista, Chapman lo aveva imitato in tutto: suonava la chitarra, portava lo stesso taglio di capelli e infine, per dare un tocco finale alla sua follia, come Lennon aveva sposato un asiatica. A quel punto - così prospettò Robert Marvit, psichiatra tra i più dotati nel mondo - Chapman potrebbe aver detto: «Lennon adesso sa che ci sono due di noi, pertanto devo toglierne uno». Il 6 dicembre, un sabato, Mark David Chapman, 25 anni, con 16 dollari e 50 si prese una camera al YMCA, un ostello per giovani appena nove "blocks" distante dal Dakota, l'elegante ed esclusivo edificio "old style" dove Lennon vi viveva con la famiglia. Il lunedì successivo Chapman si presentò davanti al Dakota in attesa di veder Lennon. Fu una lunga attesa, premiata infine verso le cinque del pomeriggio, quando John e sua moglie Yoko Ono uscirono di casa. «Può farmi l’autografo su questo disco?» chiese timidamente Chapman porgendo una copia di "Double fantasy", l'ultimo album di John e Yoko. Ben volentieri l'artista si prestò al rito ponendo la sua firma sulla copertina del 33 giri. A quel punto Chapman andò letteralmente in delirio: «Nessuno a casa mia ci crederà!»
John Lennon quel giorno lavorò negli studi della Record Plant fino alle 10.30 di sera al missaggio di un nuovo singolo dal titolo provvisorio - allora - "Walking on the tin ice". A conclusione dei lavori aveva in programma un salto al ristorante, un'idea che invece abbandonò all'ultimo minuto. La nera limousine con autista presa in affitto e che usualmente li scaricava al di là del cancello di casa, quella sera invece lasciò Lennon e Yoko sul marciapiede dell'ingresso che dà sulla 72esima strada. Uscita per prima dall’auto, Yoko si incamminò verso il portone seguita a pochi passi da John. Come questi varcò gli ornamentali archi dell’ingresso, una voce risuonò alle sue spalle: «Signor Lennon». L'artista si girò. Mark David Chapaman era a non più di due metri di distanza e tra le mani stringeva una "38 special". Prima che Lennon potesse intuire il pericolo, l'omicida fece fuoco centrandolo con quattro colpi. Lasciando una scia di sangue dietro di sé, Lennon salì a fatica sei scalini crollando di fronte al gabbiotto del custode dell’edificio. «Questa persona sta morendo» disse Antony Palma al suo collega James Moran, ambedue agenti della Polizia di New York giunti in un attimo nella zona. Pertanto, visto la gravità della situazione, decisero su due piedi di portarlo subito via. Sistemato sul sedile posteriore, la vettura a sirene spiegate si diresse verso il Roosvelt Hospital situato a cinque "blocchi" di distanza, mentre altri agenti prendevano in consegna l’omicida. Durante il breve percorso, uno dei poliziotti chiese a Lennon: «Sai chi sei?»
Impossibilitato a parlare, l'artista mosse la testa come per dire si. Subito portato in sala operatoria, per oltre mezz'ora i medici cercarono disperatamente di strappare Lennon alla morte, un impresa che però risultò vana. «L’artista è giunto in ospedale con l’80 per cento in meno del volume del suo sangue» sentenziò il dottor Stephen Lynn. Moriva così John Lennon, icona degli anni Sessanta, autore e interprete di melodie che tutt’oggi sono tra le più ascoltate di tutto il pianeta. In una di queste, dal titolo “When I'm 64” (scritta e cantata da Paul McCartney ma con l'aggiunta di alcuni versi apportati da Lennon), John volle immaginare la sua vita -appunto - da sessantaquattrenne. Non ci arrivò. Il suo assassino infatti gliela chiuse ventiquattro anni prima.
giovedì 8 dicembre 2005
JOHN LENNON 1940 - 1980
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8 commenti:
Bel ricordo... Peccato che When I'm sixty-four è di Paul
"When I,m sixty-four" diede il via, il 6 dicembre del 1966 alle registrazioni di "Sgt. Pepper". Per tale occasione, (pur se il brano è di Paul), il pezzo venne 'lavorato' in studio e ultimato -come spesso succedeva- con un nuovo arrangiamento e nuovi versi, suggeriti -guarda un po'...- proprio da John. Per completezza di informazione, aggiungo che il pezzo fu dedicato da Paul a suo padre Jim, musicista jazz dilettante e suo primo maestro, che aveva giusto compiuto 64 anni il 7 luglio dello stesso anno.
Avere unito Lennon perciò al brano in questione non lo ritrovo nè errato nè tantomeno fuoriluogo.
Ps: Lo riportano i libri.
Eh eh... non ero così informato...
Sapevo che era stata dedicata al padre di Paul e sapevo l'avesse cantata lui... Di più, nin zò ;-)
When I'M 64 è una delle prime canzoni scritte da Paul Mc Cartney in assoluto,tra la fine degli anni '50 e l'inizio dei '60.Si narra che il brano ,nella sua forma ancora embrionale,fosse utilizzato come intermezzo durante i concerti allo Jacaranda,al Cavern ecc quando ad esempio accadeva un'interruzione della energia elettrica.Lennon dal punto di vista del testo non ha niente a che fare con questa canzone.
Anche per te, Clap 67, vale la risposta data a Manomano. Aggiungo ancora: La prima stesura del brano risale, come dici tu, alla fine degli anni '50, ma quando fu riesumata per inserirla nel' Lp "Sergeant Pepper's Lonly Hearts Club Band" (sessione di registrazione 6 /8/20/21 dicembre 1966 e uscito in Italia il 23 maggio del '67) "venne ultimata -come cita la storiografia- con un nuovo arrangiamento e nuovi versi, alcuni dei quali suggeriti da John". [Beatles:1962-1970. Arcana Editrice]. Pertanto, è una delle moltissime -se non tutte- canzoni scritte al 50% dal duo Lennon/ McCartney.
Ecco quindi l'accostamento di Lennon al brano che io ho riportato nel mio post. Ognuno poi è libero di pensarla come vuole. Gericus
Ti chiedo scusa,nessuna intenzione polemica,ma,giusto per puntualizzare,per amore di correttezza,è giusto dire che "When I'm 64"può essere considerata completamente di Paul.Il contributo di John è stato solo quello di "aiuto"per alcune liriche,in particolare "Grandchildren on your knee"e"Vera Chuck and Dave".Tra l'altro nell'intervista a Playboy del Dicembre '80,Lennon ribadisce che "non si sarebbe mai sognato di scrivere una canzone del genere".Gli unici brani che sono riconosciuti anche dagli autori stessi,come frutto di una collaborazione al 50%sono quelli dei primi anni '60:She Loves You,I Want To Hold Your Hand ecc.Dal 1965 in poi i due autori si possono considerare come indipendenti l'un l'altro,con qualche eccezione sporadica come "A Day In The Life" e la "consulenza"di Lennon su un verso di "Hey Jude".I libri,soprattutto quelli scritti in Italia sono pieni di errori o false attribuzioni.Una volta qualcuno ha scritto che in "Helter Skelter"alla chitarra c'era Jimmy Page...
Con rispetto.
Claudio
Bene, Clap 67. Se non vuoi dare credito ai libri sui Beatles scritti in Italia, -e in certi casi puoi avere ragione!- ti do ancora una possibilità di constatare che "When I'm Sixty-Four" nasce dalla collaborazione attiva tra Lennon e McCartney. Lo dice chiaramente anche Alan Clayson nel suo libro dal titolo "The Beatles" alla pagina 296, dove nella lunga lista delle composizioni di Paul, si specifica -racchiuso tra due parentesi- anche chi è il coautore del pezzo. Alla voce "When I'm 64" tra parentesi compare il nome di (Lennon). Ti ricordo infine, che la collaborazione tra i due, va ben oltre il 1965, come dici tu, perché per esempio "Come Together" (1969) risulta scritta ancora da Lennon-McCartney. Ciao
Gerrycus fai tanto il pignolo sul numero della pagina e sulle percentuali...e poi scrivi che Eleanor Rigby la cantava John!
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