venerdì 7 maggio 2010

La beffa del Moby Prince

Se non fosse per quei 140 morti carbonizzati, -uno solo si salvò, il mozzo Alessio Bertrand- la notizia di questi giorni sarebbe tutta da ridere: "Nessun colpevole per il disastro della Moby Prince" (foto). A distanza di ben 19 anni da quel tragico 10 aprile del 1991 quindi, la procura di Livorno ha infatti depositato la richiesta di archiviazione dell'inchiesta-bis sul grave incidente. Nessun colpevole dunque, seppure questo che è stato uno dei più gravi disastri della nostra marineria sia avvenuto non in pieno oceano, ma a poche miglia di distanza dalle coste livornesi, dato che il traghetto era salpato dal porto di Livorno un attimo prima. Erano le 22,03 del 10 aprile 1991 quando il traghetto Moby Prince in servizio di linea tra Livorno e Olbia si staccò dal molo labronico con a bordo 65 uomini d'equipaggio agli ordini del comandante Ugo Chessa, e 75 passeggeri. Neppure 20 minuti dopo il tragico impatto, con la prua del traghetto che si infilava nella fiancata della petroliera Agip Abruzzo, ferma alla fonda fuori dal porto, perforando la cisterna numero 7. "May day...may day... Moby Prince...siamo in collisione...siamo in fiamme...occorrono vigili del fuoco...se non ci aiutate prendiamo fuoco...may day...may day..." Una richiesta d'aiuto lanciata dal marconista del traghetto alla Capitaneria di Porto, un drammatico messaggio che si perse nel suono gracchiante della radio. Come mai non ci fu l'allerta? Dice che ci fu un calo di potenza nel trasmettitore tanto da non far capire bene il messaggio dal ricevente. Ma come è possibile non accorgersi di una nave che stava bruciando a poche miglia dalla costa? Quei bagliori sul mare ormai li vedevano in tanti: "Dalla finestra di casa mia sul viale Italia vedevo sul mare un grosso bagliore che mi faceva capire che qualcosa di tragico stesse accadendo" dirà un testimone residente sul lungomare cittadino. Una tragedia sotto gli occhi di tutti meno che delle squadre di soccorso. Un rimpallarsi responsabilità che non ha portato a niente, se non ad un infinità di processi, corsi e ricorsi per sentire dire alla fine, "nessuno è colpevole di questo immane disastro". Già dieci anni fa si era chiusa un inchiesta con lo stesso risultato, ovvero nessuna responsabilità degli imputati, l'ufficiale di guardia dell'Agip Abruzzo, due ufficiali della Capitaneria e un marinaio in servizio nella sala operativa. Oggi questa nuova richiesta di archiviazione che lascia tutti, parenti in primo luogo, sbalorditi. Una vergogna recitata senza dignità sulla pelle di 140 vittime.

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