Indignarsi. Un sentimento che provo davanti alle quattro giovani vittime falciate da un auto in contromano sull'autostrada all'altezza di Ovada. Ma la mia indignazione, la mia repulsione va anche contro quella magistratura che non imprigiona il responsabile del massacro, in questo caso l'albanese Ilir Beti, che ubriaco come una spugna guidava da 30 chilometri nel senso inverso di marcia prima di provocare una strage. Julien Raymond aveva 26 anni, Vincent Lorin 27, Audrey Reynard 24, e Elsa Desliens 22. Unico superstite Laurent Boette, 26 anni, militare della Marina francese e che era alla guida, ricoverato però in rianimazione all'ospedale di Novi Ligure. Era una vacanza attesa da anni quella dei cinque francesi, e la loro meta era la Slovenia, quindi il nostro Paese era solo una zona di passaggio. E' con questa sensazione di gioia che verso le cinque del mattino il quintetto ha imboccato l'autostrada A26 Genova/Aosta, e poco prima la stessa cosa l'ha fatta anche l'albanese a bordo di un Suv (nella foto ciò che resta). Quest'ultimo era reduce da una serata di bagordi in una discoteca dell'Alessandrino e in corpo aveva una quantità di alcool pari a 1,51 microgrammi al litro, una dose superiore di tre volte a quella consentita. Ad un certo punto, l'inversione di marcia per un telefonino -come dirà lui in seguito- dimenticato in discoteca. Trenta chilometri sfiorando vetture poi l'impatto con l'Opel Astra dei cinque francesi che si porta via quattro vite. Per il pm Sara Pozzetti "non ci sono le condizioni per l'arresto del responsabile della strage", quindi lo lascia libero. Quattro giovani uccisi non creano dunque condizioni per l'arresto del colpevole! Lo schifo della nostra giustizia -ma vale ancora chiamarla così?!- sta nelle 11 parole del pm, parole che offendono la dignità -e la memoria- di chi soffre la perdita di un parente per mano di un delinquente al volante. Il Ministro Roberto Maroni, subito dopo il rilascio dell'albanese ha deciso di inasprire le pene introducendo il reato di "omicidio stradale", una legge che sarà discussa urgentemente nel prossimo Consiglio dei Ministri. Leggi che arrivano sempre troppo tardi, quando le stragi hanno ormai tinto di rosso le strade, quando fiumi di lacrime sono state versate, quando troppi delinquenti hanno ucciso impunemente. Che le giovani quattro vite siano le ultime di questa giungla senza leggi, e che Ilir Beti -come pure tutti gli altri responsabili di incidenti simili- sia il primo che si fa 20 anni di galera senza sconti né condizionale.
lunedì 15 agosto 2011
giovedì 11 agosto 2011
Fumo di Londra...
Vedere Londra data alle fiamme ha qualcosa di sinistro, di impossibile, di inimmaginabile. E' un brutto sintomo e non solo per gli inglesi, ma per la società globale. La Londra che conosco io non ha la violenza distruttrice dei suoi quartieri, delle fiamme che divorano edifici di epoca vittoriana, di scontri etnici e razzie incontrollate. La Londra che conosco io infatti è quella di abitanti gentili e educati, quelli che se li incontri per la strada pur non conoscendoli ti dicono "Happy new year" se è l'ultimo dell'anno o "Merry Christmas" se è Natale. Gli inglesi che conosco io sono in fila ordinatissimi alla fermata del bus o al botteghino del cinema, sono quelli che se entri in un ufficio pubblico l'impiegato ti dice subito "good morning, may I help you?" e il Bobby, così affettuosamente chiamato il poliziotto cittadino, disarmato e sempre disponibile, è quello che in un giorno di pioggia a catinelle, accanto al finestrino della mia vettura mi spiegò per filo e per segno la strada per raggiungere Old Brompton road, incurante della pioggia, inzuppandosi d'acqua. Tempi che cambiano, civiltà che mutano, ed è questo che fa male, perché se la cosiddetta "flemma inglese" va in cortocircuito, significa che la corsa all'irreparabile è iniziata. Etnie al collasso e nuove delinquenze incrociano i loro destini. E' già successo nella Francia "Sarkosiana", con Parigi messa a ferro e fuoco, ma nessuno avrebbe mai pensato all'Inghilterra del "God Save the Queen", quella della formalità di antica discendenza, e poi, se vogliamo, quella dell'integrazione ormai acquisita da anni di colonialismo. Turchi erano in maggior parte i dipendenti della catena di ristorazione veloce "Wimpy", pachistani la quasi totalità dei venditori al "Kensington Market" situato lungo High street Kensington, come pure i proprietari di molti "bed & breakfast" nella zona di Earl's Court. E poi arabi i gestori di negozi di cianfrusaglie in Piccadilly, Soho e Leicester square e africani autisti dei caratteristici bus rossi "double-deckers", quelli a due piani, e così pure quelli della metropolitana, la cosiddetta "underground" o "tube". Una società che viveva in perfetta simbiosi, unita dallo scorrere del tempo scandito dal suono della "Big ben", la campana del grande orologio di Westminster sulla "Clock Tower". Oggi non c'è più la tranquillità e l'armonia nei paesaggi inglesi che dipingeva Henry Moore nel 18esimo secolo. La nuova Londra ha i bagliori del fuoco che divorano una società...
lunedì 8 agosto 2011
Sciopero: incrociamo le gambe...
Allora è ufficiale: Del Piero, Totti, Gattuso, Buffon e altri compari dell'allegro banchetto incroceranno le braccia, o meglio, le gambe. Si, attraverso un loro rappresentante di categoria lo hanno fatto sapere ai comuni mortali, dove dall'alto dei loro piedistalli enunciano anche i motivi: senza un contratto collettivo non scenderemo in campo. Tra tutte le disgrazie del momento ci doveva capitare anche questa! Certo ce ne vuole di faccia tosta! Il distacco di questi "personaggi" dal mondo reale è umiliante per loro stessi, miliardari trentenni, bambini viziati e mai diventati uomini. Si, perché forse non si rendono conto, o nella loro cupidigia non vogliono vedere, che se il loro scopo è quello di aiutare certi colleghi delle serie meno fortunate, potrebbero benissimo aiutarli dandosi un taglio del 50 per cento ai loro ingaggi, e il problema sarebbe risolto. E poi, nella loro egoistica miopia, nel vivere in quel loro mondo dorato fatto di "Ferrari-Yacht-Veline", non sanno che nel "mondo reale" ci sono milioni di giovani precari della loro stessa età che nessuno aiuta, che se anche protestano nessuno se li fila perché non si chiamano Miccoli, Pazzini o Cassano. Gente ricca e senza dignità dunque, che potrebbe benissimo vivere col 50% dello stipendio che gli viene elargito, e che in buona parte arriva proprio da quei giovani precari che alla domenica li vanno anche ad applaudire...
La crisi che non c'è.
I casi sono due: o la crisi economica in Italia è un bluff oppure gli italiani sono degli incoscienti. Una riflessione che ha le sue motivazioni, ma andiamo per ordine. Venerdì scorso 5 agosto ho imboccato l'autostrada direzione mare, nel primo cosiddetto "week end da bollino nero". Pensavo che lo "spaventoso nero" fosse solo un vecchio ricordo retaggio di momenti economici più floridi, visto il prezzo della benzina arrivato ad oltre 1 euro e 67 cents. (3.233 delle vecchie lire!!!) e i costi dei pedaggi (37 euro per 400 km, = 71.641 lire !!!), ma mi sbagliavo. File ininterrotte di vacanzieri, code chilometriche e grill stracolmi di gente all'abbuffo. Evvabbé... Una volta arrivato alla meta, con gli amici un ristorante alla sera: "C'è da aspettare un ora" dice gentilmente il ristoratore. Aspettiamo, anche perché lo stesso problema sussisteva per altri locali, quindi... E così era pure per i bar all'ora dell'aperitivo, con parcheggi introvabili e lunghe camminate da fare prima di trovare un posto libero. Si dirà "ma siamo al mare, logico" che sia così. Logico in momenti di sana economia galoppante, ma non di questi tempi in cui si dice che "fatichiamo con lo stipendio per arrivare al 20 del mese", in cui si parla di "nuovi poveri", in cui oggi le prime dieci pagine dei maggiori quotidiani nazionali spalancano scenari apocalittici su risparmi che s'involano, su famiglie ridotte al lastrico, su un deficit nazionale da 1400 miliardi di euro, su tagli a stipendi e pensioni, su strategie monetarie nazionali e internazionali da rivedere, su sciabolate di "Standard & Poor's" che tolgono fiducia monetaria a destra e manca, su crolli della borsa dove "anche oggi si sono bruciati miliardi", su aliquote Iva che alzandosi di un punto "faranno salire l'inflazione"... Una riflessione: è terrorismo economico o siamo davvero all'ultimo giro di ballo sul Titanic che affonda?
venerdì 5 agosto 2011
La Tattica dello Struzzo
La politica del far finta di niente. Un po' come lo struzzo che mette la testa sotto la sabbia per non vedere quello che succede intorno. E' il vezzo tutto italiano di far politica, una via di mezzo tra "mi ha spaccato di botte ma anch'io gliele ho dette tante" e vigliaccheria tipo "meglio non protestare sennò son guai". Chi pensava che il vecchio cliché dell'italiano opportunista fosse finito dopo l'ultima guerra -amici dei tedeschi contro gli americani poi a malaparata amici degli americani contro i tedeschi- beh, si deve ricredere. Nella Patria di Dante, anche oggi prospera il "tira a campare". Dunque, partiamo dall'inizio. Cosa fanno i nostri militari nelle zone calde del pianeta? Non fanno "la guerra", ma sono là solo con compiti di "peace-maker", più comprensibilmente detto "portatori di pace". Quasi una scampagnata dunque, salvo ritrovarci con oltre 40 militari ritornati a casa chiusi dentro ad una cassa di legno avvolta dal Tricolore. E nonostante questo stillicidio di giovani vite, continuiamo a sostenere che le "nostra Forze Armate sono là per portare pace e democrazia". Irresponsabilità politiche, perché -come dicono i francesi- "à la guerre comme à la guerre", ovvero "se è guerra combattiamo". La tattica dello struzzo dunque. Il 15 aprile del 1986, pochi minuti prima delle ore 17 due grossi boati scossero il quieto vivere -allora era così- di Lampedusa. Erano due missili Scud sparati contro di noi dai libici ma che fortunatamente erano andati a finire in mare a due chilometri dalle coste lampedusiane. Praticamente un atto di guerra non dichiarata contro l'Italia da parte della Libia. Quale fu la nostra risposta? "Non era intenzione dei libici lanciare i due missili contro di noi" sostenne l'allora Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Basilio Cottone . Mannò, cosa vai a pensar di male... Due missili sparati per gioco in mare, tanto per fare uno scherzo agli isolani... Il 3 agosto 2011 è storia recente. Alle ore 10.40 un missile sfiora la fregata italiana "Bersagliere" in servizio di pattugliamento nel Basso Tirreno. Anche in questo caso il missile -rivendicato dalle forze rimaste fedeli a Gheddafi- finirà in mare ancora una volta a due chilometri di distanza dalla nave militare. Reazione da parte nostra? La fregata Bersagliere che scappa zigzagando per sfuggire ad un eventuale secondo missile, poi, la risposta del nostro Governo: "Ma non è stato lanciato contro di noi". Massì dai, ai libici piace giocare con le armi... ma non ce l'hanno con noi.... A questo punto i casi sono due: o noi siamo sfigati di trovarci sempre "nel posto sbagliato nel momento sbagliato" oppure siamo fortunati perché "tra noi e la catastrofe ci sono sempre quei due chilometri di spazio"...
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