sabato 23 luglio 2011
Ma di chi è il Monte Bianco? # 1
E' la cresta più alta d'Europa, e dalla maestosità dei suoi 4.810 metri divide l'Italia dalla Francia, di qua Courmayeur (Valle d'Aosta) e di là Chamonix. E' il Monte Bianco, gioia di alpinisti e sciatori di tutto il mondo e "gobba" più alta di tutta la catena che porta il suo nome. Ma a chi appartiene il Monte Bianco? Una mia amica francese me lo disse come se dicesse la cosa più scontata di questo mondo: "E' francese". Rimasi indispettito da quest'affermazione, e alla mia domanda sul perché di questa "certezza", mi rispose "Mon Dieu, c'è scritto sui libri che studiamo già dalle scuole elementari". La "grandeur" francese non ha limiti, tanto da essersi appropriata del "Tetto d'Europa", quando invece la storia insegna che il Monte Bianco è metà italiano e metà francese, poiché il confine tra i due Stati segue lo spartiacque delle vette, anche se alla data odierna, le carte geografiche dei due Paesi danno confini diversi. L'Istitut Geographique National de France (I.G.N.) infatti mostra la vetta del Monte Bianco interamente in territorio francese, mentre per quella italiana dell'Istituto Geaografico Militare di Firenze (I.G.M.) il confine dei due Stati passa esattamente sulla cima. Ma perché tutto questo? Dunque, ai tempi del Regno di Sardegna e Casa Savoia non esisteva nessuna frontiera, dato che i territori a sud del lago di Ginevra, fino al Piemonte ed alla Liguria lungo la catena delle Alpi occidentali fino al mar Ligure e poi alla Sardegna erano occupati dagli Stati Sabaudi, pertanto, nessuna frontiera attraversava il massiccio del Monte Bianco. E' con la Rivoluzione francese, quando la Savoia è annessa alla Francia che si delimitano per la prima volta i confini, ed è qui che si decreta che "il confine è stabilito dove arriva lo sguardo degli abitanti al di qua e al di là della montagna". Una "barzelletta" che termina con l'esilio di Napoleone all'Isola d'Elba, dove il "Trattato di Parigi" restituisce la Savoia al regno di Sardegna. Nel 1823 il tenente Felice Muletti è incaricato dallo Stato Maggiore Sardo di redigere una carta topografica sul massiccio del Monte Bianco, e questo è tracciato senza ambiguità, tanto che il tenente colonnello Vittorio Federici, commissario del Re, nel 1854 farà figurare lo stesso tracciato sull'Atlante Ufficiale Sardo. Ma la truffa da parte francese si sta già consumando... (continua)
lunedì 18 luglio 2011
Terry, piangere per professione.
Eppoi si dice che gli italiani hanno perso volontà e iniziativa! Basta leggere il New York Times di questi giorni invece per accorgersi che "l'estro italico" è tuttora vivo e vegeto. Tutto ciò lo si deve grazie alla signora Terry Marotta di Hastings-on-Hudson, stato di New York, figlia di terza generazione di immigrati italiani negli Stati Uniti. La crisi economica non è solo europea, poiché anche gli Usa la stanno assaggiando come noi da un bel pezzo. Sposata ad un agente immobiliare in un momento in cui non si vende neppure un pollaio, Terry Marotta, tre figli da mantenere e un bilancio familiare in rosso, non pensava certamente di risolvere la situazione in breve tempo, anche perché la morte del padre, avvenuta un paio di mesi fa, l'aveva prostrata ancor di più, tanto che ogni giorno lo andava a trovare al cimitero rimanendovi per diverse ore in preghiera. Ed è proprio in uno di questi momenti che "conscio e inconscio" si sono uniti tramite un flash dall'aldilà. Nel silenzio del cimitero infatti, la voce di suo padre si è materializzata: "Figlia mia, perché non cerchi di tirare su qualche soldino da questa tua abitudine"? Oltre allo shock un illuminazione per Terry, tanto che da quel giorno ha intrapreso una nuova professione. Quale? Quella di colei che sconsolata piange sulla tomba di defunti sconosciuti al posto di parenti "occupati, lontani o distratti". E in una nazione "di corsa" come quella americana la novità ha subito fatto centro con affari che prosperano, tanto che aiutata dai tre figli, Terry quotidianamente ha cominciato i suoi tour nei vari cimiteri, piangendo su una lapide sconosciuta, posando un mazzo di fiori su una tomba sguarnita e così via, con un tariffario che varia da 35 dollari per una visita -per esempio- al cimitero di Putnam County, a 25 per uno più vino a casa sua come quello di Westchester. E dal momento che la pubblicità è l'anima del commercio, Terry Marotta offre i suoi servizi sia su Facebook che su volantini, oltre che attraverso inserzioni su quotidiani locali. Tutti contenti a questo punto, Terry perché incassa, e i parenti "distratti" perché si sentono "a posto" con la coscienza. In fin dei conti, come dimostrano, ai loro morti ci tengono...
venerdì 8 luglio 2011
Il lungo sonno di Rosalia Lombardo
Un fiocco giallo sui capelli biondi e un espressione un po' imbronciata sul visetto che dorme. Un sonno però che dura da quasi cent'anni, da quando Rosalia Lombardo, (foto) nata a Palermo nel 1918, il 6 dicembre 1920 morì all'età di due anni per un infezione bronchiale. Nello struggente dolore dei familiari per quella figlia strappata alla vita, il papà decise di farla "vivere in eterno" affidandola alle mani di uno tra i più famosi imbalsamatori dell'epoca, il professor Alfredo Salafia, lo stesso che 19 anni prima aveva imbalsamato il Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d'Italia Francesco Crispi. E da quel giorno, la piccola Rosalia è arrivata intatta come era allora fino ai nostri giorni, soprannominata la "Bella addormentata", la mummia più bella del mondo. E' la "star" delle Catacombe del Convento dei Cappuccini situato nel quartiere Cuba a Palermo annesso alla chiesa di Santa Maria della Pace, dove assieme a Rosalia, nei sotterranei fin dal 1599 riposano le mummie di oltre 8000 personaggi, tra i quali prelati, ricchi commercianti e borghesi nei loro "vestiti della domenica". Oltre a questi, ufficiali dell'esercito in uniforme da parata, giovani donne vergini decedute prima del matrimonio e quindi vestite in abito da sposa, e poi gruppi di familiari, bambini, e tutti disposti in piedi su alte mensole. Rosalia riposa in fondo al primo corridoio sulla sinistra nella cappella della Santa che porta il suo nome, ed è lì che lo stupore colpisce i tanti visitatori che giungono da ogni parte del mondo per l'eccezionalità di conservazione di quel corpo. I suoi riccioli biondi sulla fronte come quando la madre la pettinò per l'ultima volta sono ancora lì, come il colorito roseo del volto e l'espressione di quel sonno beato, che rende il tutto misterioso e innaturale pensando al secolo trascorso dal suo ultimo respiro. Come è possibile tutto ciò? Il metodo di imbalsamazione negli anni '20 del Novecento prevedeva circa un anno di tempo per "far scolare" la salma dopo averle tolto gli organi interni. Il corpo, rinsecchito, veniva quindi lavato con aceto, riempito di paglia e rivestito con i suoi abiti, un metodo che però cambiava radicalmente nei periodi di epidemie, dove si procedeva ad un bagno di arsenico o di acqua e calce. Per la piccola Rosalia Lombardo invece, il professor Alfredo Salafia usò un metodo tutto suo, utilizzando una miscela di formalina, glicerina, sali di zinco, alcool e acido salicilico. Con il primo corpo inumato in quelle catacombe, frate Silvestro da Gubbio nel 1599, l'ultimo in assoluto è stato quello della piccola Rosalia Lombardo. Era un inverno di 91 anni fa, quando la bambina dai capelli biondi come il grano si addormentò per vincere la morte e arrivare sino a noi...
mercoledì 6 luglio 2011
Pane, carità e ... pecorelle
Padre Ralph fu il primo a svelare che l'abito non fa il monaco. Era il 1983 e lo raccontò in "Uccelli di Rovo", dove il sacerdote in questione, travolto da una passione incendiaria, si unì alla giovane e bella Maggie, facendo di conseguenza ardere di passione anche il cuore di milioni di donne di tutto il globo. Orsù, che una buona parte di sacerdoti non sia insensibile al fascino femminile in fin dei conti è cosa risaputa. Ricordo di un prete di paese che ha vissuto nella più assoluta normalità una vita matrimoniale con la "perpetua" e di un altro, incastrato dalla polizia alle tre di notte in un auto ferma sui bordi della statale assieme ad una prostituta. Ci sono anche preti diventati padri di figli concepiti con "allegre pecorelle" -per niente smarrite, anzi-, tra un de profundis e l'altro, ma pensare che un frate potesse arrivare a violentare una suora, beh, questo neppure la più fervida immaginazione lo aveva ancora messo in conto. Ora, nel novero dei misfatti sacerdotali anche questo è successo. Lo dobbiamo a padre Fedele Bisceglia, 74 anni (foto) che arrestato il 23 gennaio del 2006, ieri è stato riconosciuto in prima istanza colpevole "di violenza sessuale ad una suora" dal Tribunale di Cosenza e condannato a 9 anni e 3 mesi di reclusione. Le sue parole alla lettura della sentenza? "Vergognatevi tutti, magistrati, suore e preti, perché è stato condannato un innocente". Evvabbè, cosi fan tutti, ma ore e ore di intercettazioni telefoniche -oltre alla denuncia esplicita della suora in questione- però lo incastrano. Pur non essendo una Brigitte Bardot da far uscire fuori di testa -ve la ricordate la giovane attrice francese nel manifesto vestita da suora?- la religiosa, minuta e spaventata ha raccontato ai magistrati la sua odissea: "Quattro volte mi ha stuprata", passando in rassegna ai fatti: "La prima volta mi spinse a forza nella sua stanza, la seconda erano addirittura in tre dove fui anche picchiata. La terza volta mi legò per i polsi alla sponda del letto e la quarta sul lettino ginecologico dello studio medico". Una porno star in sandali e saio dunque, un "lupo mannaro" in versione francescana, un frate che criticato per le sue frequentazioni un po' "così e così" rispondeva che "più si va all'inferno più si trova la strada per il paradiso", presupponendo che lui, il "volpone", questo "paradiso terrestre" lo avesse davvero trovato. Aldilà di questo e senza cercare di scagionarlo, una cosa non riesco proprio a capire: ma perché questa suora, dopo la prima violenza, ha continuato a frequentare questo... mandrillo? Le vie del Signore sono infinite.... Andate in pace, Amen.
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