giovedì 27 gennaio 2011

Simonetta Cesaroni: una giustizia a metà.

Il 7 agosto del 1990 era una giornata caldissima, e Roma in quei giorni di ferie era praticamente deserta. Una giornata come tante quindi, se non fosse che in un palazzo di via Poma nell'ufficio dell'Associazione italiana alberghi della gioventù non fosse rinvenuta uccisa una ragazza 21enne, Simonetta Cesaroni. Un delitto atroce, 29 coltellate senza un motivo, senza un perché. Fu l'inizio di un lungo mistero durato ben 21 anni, un mistero interrotto di tanto in tanto da vari "colpevoli" scagionati di volta in volta. Il primo ad entrare nel "tritacarne" delle indagini fu Pietrino Vanacore, portiere dell'edificio, poi Federico Valle, un giovane il cui "torto" era quello di avere un nonno che abitava nel palazzo del delitto, e infine i sospetti calarono pure sul datore di lavoro della vittima, Salvatore Volponi. Tutti, uno dopo l'altro, i tre vennero completamente scagionati da qualsiasi indizio. Sembrava destinato ad essere un delitto perfetto dunque, magari come quello accaduto 16 anni prima sempre nello stesso palazzo e rimasto senza colpevole. La vittima allora fu Renata Moscatelli, un'anziana signora benestante trovata soffocata in casa con un cuscino sul viso. Un killer seriale che si è ripresentato sulla scena del primo omicidio? Niente di tutto ciò, perché gli inquirenti nel frattempo sono riusciti a dare un nome all'autore dell'omicidio di Simonetta Cesaroni, Raniero Busco, (foto) il fidanzato di allora. Nuove tecniche investigative lo hanno incastrato, e tra queste due rilevanze inconfutabili: tracce organiche a lui riconducibili rinvenute sia sul reggiseno della vittima oltre che nell'appartamento. Per i giudici della III Corte d'Assise di Roma non ci sono stati dubbi, e la sentenza non si è fatta attendere: 24 anni di galera. Dovremmo esultare dunque, anche se in molti oggi scuotono la testa: giustizia è fatta? Chissà. Una giustizia che arriva 21 anni dopo certamente non placa né dolore né redime un colpevole, in questo caso già redento dallo snocciolarsi del tempo, quindi? "Si chiude una lunga sofferenza" sospirano i familiari di Simonetta, mentre la moglie di Raniero Busco si chiede "adesso come lo dirò ai nostri bambini". Due facce dello stesso dramma e di una giustizia che lascia l'amaro in bocca...

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ma perfavore...nessuno con un po' di buon senso può credere alla colpevolezza di Busco. E Vanacore perchè si sarebbe "suicidato" prima di testimoniare allora?