"Mamma mia" degli Abba (foto) è la sua canzone preferita e lei è uscita dal coma proprio al ritmo del celebre successo degli anni Settanta, rilanciato dal musical con Maryl Streep. Una bambina inglese di 3 anni ,Layla Towsey, ha lasciato di stucco i genitori e medici dell'ospedale londinese Saint Mary's uscendo dal coma in cui era caduta cinque giorni prima cantando la canzone più amata. "L'ho sentita che cantava 'Mamma mia' a voce bassa e non ci potevo credere, quasi svenivo dall'emozione" ha raccontato la 23enne mamma Katy. La piccola Layla si era ammalata un mese fa e aveva avuto un attacco cardiaco un paio d'ore dopo essere stata ricoverata per un rush cutaneo. Quindi il terribile verdetto: meningite B e setticemia meningococcica. Katy Towsey dice adesso senza mezzi termini che la guarigione della figlia è un miracolo. Ha già organizzato una festa nel suo giardino il cui ricavato -quasi 250 sterline- andrà a favore della campagna per la ricerca di un vaccino contro la meningite B. (Il Giornale)
domenica 31 maggio 2009
SONO SOLO CANZONETTE?
"Mamma mia" degli Abba (foto) è la sua canzone preferita e lei è uscita dal coma proprio al ritmo del celebre successo degli anni Settanta, rilanciato dal musical con Maryl Streep. Una bambina inglese di 3 anni ,Layla Towsey, ha lasciato di stucco i genitori e medici dell'ospedale londinese Saint Mary's uscendo dal coma in cui era caduta cinque giorni prima cantando la canzone più amata. "L'ho sentita che cantava 'Mamma mia' a voce bassa e non ci potevo credere, quasi svenivo dall'emozione" ha raccontato la 23enne mamma Katy. La piccola Layla si era ammalata un mese fa e aveva avuto un attacco cardiaco un paio d'ore dopo essere stata ricoverata per un rush cutaneo. Quindi il terribile verdetto: meningite B e setticemia meningococcica. Katy Towsey dice adesso senza mezzi termini che la guarigione della figlia è un miracolo. Ha già organizzato una festa nel suo giardino il cui ricavato -quasi 250 sterline- andrà a favore della campagna per la ricerca di un vaccino contro la meningite B. (Il Giornale)
lunedì 25 maggio 2009
IL MISTERO DI LOLITA...
E' osceno assistere a quello che sta succedendo in questi giorni a livello politico, poiché l'Italia, da un po' di tempo, sta vivendo di gossip parlamentare. Il tutto, volto nel pruriginoso mistero se un maturo presidente si sia fatto una verginella 18enne. Dove non c'è una base di serietà politica arriva il gossip, sul quale si sono buttate anche le testate straniere, con fraintendimenti linguistici e rettifiche con tanto di scuse, magari espresse con risarcimento danni per la parte chiamata erroneamente in causa. Quello però che più disgusta, è che su questa storia di sesso -falsa o reale che sia-, ci si sono buttati a capofitto gli esponenti politici dell'opposizione, nella speranza -visto come sono andate le cose alle ultime elezioni di governo- di poter riacciuffare il comando grazie ad alcuni peli di 'bernarda' persi in qualche alcova da 'mille e una notte'. Al di là del fatto che ognuno, nella sfera privata è libero di fare ciò che vuole, non vedo perché tutto questo debba creare una crisi istituzionale, interrogazioni in Parlamento e richieste di dimissioni, in special modo richieste da un Dario Franceschini che di questo gossip ne ha fatto un suo cavallo di battaglia. Perché dunque, dare certezza ad un fatto che "certo non è"? Perché combattere l'uomo e non scontrarsi invece su tematiche politiche e programmi? Non so in che Italia viviamo, ma sono sicuro che certamente non è quella del popolo, quell'Italia che di politica così ne ha le tasche piene, di quell'Italia ben lontana da personaggi politici di sinistra che una volta, pur all'opposizione, mai si sarebbero sognati di cercare lo scandalo per salire al potere. Ve lo immaginate un Enrico Berlinguer, per esempio, andare nelle piazze italiane e dire "eh no, non si scopano le diciottenni, pertanto il nostro presidente del Consiglio - chissà, magari poteva essere a quei tempi un Andreotti- deve venire in aula a spiegarcelo cosa è successo sotto le lenzuola quella sera dell'ultimo dell'anno". Ridicolo, come ridicoli sono gli articoli apparsi su Repubblica, Corriere della Sera e altre testate ancora, dove si è sparato tutto il marcio inimmaginabile, dalla possibilità -in prima istanza- che la 18enne in questione possa essere stata una figlia nata da una relazione con la madre della stessa, e infine, una delle tante bambolotte che finiscono nel letto dei potenti nella speranza di afferrare il successo nella vita. Eccola qui dunque la "nostra Italia", al bivio di una crisi istituzionale a causa di un mistero che invece dovrebbe trovare spazio esclusivamente su una rivista 'gossipara', se non fosse che anche in politica -nell'opposizione in questo caso- si fa oro di un antico e volgare detto, che aggiustato alla bisogna, recita che "tira più un pelo di gnocca che milioni di voti persi"...
venerdì 22 maggio 2009
PRENDI I SOLDI E SCAPPA...
giovedì 21 maggio 2009
IL BAMBINO DI KABUL
sabato 16 maggio 2009
ARIA E CITTA' DA SBALLO...
sabato 9 maggio 2009
SANREMO: NEMMENO I CANI MUOIONO COSI'
venerdì 8 maggio 2009
ITALIA, VENTRE MOLLE D'EUROPA
venerdì 1 maggio 2009
C'ERA UNA VOLTA SERGIO LEONE
Qualche western non proprio a stelle strisce era già apparso sugli schermi italiani a metà anni '60, e a dir la verità, pur se presentato in sale di periferia, era stato accolto con distacco e scetticismo. Attori spesso sconosciuti, ambienti ben lontani dalle originali praterie che gli americani ci avevano abituato e poi, storie bislacche di improbabili cow boys magari 'made in Germany'. Poi, un giorno, un titolo che decretò una rivoluzione vera e propria nel modo di concepire il film western. Era il 1964, e a tentare l'impossibile era il regista italiano Sergio Leone (foto) con il suo "Per un pugno di dollari", l'inizio di un avventura che avrebbe riportato la cinematografia italiana di nuovo a livelli internazionali. Allora, Leone aveva alle sue spalle già una lunga carriera cinematografica, poiché nel 1948 aveva partecipato come aiuto regista al film di Vittorio De Sica "Ladri di biciclette", e in seguito, come regista della seconda unità, in "Quo vadis" (1951), "Elena di Troia" (1956), e "Ben Hur" nel 1959. Un cammino che parte da lontano dunque, per esplodere appunto negli anni Sessanta. "Per un pugno di dollari", dirà in un intervista il grande regista, "fu un avventura a costi bassissimi, se pensiamo che il film è costato 120 milioni". E per tenere il budget sotto controllo, scritturò per il ruolo di protagonista lo sconosciuto attore americano Clint Eastwood, e gli esterni del film furono girati tra la Spagna e Cinecittà. E fu subito successo. Certo, valido supporto fu la musica di Ennio Morricone, il mago della colonna sonora, che Sergio Leone però non volle aggiungere in studio a film fatto, ma la fece anche suonare in diretta sul set "per dare più emotività agli attori", come ebbe a specificare egli stesso. E dietro a questo grande successo, l'anno dopo fu la volta di "Per qualche dollaro in più", nel 1966 poi "Il buono, il brutto e il cattivo", e nel 1968, il sublime "C'era una volta il West", dove un sorprendente cast di grandi nomi -Henry Fonda; Charles Bronson; Jason Robards e una bellissima Claudia Cardinale- ne decretano un successo internazionale. Dopo "Giù la testa" del 1971 e dopo ben 13 anni di preparazione, nel 1984 arriva la pellicola che è tutt'oggi una pietra miliare della cinematografia mondiale, quel "Cera una volta in America" che proietterà Sergio Leone nel novero dei grandi registi a livello mondiale. Una sfida vinta con 10 e lode dunque, ovvero battere gli americani sul loro stesso terreno, quello del genere 'western', e il più bel complimento al nostro regista arriva da Martin Scorsese: "Leone creò nuove maschere per il western e costruì nuovi archetipi per un genere che aveva bisogno di influenze fresche... era un'evoluzione del genere, perché il genere western stava diventando vecchio in quel tempo". Vent'anni fa, il 30 aprile del 1989, Sergio Leone moriva a Roma per un attacco di cuore.
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