Alessandro Di Lisio, caporal maggiore della Folgore (foto) è la 14esima vittima italiana caduta nell'inferno dell'Afghanistan. Classe 1984, Di Lisio era originario di Campobasso e da quattro mesi si trovava in missione nel martoriato Paese asiatico. A ottobre sarebbe rientrato a casa. Pur giovanissimo, al suo attivo aveva già altre missioni all'estero in scenari "caldi", e tra questi l'Irak. Per il comandante dell'8° Reggimento guastatori paracadutisti di Legnago, colonnello Vittorio Sella, il caporal Di Lisio "era un militare molto preparato", mentre un pensiero corre ai genitori del caduto "che in questo momento piangono la perdita di un valoroso figlio". La tragica vicenda si è svolta in un un attimo, in una landa desolata a 50 chilometri da Farah, dove su tre veicoli -due Lince e un mezzo blindato Cougar- una pattuglia formata da Paracadutisti della Folgore e del Primo Reggimento Bersaglieri è stata colpita dall'esplosione di una bomba lungo la strada. In uno dei mezzi, colpito in pieno dall'ordigno, il parà della Folgore, Alessandro Di Lisio è morto sul colpo, mentre altri tre commilitoni sono rimasti feriti in maniera più o meno grave, anche se le autorità militari hanno subito assicurato che nessuno dei tre è in pericolo di vita. Pochi giorni fa, esattamente l'8 luglio alle ore 19,45, su Facebook Alessandro aveva annotato un suo pensiero, l'ultimo: "La guerra è uno sporco lavoro... ma qualcuno dovrà pur farla...". Migliaia i messaggi lasciati in rete da amici e sconosciuti, uno, forse il più significativo, lo lascia un suo omonimo: "Portare la pace a volte comporta rinunce importanti e Alessandro ha rinunciato alla propria vita. Cosa dire... onore all'uomo, onore al soldato". Infine, anche una poesia è comparsa in rete:
"Oggi parla il silenzio/ Il silenzio di chi ha fatto/ del servizio della Patria/ una scelta di vita/ ed in silenzio/ questa scelta / l'ha portata avanti fino in fondo/. Non intitolategli strade o piazze/ ma rispettate il suo silenzio/. E in silenzio rendetegli onore/ perché portava anche voi/ nel Tricolore che sventolava sul suo cuore. (G. Di Vita)
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