sabato 30 marzo 2013

Addio a Enzo Jannacci.


È stata aperta questa mattina la camera ardente per Enzo Jannacci, (foto) scomparso ieri sera nella casa di cura Columbus di Milano. Il cantautore avrebbe compiuto 78 anni il prossimo 3 giugno. Nonostante la pioggia e le festività in tanti hanno deciso di dare personalmente l'ultimo saluto al "dottore" della musica.Il mondo della musica e della politica piange uno degli artisti simbolo del capoluogo lombardo. "Con la sua ironia e le sue canzoni ha raccontato la Milano più vera. Rimarrà nella storia della città", ha ricordato Giulaino Pisapia in un tweet, mentre Fabio Fazio lo ha definito "un genio: le sue parole che non riuscivano a star dietro ai suoi pensieri. La sua poesia ha inventato un mondo bellissimo". Roberto Maroni, poi, lo ha voluto salutare in milanese: "Riposa in pas, cunt i too scarp del tenis". "Quelli che... Adesso sanno l’effetto che fa. Buon viaggio", ha detto invece laconico Francesco Guccini, mentre i Nomadi hanno chiesto: "Salutaci le stelle...". A messaggi più sintetici come quello di Syria, che ha salutato Jannacci con un "ciao signor Enzo", si accompagnano tweet più personali come quello di Paola Turci: "Rimangono tutte le tue canzoni e un pezzo di strada fatta insieme". Ironico Frankie Hi Energy: "Ciao Enzo non ti scapicollare"; triste Luca Bizzarri: «Cristo come mi dispiace. Addio, signor pur talento". Tanti e accorati i messaggi di Dalia, figlia di Giorgio Gaber, con cui Jannacci formò una celebre coppia della canzone italiana: "Ciao Enzo, ti voglio bene". Il più commosso è Cochi Ponzoni, che con Jannacci ha lavorato: "Parlare di Enzo? È come parlare di un fratello, un fratello che è morto. Abbiamo vissuto talmente tante esperienze insieme, viaggi, cose della vita, lavoro, che per me era uno di famiglia. Certo Enzo era un grande artista, un poeta, un uomo eccezionale. Uno che ha compiuto nella sua vita tante di quelle cose che ce ne vorrebbero tre di vite, jazzista, compositore, attore, era pure diplomato in composizione all’accademia. E poi medico, e che medico! Uno che ha avuto esperienza con gente dal calibro di Barnard e con Azzolina... ma per me e Renato è stato soprattutto un grande amico, un fratello maggiore uno che ci ha tanto aiutato". Il cabarettista ha raccontato anche l'incontro con il cantautore: "Ci siamo conosciuti nel ’64, lui era già famoso, aveva già avuto il successo di Scarp de tennis, io e Renato eravamo dei ragazzini. Noi facevamo cabaret al Cab 64 di Milano, lui è venuto a vederci, gli siamo piaciuti e così abbiamo cominciato a frequentarci. Lui ci ha aiutato, noi facevamo i testi e lui spesso li musicava. Ad esempio La vita l’è bela è stata musicata da lui...".
(Il Giornale online)

mercoledì 27 marzo 2013

L'anello perduto e la favola del barbone del Kansas


Il senzatetto restituisce il gioiello prezioso. E riguadagna la vita e la famiglia. Un anello di platino con diamante, il bicchiere di plastica di un mendicante, un gesto di disattenzione, uno di buon cuore. E, in pochi giorni, una vita che esce dai sacchi di rifiuti in cui - parole del protagonista - era finita e si trasforma in un film da far invidia a Frank Capra.

Sono passati meno di due mesi dal giorno in cui, era l'8 febbraio, una giovane signora bionda di Kansas City, estraendo dal portafogli delle monete per un senzatetto, fa scivolare inavvertitamente nel raccoglitore delle offerte un anello di fidanzamento. A fine giornata il 55enne barbone Billy Ray Harris (foto) lo trova e lo porta subito da un gioielliere a farlo valutare. L'istinto è quello di ricavarne un po' di soldi. Quattromila dollari, dice il negoziante. Troppi per Billy. Ci ripensa: quell'anello merita di essere restituito al legittimo proprietario. E così quando la signora Sarah Darling un paio di giorni dopo torna a cercarlo, incredula, lo ritrova.

Col marito Bill Krejci pensa allora di contattare la tv locale per condividere quella storia che per lei ha del «miracoloso», e infatti subito si diffonde sui media nazionali e internazionali. Dinanzi alle decine di persone che si fanno vive offrendosi di aiutare Billy, la coppia decide di mettere su un sito web cui indirizzare le donazioni. La raccolta si chiude tra 50 giorni, e ieri sera il contatore segnava già oltre 188 mila dollari. Ottomiladuecentocinquantadue offerte, la maggior parte delle quali in piccoli contributi da 50, 20 e dieci dollari (la media è 22,8), tutte accompagnate da messaggi di affetto e gratitudine per le onde di speranza che una piccola grande buona azione è stata in grado di generare. «All'inizio speravo di arrivare a 4.000 - racconta Sarah - che poi era la cifra offertagli per il gioiello».
E invece Billy adesso ha molto di più: una casa, un lavoretto come «roadie» (la persona che viaggia con una band e ne trasporta e sistema gli strumenti), e un nuovo amico, Bill, col quale esce a bersi una birra, a guardare le partite, o un film. Soprattutto, ha di nuovo una famiglia.
Dopo sedici anni trascorsi da fantasma le sorelle e il fratello temevano fosse morto. Almeno questa, hanno raccontato, era la voce che si era sparsa in Texas, dove alcuni degli Harris vivono, a ottocento chilometri da Kansas City. Poi la sorella più piccola, Robin, ha visto una foto sul giornale e non ha avuto dubbi: «L'ho riconosciuto subito, e automaticamente ho iniziato a urlare». Di lì sono cominciate le email, le telefonate, i pianti e le risate. E i progetti per una grande rimpatriata, quest'estate.
Anticipata - e come poteva essere altrimenti - dalla tv. Domenica Billy e i Krejci erano al «Today show», storico programma mattutino della Nbc, quando la presentatrice ha annunciato una sorpresa e ha fatto entrare Robin, Edwin, Elsie e Nellie: i cinque fratelli Harris si sono ritrovati di nuovo tutti insieme. Abbracci, lacrime, sorrisi, ma anche l'imbarazzo del tempo passato. Fuori onda ci sarà tempo per ritrovarsi e raccontarsi cosa è andato storto. E di certo rimettere insieme i fili sarà più difficile, a telecamere spente. Ma intanto grazie al gesto ispirato, come ha raccontato, dal nonno reverendo che l'ha cresciuto, Billy si è guadagnato un'altra chance e si gode la gita a New York, dove sono gli studi della Nbc. Ieri Bill ha pubblicato sul sito della raccolta fondi una foto di Billy avvolto nella bandiera americana, abbracciato a due artisti di strada con le maschere di Topolino e della Statua della libertà. «Ditemi se non ci sono più di 50 sottotesti in questa immagine», ha scritto. E come dargli torto? (Corriere della Sera online)

 

martedì 26 marzo 2013

In Italy, double jeopardy for Amanda Knox?


Amanda Knox, the American student who was accused of killing a British student she shared an apartment with, was not in court on Monday, as prosecutors made their case for a retrial in front of the Italian Supreme Court, and is “confident” in the Italian judicial system. Knox spent four years in an Italian jail and was found guilty of murdering another college student while traveling abroad in Italy in 2009. Knox’s sentence was later overturned, and prosecutors are appealing that decision, arguing for a retrial, reports the Associated Press.
Knox and her boyfriend at the time, Italian native Raffaele Sollecito, were acquitted of the 2007 death of 21-year-old British student Meredith Kercher in 2011.
The prosecutors appealed, and the case is being heard by the Italian Supreme Court on Monday; a verdict is expected shortly thereafter. Giulia Bongiorno, Sollecito’s attorney, said the case against his client and Knox has been “an absurd judicial process,” notes AP. The appellate court, which overturned the conviction, said that the case lacked evidence against Knox and Sollecito due to the murder weapon not being found and faulty DNA testing, notes AP. Knox, following the acquittal, returned to Seattle and is not in Italy for the appeal, but she may not need to return if the court orders a retrial.
Another individual, Rudy Guede, described as an “Ivorian drifter” was later convicted of the murder of Kercher, reports CNN. But the prosecution believes that Guede did not act alone.
“We are still convinced that they are the co-authors of Meredith's homicide,” prosecutor Giovanni Galati said, according to CNN. Sollecito and Knox were hoping to resume their lives; Knox is currently enrolled at the University of Washington in Seattle and has written a memoir, “Waiting to be Heard,” that will be published on April 30.
Knox is also appealing her own conviction, a slander charge, in a separate trial, notes AP. Knox said a local bar owner was responsible for the death of Kercher, which led to his arrest and detention for two weeks before being let go by police.
(foto: Amanda Knox e Raffaele Sollecito)

venerdì 22 marzo 2013

Massacrò Tommy: il suo assassino esce di galera


Lo strazio di una madre. L'indignazione di tutti noi. C'è un bambino dagli occhi sgranati su un futuro che l'ha tradito, si chiamava Tommy, (foto) la cui morte orribile è una ferita che sanguina ancora. Stimmate dell'Italia contemporanea. Sono passati solo sette anni da quel 2 marzo 2006 e dall'azione scellerata compiuta da un terzetto criminale: Mario Alessi, la convivente Antonella Conserva, Salvatore Raimondi. Quando Alessi chiese temerariamente alla mamma di Tommy, la signora Paola, il perdono, lei gli rispose duramente: «Non so se lo perdonerò mai, voglio solo che sconti la sua pena». La pena, l'ergastolo, Alessi la sta scontando ma si sa che in Italia ci sono molti modi per affrontare il carcere. Ora si scopre che nei prossimi mesi Alessi potrebbe iniziare una nuova vita come giardiniere. Fuori di giorno, in carcere, a Prato, di notte. Sì, ha frequentato un corso e ora è pronto per voltare pagina. Un'immagine bucolica si sovrappone al sangue e all'orrore. Anzi, prova a spingerli via, fra le brume della memoria. Ci spiace. Non siamo pronti. Noi e nemmeno la madre che urla rabbia e dolore: «È ancora un uomo pericoloso». Dicono che in cella Alessi si comporti in modo irreprensibile. Dicono. Lei, con il sesto senso di una madre, ripete: «Ha stuprato una donna e ha ucciso il mio bambino. La prossima volta, se tornerà libero, che cosa farà? Quell'uomo fuori dal carcere può fare solo male». Per la cronaca, se la giustizia avesse fatto subito il suo corso, Alessi non sarebbe entrato nel Guinness della cronaca nera. Era sotto processo per violenza sessuale, ma in attesa del dibattimento era libero. E così ebbe il tempo di congegnare la sventurata spedizione a casa Onofri per portare via e massacrare lo scricciolo che aveva solo 18 mesi.
Poi ebbe la faccia di bronzo di andare in tv, piangere lacrime fasulle e rivoltanti e darsi un contegno zuccheroso, prima di essere finalmente smascherato come uno degli autori, se non il principale, di questo abominio. La giustizia che è arrivata troppo tardi, rischia di andarsene troppo presto. Non si è mai capito come andò effettivamente quel giorno nelle campagne di Casalbaroncolo (Parma).
Alessi ha sempre ripetuto: «L'ho rapito, ma non l'ho ucciso. È stato Raimondi». Rimpalli sul cadavere di un bambino, scarichi reciproci di responsabilità e nessun pentimento all'orizzonte. Lui si è preso l'ergastolo, i complici, fra processi bis e riti abbreviati, hanno limitato i danni. Pare impossibile ma Antonella Conserva se l'è cavata con 24 anni, Raimondi addirittura con 20. Nel Paese che ha appena liberato Pietro Maso e Ruggero Jucker è fin troppo facile prevedere cosa accadrà già domani. E lui, Alessi, poteva rimanere indietro, intrappolato dietro le sbarre? Ricomincia così, o almeno dovrebbe, da giardiniere. Per carità, sappiamo bene che il lavoro esterno non è un permesso premio e nemmeno la semilibertà. Sappiamo anche che il lavoro è la strada maestra per la rieducazione della persona e sappiamo perfino che la fatica può servire anche per risarcire i parenti delle vittime, ammesso che si possa risarcire quel che non ha prezzo.
Sappiamo ma non comprendiamo. Non ora, almeno. Non ora che la madre urla e si dispera. Non in un Paese in cui la giustizia è un colabrodo e sembra che più alto è il crimine commesso più elevate sono le chance di recupero, sconto sulla pena e tutto il resto. Non con un ceffo che ha gestito il dolore come un coccodrillo e si è reso protagonista in cella di un altro episodio dubbio che sa tanto di furbata: Alessi rivelò all'universo mondo le presunte confidenze di Rudy Guede, uno dei killer di Meredith, altra pagina dell'album nero italiano. Guede gli avrebbe raccontato che Raffaele Sollecito e Amanda Knox erano innocenti. Guede l'ha smentito e la storia è finita lì, mentre lui correva a passi rapidi verso il ritorno in società. Come fosse stato assente giustificato. Ogni cosa a suo tempo. Evitateci lo show fra le rose e i cespugli. Se proprio deve, continui a potare le piante del carcere.
(Il Giornale)



mercoledì 20 marzo 2013

Dopo 3 anni e 600 chilometri Rocky torna a casa


Non è un film, ma potrebbe esserlo stato, e il fatto che sia una storia vera, fa venire le lacrime agli occhi. Rocky (foto)  un pastore tedesco di 5 anni, è tornato a casa tre anni dopo che era stato rubato da alcuni rom a Salerno. Ha risalito la penisola, 600 chilometri dal Cilento alla Toscana, fino a Pisa, lì ha poi avuto uno strappo fino a Carrara, dove vive il suo padrone. E così è tornato a casa, dopo tre anni in cui ormai si erano perse tutte le speranze. Già, è una storia vera. Incredibile e commovente, come solo le storie vere sanno essere. Rocky era stato portato ancora cucciolo in un canile di Carrara, dove era stato poi adottato da un siriano, Ibrahim Fwal, che da anni vive nella città toscana, perfettamente integrato. I due formano subito una coppia affiatata. Come tutti i trovatelli, Rocky si dimostra subito molto affettuoso e si affeziona rapidamente al padrone, che lo tratta ormai quasi come un figlio. Facevano tutto assieme, andavano anche al mare. Ed è lì che Rocky, a due anni, scomparirà. "Quando sono tornato sulla spiaggia, alcune persone mi hanno riferito di aver visto degli zingari portarselo via. Da allora non mi sono dato pace: l’ho cercato dovunque, ho girato tutti i canili della zona, ho fatto mettere annunci sul giornale, ma di Rocky nessuna traccia". Non serviranno a nulla i cartelli e le ricerche. Rocky scompare. E' un fenomeno in crescita, quello del furto di cani da parte dei Rom. Spesso li prendono cuccioli, per usarli come ulteriore elemento di richiesta di elemosine. Non è un film, ma potrebbe esserlo stato, e il fatto che sia una storia vera, fa venire le lacrime agli occhi. Rocky, un pastore tedesco di 5 anni, è tornato a casa tre anni dopo che era stato rubato da alcuni Rom a Salerno. Ha risalito la penisola, 600 chilometri dal Cilento alla Toscana, fino a Pisa, lì ha poi avuto uno strappo fino a Carrara, dove vive il suo padrone. E così è tornato a casa, dopo tre anni in cui ormai si erano perse tutte le speranze. Già, è una storia vera. Incredibile e commovente, come solo le storie vere sanno essere.Cosa gli sia accaduto, in questi tre anni, solo il cane può saperlo. Forse è fuggito dai Rom, forse loro lo hanno abbandonato. Qualche tempo dopo, viene adottato da una famiglia di Salerno. Ma Rocky è irrequieto. Prova a fuggire un paio di volte e la sua nuova famiglia, preoccupata, gli mette un collare con tanto di indirizzo e numero di telefono, in modo da poterlo più facilmente trovare in caso di nuova fuga. Ma Rocky ci prova spesso. L'ultima volta, quella decisiva, due mesi fa. E' quella "buona". Rocky punta al Nord. Salerno dista da Carrara 700 chilometri e Rocky ha lo svantaggio di non aver studiato geografia. Ma il suo istinto ed il suo cuore sanno dove puntare. In neanche sessanta giorni, batte seicento chilometri, ammesso che abbia compiuto un tragitto rettilineo e senza contare le deviazioni lungo il persorso, che sicuramente ci sono state. E le pause per nutrirsi, per riposarsi.Riesce finalmente ad arrivare a Pisa. Mancano ancora cento chilometri buoni a Carrara. Ha i polpastrelli ridotti ad un sottile strato di pelle sanguinante. E' malnutrito, stanco. A Pisa, il suo viaggio rischia di interrompersi. Qualcuno lo ha notato, infatti. Ed ha notato il suo collare. Leggono l'indirizzo, Salerno, ed il numero di telefono. Chiamano in Campania. "Sì, è il nostro cane". Rocky "rischia" di tornare alla sua seconda famiglia, vede vanificare il suo immane sforzo. Poi, la svolta. Qualcuno, nota un tatuaggio strano di Rocky. E' un indizio. Risale a quando era un cucciolo. E lo abbina ad un siriano di Carrara, che viene supposto per la prima volta sia il suo legittimo proprietario. Lo rintracciano, lui è incredulo. Gli ultimi cento chilometri, da Pisa a Carrara, li fa in auto. Seicento chilometri su settecento possono bastare come prova d'amore per Ibrahim. Ci può stare uno strappo.E' raggiante il suo padrone: «Non ci credevo, non ci potevo credere! Quando me l’hanno portato a casa era in macchina e da dentro ha sentito la mia voce ed ha iniziato a fare il diavolo a quattro!» Rocky è tornato a casa. Tre anni e settecento chilometri dopo, la sua storia ha avuto un lieto fine. Ed ha ricordato a noi uomini che l'amore è più forte di qualsiasi distanza geografica, di qualunque barriera, di qualunque altra cosa. Ci ha ricordato, insomma, il nostro lato umano. Quello che ci distingue dalle cose inanimate. Insomma, ci ha ricordato quel sentimento per cui vale la pena vivere. 
(Da “La Nazione” di Carrara)