giovedì 30 aprile 2009
QUANDO LA LEGGE VA IN TILT
MILANO - Eccolo lì Remigio Radolli, (foto) il gioielliere milanese bastonato a sangue da rapinatori albanesi, occhi gonfi dalle botte ricevute e sangue che cola sulla camicia. Eccolo lì, malconcio ma vivo, che dice "sono contento che il bandito da me ferito non sia morto", nonostante che il morto, durante quella rapina, potrebbe essere stato lui. Quisquiglie, direbbe il buon Totò, perché a Remigio Radolli, la cosiddetta "giustizia" ha presentato il conto: "Eccesso di legittima difesa". A questo punto i casi sono due: o si cambia la legge, o si mandano a casa certi magistrati. Si, perché la nuova norma sulla "legittima difesa" (art. 52 del codice penale), quella che autorizza l'uso delle armi per difendere la vita e i beni approvata nel gennaio del 2006, sancisce che "Nell'ipotesi di violazione di domicilio, non è punibile chi spara contro il malvivente o lo colpisce con un coltello per difendere la propria o altrui incolumità", norme che valgono anche per i negozi e per le attività commerciali. Perché dunque sproloqui giuridici come quelli che sempre più spesso capitano a vittime di attacchi malavitosi? E ancora: è un cosiddetto "atto dovuto" l'iscrizione del gioielliere Remigio Radolli nel registro degli indagati? Maurizio Laudi, Procuratore della repubblica d'Asti e segretario nazionale di Magistratura indipendente è categorico: "Il codice non impone al Pm alcun atto". Distinzione dei ruoli dunque, chiamare vittima l'aggredito e delinquente il rapinatore, perché solo così, come continua il procuratore Laudi, "si eviterebbero al derubato altre umiliazioni dopo la rapina". La domanda a questo punto è una sola: Ma è così difficile mandare a casa certi magistrati? (Gericus)
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