sabato 15 novembre 2008
ELUANA, IL DIRITTO DI VIVERE O MORIRE
LECCO - Eluana Englaro (foto) può morire. Lo ha detto una sentenza della Cassazione. Può morire perché non è vita quella che lei trascorre ormai da 16 anni. Non è vita lo stato vegetativo "senza ritorno" in cui è caduta Eluana in quella sciagurata notte del 18 gennaio 1992 quando la sua auto si schiantò contro un albero. Sedici anni tra speranza e disperazione per una famiglia in attesa di un miracolo che non c'è stato, di un segno indicativo di un possibile risveglio. Eluana dunque "può morire". Può lasciare quindi questa vita "che vita non è", ma che pure "morte non è". Dov'è Eluana Englaro dunque? In quale dimensione si trova da sedici anni? Il dilemma che assilla tutti sta proprio qui, ovvero collocarla tra le anime andate o tra quelle che tuttora appartengono alla vita, a quella vita che in ogni caso si deve salvare a tutti i costi. Lo scontro sul piano etico è arduo, perché la decisione della Cassazione suggerisce quasi l'idea che "la vita di ogni malato sia priva di dignità", di un diritto proprio di vivere o di morire. Per Eluana Englaro nel frattempo è iniziato il conto alla rovescia, quel conto che in una maniera o l'altra è iniziato tanto tempo fa, un conto però partito da troppo lontano. Lo stop non lo ha dato né tanto meno lo darà il destino. Saranno le macchine che le permettono di non abbandonare il contesto degli uomini a darle l'ultima spinta verso il nulla, una spinta che i medici assicurano "indolore". E noi qui a macerarsi l'anima nel chiederci se quella spinta non sia stata poi un delitto collettivo... (Gericus)
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