venerdì 12 marzo 2010
Pietrino Vanacore: La maledizione di via Poma
Un delitto misterioso che si trascina dietro un altro cadavere. E' quello di Pietrino Vanacore, (foto) il portiere dello stabile di via Poma a Roma, suicidatosi martedì 9 marzo a Taranto. E il caso di Simonetta Cesaroni, la giovane impiegata uccisa barbaramente il 7 agosto del 1990 ritorna più che mai d'attualità, togliendo un importante pedina nel tassello delle testimonianze. Al di là di questo, è il dramma di una persona che oggi col suo suicidio ha gettato nuove ombre sul delitto di via Poma, poiché il giorno dopo, venerdì, Pietrino Vanacore sarebbe dovuto comparire come teste al nuovo processo in cui si trova imputato di omicidio Raniero Brusco, ex fidanzato di Simonetta Cesaroni. Quali verità avrebbe dovuto portare in aula Pietrino Vanacore? La storia umana di quest'uomo porta a crude considerazioni, ovvero come la giustizia a volte può travolgere un esistenza. Subito dopo la scoperta del corpo di Simonetta Cesaroni, gli occhi degli inquirenti si puntarono subito su quest'uomo, taciturno, sguardo inespressivo e soprattutto, misterioso. Non fu difficile additarlo come un probabile "colpevole" ed anche la stampa ci navigò sopra, sbattendo "il mostro" in prima pagina, indagato e in seguito arrestato e poi, prosciolto da ogni accusa dopo 20 giorni di carcere. Difficile sfuggire al destino per Vanacore, tanto che quelle ombre e sospetti che sentiva gravare su di lui pesavano ogni giorno di più. L'unica via di fuga da quest'incubo l'ha trovata in una corda appesa ad una pietra e legata ad un caviglia. Poi un salto nel mare, e la spiegazione scarabocchiata su un biglietto lasciato dentro alla sua auto parcheggiata nelle vicinanze: "Sono stato perseguitato per 20 anni senza nessuna colpa. Persecuzione e sofferenza portano al suicidio". Per delitto di Simonetta Cesaroni la soluzione si fa sempre più lontana...
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